Una manovra contro la disuguaglianza, nonostante le proteste della sinistra

Luciano Capone

I 15 miliardi di taglio del cuneo fiscale vanno ai più poveri e riducono l'indice di Gini di 0,3 punti, dice Bankitalia. La finanziaria è criticabile, ma quando opposizione e sindacati accusano Meloni di favorire i ricchi dicono il falso

Quando al governo c’è la destra è naturale che la sinistra protesti contro l’aumento delle disuguaglianze. Ed è esattamente ciò che stanno facendo le opposizioni politiche e sindacali contro la manovra di Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti. Si tratta di un riflesso condizionato che scatta anche quando accade l’opposto, dato che la legge di Bilancio destina circa 15 miliardi (i due terzi della manovra) al taglio del cuneo fiscale per i redditi più bassi attraverso due misure. La principale è la conferma dello sgravio contributivo del 7 per cento per i redditi sotto i 25 mila euro annui e del 6 per cento fino a 35 mila, che vale 10,8 miliardi di euro. L’altra è il cosiddetto “primo modulo” della riforma fiscale, che taglia l’Irpef di due punti ai redditi tra 15 e 28 mila euro e, al contempo, sterilizza i benefici per i redditi oltre i 50 mila euro.

 

Secondo l’analisi della Banca d’Italia, presentata in audizione alla Camera, di queste misure beneficiano tre famiglie su quattro e principalmente quelle più povere, tra il secondo e il sesto decimo della distribuzione del reddito. In pratica, gli interventi comportano “una lieve riduzione della disuguaglianza dei redditi, l’indice di Gini diminuirebbe di 0,3 punti percentuali”.

 

Già per la precedente manovra del governo Meloni, la Banca d’Italia aveva stimato che l’impatto degli interventi per famiglie e lavoratori, sia dal lato della tassazione sia dal lato dei trasferimenti, favoriva le fasce di povere della popolazione con una riduzione dell’indice di Gini sulla disuguaglianza dei redditi di 0,1 punti. Si tratta di un trend in discesa partito già con il governo Draghi, che prosegue con le ultime due leggi di Bilancio.

 

Sono ovviamente legittime, e anche doverose, le critiche rispetto al fatto che tutti questi provvedimenti fiscali durano solo un anno e quindi, come segnala anche la Banca d’Italia, andrebbe aperta una riflessione su come renderli strutturali e meno distorsivi (soprattutto per il caso dell’esonero contributivo). Si può anche dire che non basta, che si può fare di più, sempre a patto di presentare coperture credibili. Ma continuare a sostenere, come fa l’opposizione, che con Meloni e Giorgetti aumenta la disuguaglianza è semplicemente falso.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali