l'analisi

Sull'economia la svolta populista del Pd di Schlein è evidente

Luciano Capone

Dalla “maggior tutela” alla "contromanovra", Schlein protesta contro Meloni per le cose che il Pd non ha fatto quando era al governo, proponendo soluzioni in contrasto con il Pnrr, irrealistiche e incoerenti. Cos’è questo se non populismo?

Sulla liberalizzazione del mercato elettrico il ribaltamento dei ruoli è completo. Il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, esponente di un partito sovranista come FdI, dice che “ce lo chiede l’Europa”. Mentre il Pd, partito che si definisce europeista, si oppone alla riforma con l’argomento “lo dicono anche Rampelli e Bagnai”, che sono due esponenti sovranisti e no euro (almeno il secondo) di FdI e Lega. Il ribaltamento diventa paradosso se si considera che la fine del cosiddetto “mercato tutelato” per l’elettricità e il gas è una riforma realizzata dal Pd e che il Pd ha inserito nel Pnrr, vincolando i governi successivi alla sua attuazione. Se poi si considera che questo impegno è per Buxelles tra gli obiettivi raggiunti per la terza rata che l’Italia ha già incassato, ci si rende conto del livello di populismo del Pd.

 

La tesi di Elly Schlein, espressa anche dalla responsabile Ambiente Annalisa Corrado, è che se il governo volesse potrebbe far modificare il Pnrr e annullare una riforma su cui anche la Commissione europea è scettica. Tralasciando il fatto che la revisione del Pnrr è un capitolo che si è appena chiuso, forse l’europeista Schlein ha buone fonti a Bruxelles. Il governo, in particolare, il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin aveva inserito una sorta di proroga della “maggior tutela” (come richiesto dal Pd), ma la risposta di Bruxelles rispetto alla bozza del decreto è stata durissima: la Commissione ha ribadito al governo che è fondamentale non revocare gli obiettivi già raggiunti, soprattutto quelli per cui sono stati già incassati i soldi; che ogni ritardo sulla fine dei prezzi regolamentati di gas ed elettricità è un’inversione di rotta rispetto al Pnrr; che non c’è ragione di modificare una riforma già valutata positivamente.

 

Tutto questo forse Schlein e Corrado non lo sanno, ma potrebbero chiedere delucidazioni al Commissario Ue Paolo Gentiloni con cui dovrebbero essere in buoni rapporti. È il Pnrr la ragione per cui Fitto, che non è certo un fan della liberalizzazione, si è opposto a una controriforma che un’ampia parte del suo governo vuole. Per il Pd, invece, l’Italia dovrebbe seguire la linea Rampelli-Bagnai e andare allo scontro frontale con la linea Bruxelles-Gentiloni. Ci si poteva attendere che una battaglia a così forte intensità di ipocrisia e demagogia la conducesse Giuseppe Conte, invece Schlein l’ha anticipato decidendo di giocare una campagna elettorale sul campo del M5s. Quello del populismo.

 

L’assurda campagna contro la liberalizzazione del mercato energetico è solo l’ultima spia, che arriva dopo altre prese di posizione demagogiche, irrealistiche e contraddittorie. Prendiamo la cosiddetta “contromanovra”, presentata pochi giorni fa dalla segretaria. Il Pd quantifica la sua legge di Bilancio alternativa in 22 miliardi aggiuntivi rispetto a quella del governo Meloni, da finanziare con coperture vaghe come i tagli dei Sussidi ambientalmente dannosi (Sad) e delle tax expenditures. “Mi rifiuto di pensare che non si possano recuperare risorse aggiuntive in un paese in cui le agevolazioni fiscali sottraggono 82 miliardi all’erario e in cui si spendono 23 miliardi di euro per sussidi ambientalmente dannosi”, ha detto, Antonio Misiani, responsabile economico del Pd, a proposito delle coperture.

 

C’è qualcosa di incomprensibile nella politica economica del Pd se, mentre agita lo spettro dell’ipotetico aumento del costo dell’energia per la fine della “maggior tutela” (la “tassa Meloni sulle bollette”, l’ha chiamata Schlein) propone un aumento certo del costo dell’energia attraverso il taglio dei Sad. Perché i cosiddetti Sussidi ambientalmente dannosi servono proprio, in larghissima parte, a ridurre il costo della bolletta energetica per imprese e famiglie. E la politica di taglio dei Sad, ad esempio aumentando l’accisa sul diesel (con 3,4 miliardi è il Sad più grande), ha l’obiettivo esplicito, secondo i proponenti come il Pd, di aumentare il costo dell’energia per ridurne il consumo (e quindi le emissioni). L’obiettivo è incoerente anche rispetto al passato del Pd, visto che negli ultimi cinque anni, quelli in cui il Pd ha governato quasi ininterrottamente, secondo il Catalogo del ministero dell’Ambiente i Sad sono aumentati, passando da 19,3 miliardi a 22,4 miliardi (esclusi gli oltre 60 miliardi di auiti straordinari per lo choc energetico).

 

Discorso analogo per le tax expenditures. “Mi rifiuto di pensare che non si possano recuperare risorse tra 82 miliardi di agevolazioni fiscali”; dice Misiani. Di sicuro il Pd sa come fare il contrario: dissipare risorse attraverso l’aumento di bonus fiscali. Secondo i dati della Commissione per le spese fiscali del Mef, il numero di tax expenditures è passato da 466 nel 2017 a 626 nel 2022 (+41%), a fronte di una spesa complessiva che è esplosa da 47,8 miliardi nel 2017 a 83,2 miliardi nel 2022 (+71%). Il 42% di tutto questo minor gettito (34,3 miliardi) si riferisce alla missione “Casa e assetto urbanistico” che è quasi raddoppiata. È l’effetto del Superbonus, introdotto dal governo Conte quando il Pd gestiva il ministero dell’Economia con Gualtieri e lo stesso Misiani.

 

Dalla “maggior tutela” ai Sad, passando per le tax expenditures, Schlein protesta contro Meloni per le cose che il Pd non ha fatto quando era al governo, proponendo oggi facili soluzioni che sono irrealistiche, incoerenti e controproducenti. Cos’è questo se non l’essenza del populismo?

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali