a roma
Numeri e date. Ecco come funzionerà il termovalorizzatore di Gualtieri
C'è l'accordo tra Acea e Campidoglio sul progetto definitivo dell'impianto ma diversi dettagli mancano ancora. Per esempio, chi paga l'aumento dei costi?
È stato deciso come sarà il termovalorizzatore di Roma. Catturerà la CO2 che produrrà e costerà circa il 40 per cento in più. È stato raggiunto tra l’Acea e il comune di Roma l’accordo su come dovrà essere il progetto definitivo per costruire a Santa Palomba un impianto che trasformerà in energia e in ceneri circa 600 mila tonnellate di rifiuti l’anno per un costo che, secondo le stime degli osservatori, potrebbe essere salito a circa 1 miliardo rispetto ai 700 milioni previsti all’inizio.
Sono stati definiti nel dettaglio gli aspetti industriali e impiantistici ma anche quelli economici, visto che qualcuno dovrà subire l’aumento stimato di spesa. Pagheranno i cittadini attraverso la tassa rifiuti? Il comune? Se l’accollerà il sistema creditizio che aveva costruito il project financing del progetto con altri valori economici? A giorni, con ogni probabilità fra una settimana, il sindaco Roberto Gualtieri nella veste di commissario di governo dovrebbe fare l’annuncio ufficiale e delineare un ritratto in alta definizione.
Gualtieri è commissario dal febbraio 2022, con l’incarico di portare Roma al Giubileo del 2025 senza la schiavitù dell’immondizia trasferita in mezz’Italia e in mezz’Europa con convogli di camionate. E’ chiaro che per l’anno del Giubileo il progetto non sarà del tutto completo; l’obiettivo è lasciare la qualità casereccia del servizio e arrivare al 2030 con un sistema di raccolta differenziata, riciclo e riutilizzo della spazzatura simile a quello dell’Alta Italia e dell’Europa migliore. Bandita la prima fase della gara, l’Acea aveva vinto la manifestazione d’interesse in maggio, come unico partecipante. Ora si entra nella fase due e l’unico dossier finalmente completato ora va messo a gara con un classico bando europeo a evidenza pubblica. Difficile che concorrenti diversi dall’Acea vogliano competere in una gara in un territorio politicamente ed economicamente molto sdrucciolevole. Per arrivare in tempo alla scadenza di maggio – come un cappello posato con rapidità sulla sedia – l’elaborato iniziale di progetto sarebbe stato tratteggiato in modo preliminare e non ancora aderente alle indicazioni del committente, alcune delle quali arrivate fuorisacco. I sei mesi di silenzio non erano previsti dopo la prima gara sulle manifestazioni d’interesse; hanno consentito una trattativa necessaria per arricchire lo spunto progettuale iniziale e per farlo sovrapporre appieno alle richieste dell’ufficio commissariale.
Sono molti i dettagli che il sindaco-commissario dovrà spiegare, tra i quali come si inserisce nel piano rifiuti della città il progetto definitivo di impianto, che ruolo sarà dato all’osservatorio di monitoraggio di valutazione ambientale strategica previsto dal piano rifiuti, quali tecnologie saranno adottate per gli impianti di servizio. Non sono dettagli secondari. Roma produce circa 1,6 milioni di tonnellate di spazzatura l’anno e l’impianto di termovalorizzazione è progettato per lavorarne 600 mila. Dove piazzare l’altro milione di tonnellate? Il piano rifiuti parla di una raccolta differenziata che nel 2030 dovrebbe arrivare al 65 per cento e di una produzione di rifiuti in riduzione attorno all’8 per cento grazie a interventi anticipati. Per esempio, il piano rifiuti prevede che nella fase transitoria si rafforzi la raccolta a-porta-a-porta, ma intanto si torna a preferire i cassonetti a straboccamento veloce. E’ importante – anche per il ruolo che ha nella formazione del costo progettuale – quale tecnologia è stata scelta per il sistema di cattura e sequestro dell’anidride carbonica in uscita dal processo di combustione dei rifiuti, uno degli elementi più qualificanti della richiesta del comune, sistema il cui guardiano sarà il direttore dell’ufficio Clima del Comune, Edoardo Zanchini, ecologista di solida competenza. Per esempio, fra le ipotesi che si erano sentite c’era l’uso dell’anidride carbonica per eseguire la carbonatazione delle ceneri prodotte dallo stesso impianto e classificarle secondo la normativa end of waste, cioè non più rifiuti bensì prodotti a mercato.