eppur si muove
Il Pnrr non è fermo: ha opere in cantiere per 32 miliardi e 28 in gara. Ma arranca al Sud
Il rapporto annuale sulle infrastrutture strategiche e prioritarie, realizzato dal Servizio studi della Camera, restituisce una fotografia incoraggiante per il paese. Con qualche ombra nel meridione e ma anche luci nel centro-nord, dove il Piano si sta muovendo in maniera spedita
Non è vero che il Pnrr sia fermo, anche se i dati della spesa effettiva fanno fatica a crescere, come testimonia la Nadef. In realtà lo stato di avanzamento del Piano – la grande macchina che sta prima di arrivare alla spesa – si sta muovendo spedito al centro-nord, mentre fa più fatica al sud. Nel solo capitolo infrastrutturale – che pesa per 132 miliardi – ci sono opere già in cantiere per 32 miliardi, mentre altri 28 miliardi sono in gara (8,4 miliardi), aggiudicate (10,4 miliardi) o appaltate (9,2 miliardi) e aspettano l’apertura del cantiere a breve. Il rallentamento è nel Mezzogiorno, dove la metà delle opere è ancora in fase di progettazione pre-gara (25,7 miliardi su 51,9) mentre al centro-nord è fermo a questo primo stadio un terzo delle opere (18,6 miliardi) contro 21,9 miliardi già in corso e 12 miliardi in attesa del cantiere.
A scattare questa fotografia è il III Rapporto annuale sulle infrastrutture strategiche e prioritarie realizzato dal Servizio studi della Camera dei deputati (in collaborazione con Anac e Cresme) e presentato ieri alla commissione Ambiente di Montecitorio. Le opere strategiche e prioritarie sono un universo più ampio del Pnrr, con un valore “faraonico” di 448 miliardi. A differenza del passato, però, soprattutto per merito dell’eredità del governo Draghi, queste cifre non sono fantasticherie frutto dell’iperattività propagandistica della politica, bensì poggiano su una solida base finanziaria, visto che per il 75 per cento ci sono fondi pubblici già disponibili (315 miliardi). Una montagna di risorse mai vista in passato di cui il Pnrr è una parte essenziale, ma non l’unica: ci sono 125 opere commissariate e ad altri programmi già avviati che completano il disegno europeo (per esempio sulla rete ferroviaria) o recuperano quel che nel Pnrr non ci poteva stare (per esempio strade e autostrade).
Che non si tratti di fantasie, ma di realtà, lo confermano i dati davvero straordinari delle gare di appalto concluse tra gennaio 2021 e agosto 2023 con cui sono stati aggiudicati lavori per oltre 163 miliardi di euro di cui il 52 per cento (85 miliardi) relativi a opere Pnrr.
Rispetto al maggio 2022 il costo complessivo di questi programmi è cresciuto del 15 per cento (54 miliardi) per i rincari dei materiali e dei costi di produzione, ma anche per il rientro del Ponte sullo Stretto di Messina nei programmi prioritari. Le opere totali in corso (non solo Pnrr) passano da 64,5 miliardi del maggio 2022 a 86,5 miliardi: l’Italia è già un gigantesco cantiere che durerà almeno fino al 2026. Crescono anche i lavori contrattualizzati che passano da 10.125 a 32.038 milioni. Sempre grazie alla spinta del Pnrr stiamo assistendo a una normalizzazione di molti aspetti del mercato delle opere pubbliche. I tempi per aggiudicare una gara, per esempio, sono passati da un anno a due mesi, mentre partecipa alle gare una media di 11 imprese contro le 46 di un tempo.
Meno caos, meno affollamento, procedure più ordinate. Il Pnrr fa bene a uno dei settori più disordinati dell’economia nazionale. E’ ancora presto, però, per capire se siamo in presenza di benefici temporanei, generati dalla straordinaria e contingente massa di risorse disponibili, oppure se stiamo approdando a una nuova fisiologia di mercato che il Pnrr non si è limitato a innescare ma che ha anche avviato a trasformazione duratura. L’interrogativo, in fondo, non vale solo per le opere pubbliche. E’ la grande scommessa del paese.