I due casi
Più che il tempo conta l'organizzazione. L'esempio di Luxottica e Lamborghini sulla settimana corta
La riduzione dei giorni trascorsi in fabbrica serve a riaprire un canale di comunicazione con il lavoro a patto però di non inseguire una legge, ma di proseguire sulla strada della contrattazione tra le parti
Dopo Luxottica nella notte tra lunedì e martedì anche in Lamborghini si è firmato l’accordo che apre la strada alla settimana lavorativa di quattro giorni. Il comunicato di Fiom e Fim bolognesi inizia addirittura sostenendo che “abbiamo fatto la storia” e spiega che “è la prima volta che un’industria dell’automotive in Europa decide una consistente riduzione dell’orario di lavoro, non con una diminuzione del salario ma con una sua maggiorazione”. Una multinazionale dopo l’altra vien da dire, perché Lamborghini fa parte dal 1998 del gruppo Audi-Volskwagen e produce auto di lusso a Sant’Agata Bolognese con 1.100 dipendenti. Sia Luxottica sia l’azienda italo-tedesca arrivano a questo risultato grazie a una pratica di relazioni industriali condivise e innovative ma il passaggio alla settimana di quattro giorni è comunque, per un’azienda di produzione con linee di montaggio, una sfida industriale. Come è noto prima ancora delle due aziende di cui sopra la settimana di 4 giorni è stata introdotta in Italia dal gruppo bancario Intesa Sanpaolo, che da azienda di servizi ha dovuto fare i conti con una minore complessità organizzativa. Ma a questo punto sommando tutti e tre i casi la domanda giusta diventa: dove può arrivare quest’inatteso e sorprendente movimento della settimana corta? Cosa ci si può aspettare?
Esaminando gli accordi di Luxottica (riguardano i 15 mila addetti degli stabilimenti italiani) e Lamborghini, al di là delle ovvie differenze, emerge come dietro alla storica decisione ci sia un lavoro di preparazione minuzioso. Nel caso bolognese c’è voluto un anno per definirne i particolari e una gestazione altrettanto programmata è stata necessaria per il gruppo fondato da Leonardo Del Vecchio. E comunque, almeno nel caso degli occhiali, si parla di accordi-pilota che andranno monitorati e valutati a regime. I dipendenti Luxottica avranno 20 venerdì liberi in un anno che si aggiungono a ferie e permessi per un totale di 46 giorni a casa. In Lamborghini le riduzione di presenza in fabbrica sono diverse a seconda delle turnazioni: chi lavora di giorno godrà di 22 giornate lavorative libere, chi fa (anche) il turno di notte arriverà a quota 31. Numeri che sono significativi e motivano ampiamente l’apprezzamento dei sindacati di categoria per il risultato raggiunto.Luxottica garantisce la riduzione a retribuzione piena e ha assunto 1.500 precari in un colpo professando l’idea che le stabilizzazioni e la continuità lavorativa sono da preferire a una flessibilità più o meno facile. Lamborghini ha riconosciuto ai suoi dipendenti un aumento degli emolumenti aggiuntivi al salario del contratto nazionale pari a 16 mila euro all’anno, oltre a un ulteriore premio di mille euro per festeggiare il sessantesimo anniversario dell’azienda. A dimostrazione di come in entrambe le situazioni l’attenzione a tutti i fattori di appartenenza e di identificazione nell’azienda sono curati oltre l’ordinario. Per Luxottica lo storytelling della comunità parte ovviamente dalla cultura del fondatore, dal lancio delle prime iniziative di welfare aziendale nel lontano 2009 e da una costante attenzione a tutti i bisogni, primari e non, dei blue collar. “A cominciare dalla luce, l’ambientazione e il silenzio”, ha voluto sottolineare il presidente e ceo Francesco Milleri.
Ma torniamo alla domanda più scottante: questi esempi saranno seguiti a manetta oppure gli accordi sottoscritti in questi giorni saranno dei documenti unici da conservare in una teca? Dalle notizie che corrono si sa che anche il gruppo (pubblico) Leonardo nel contratto integrativo, in corso di negoziazione con i sindacati e che sarebbe già in dirittura d’arrivo, sarebbe disponibile a sperimentare la settimana corta a parità di produttività in 7-8 siti su 48. I rumor, almeno per quanto riguarda le grandi aziende, finiscono per ora qui ma sicuramente in questi giorni tutti gli HR manager delle multinazionali che operano in Italia stanno studiando gli accordi Luxottica e Lamborghini con una certa partecipazione e curiosità. Ma al di là di tutte quelle che possono essere le remore di una generazione di ceo, che viene giudicata in genere molto tradizionalista, la verità è che la settimana corta per un’azienda è come uno specchio. Se pensi di avere la cultura per affrontare i difetti della tua organizzazione e per aprire una nuova finestra di dialogo con il lavoro allora ti puoi buttare nell’avventura. Se invece fai parte di quell’ampio novero di aziende pigre e sonnacchiose che non amano il cambiamento organizzativo, allora è molto facile che ti terrai alla lontana anche da questa occasione. Il gruppo dirigente della Luxottica ha calcolato il costo dell’operazione settimana corta in 3 milioni annui che però ha giudicato ampiamente recuperabili grazie a incrementi di produttività, riduzione dell’assenteismo e quello che ad Agordo chiamano “ingaggio”. Vedremo quante altre aziende in queste settimane faranno un analogo calcolo e saranno in grado di dirsi (allo specchio) in grado di operare uno scambio orario-produttività. Ma dovranno prima ammettere che l’organizzazione è tutto e il tempo non è più una variabile strategica.
La riduzione del tempo trascorso in fabbrica serve a riaprire un canale di comunicazione con il lavoro. Tutti ripetiamo che dopo il Covid la conciliazione con la vita stessa è diventata un chiodo fisso del dipendente, ripetiamo anche che oggi c’è difficoltà a ingaggiare i giovani per una frattura culturale sul “senso” del lavoro ed è difficile negare che la settimana corta si presenti come un’opportunità win- win. A patto però di non inseguire l’idea – che tanto piace a pezzi significativi della sinistra – di una legge ma proseguire sulla strada della contrattazione tra le parti, come insegnano Intesa Sanpaolo, Luxottica e Lamborghini.