Oltre la Bossi-Fini
Immigrati e lavoro: basta click day, aprire i flussi
L’attuale politica migratoria rappresenta un ostacolo significativo per l’economia. Un recente studio dell'Inps ha dimostrato come la regolarizzazione di 700 mila immigrati nel 2002 non abbia abbassato i salari medi e abbia invece portato 11 miliardi nelle casse dello stato. Perchè quindi non aumentare la quota del decreto flussi?
Quest’anno, assumere in maniera regolare un lavoratore straniero è difficile quasi come entrare ad Harvard. Una statistica che rende l’idea delle folli politiche migratorie italiane. Un problema strutturale che parte dalla Legge Turco-Napolitano del 1998, poi modificata dalla, e mai piu davvero toccata. La normativa permette l’ingresso solo agli stranieri già in possesso di un contratto di lavoro, ma al contempo pone forti limiti al numero di lavoratori stranieri che possono essere assunti tramite il cosiddetto decreto Flussi. In teoria, è un approccio “demand driven” che dovrebbe basarsi sulla stima dei fabbisogni occupazionali delle imprese, ma che in pratica ha fallito miseramente. Ogni anno le quote del decreto sono tra un quinto e un decimo della domanda di lavoro effettiva. E i datori che non rientrano nella quota durante il cosiddetto “click day” si trovano spesso costretti ad assumere i lavoratori in nero, magari aspettando una chance futura per regolarizzarli. L’attuale politica migratoria rappresenta quindi un ostacolo significativo per l’economia: riduce il gettito per lo stato e costringe i lavoratori stranieri nel mondo del lavoro nero. Perchè quindi non aumentare la quota del decreto flussi in maniera da soddisfare la domanda?
Si teme che l’apertura ai migranti possa suscitare reazioni negative da parte dell’elettorato, spaventato dalla competizione dei lavoratori stranieri nel mercato del lavoro. Eppure, questo fenomeno non trova riscontro. In un lavoro recente basato su dati Inps, abbiamo dimostrato come la regolarizzazione del 2002 di oltre 700 mila immigrati non abbia fatto perdere il posto di lavoro o abbassato i salari dei lavoratori italiani. Non solo, ma circa l’80 per cento di questi immigrati è rimasto a lavorare nel mercato regolare per almeno 4 anni. Considerando un contributo medio annuo alle casse statali di circa 4 mila euro per lavoratore, tra contributi e Irpef, si puo stimare che questi lavoratori abbiano portato oltre 11 miliardi di gettito. Risultati simili sono stati riscontrati da altri studi in Spagna, Colombia e Stati Uniti. Quindi, guardando all’evidenza economica, gli immigrati non rappresentano una minaccia per i lavoratori italiani. Al contrario, portano gettito e spesso addirittura a aumenti salariali per gli altri lavoratori. Come è possibile?
Può sembrare controintuitivo, ma spesso sono proprio le leggi che limitano l’accesso al mercato del lavoro regolare degli immigrati a peggiorare le condizioni dei lavoratori italiani, non il contrario. La presenza stessa di questi limiti pone il datore di lavoro in una posizione di forte potere contrattuale, permettendogli di sfruttare gli irregolari, che non hanno altra scelta se non il lavoro nero, offrendo loro salari bassi. Questo ha effetti indiretti sui lavoratori italiani che lavorano in posizioni simili, che si ritrovano a soffrire della competizione dei lavoratori irregolari. Le regolarizzazioni migliorano il potere contrattuale degli immigrati, rendendoli più simili agli italiani e riducendo la concorrenza “sleale”. Sarebbe quindi nell’interesse dei lavoratori italiani migliorare il potere contrattuale dei lavoratori stranieri.
Anche andando a guardare i dati di opinione dei cittadini italiani sembra che la paura degli immigrati sia un mostro che esiste prevalentemente nella mente dei politici. Secondo l’ultimo rapporto Censis, oltre il 70 per cento degli italiani è favorevole allo ius soli e allo ius culturae. E i dati di Demos-Unipolis mostrano come solo il 6 per cento degli italiani consideri l’immigrazione uno dei principali problemi dell’Italia, e meno di uno su tre ritiene gli immigrati una minaccia per l’occupazione. L’attenzione data ai cittadini al problema dell’immigrazione è probabilmente spesso indotta dalla centralità data al tema in campagna elettorale (non a caso, la “paura dello straniero” cresce negli anni elettorali). Ci troviamo quindi in un raro caso in cui il governo ha l’opportunità di beneficiare economicamente ed elettoralmente espandendo le quote per i lavoratori stranieri, rispondendo alle esigenze di famiglie e imprese che non riescono a ottenere un permesso attraverso il click day.