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il colloquio

Il catastrofismo sulla Cop 28 è esagerato. Parla Realacci

Maria Carla Sicilia

"L’Onu non riesce a fermare le guerre, figurarsi se riesce a imporre le politiche economiche o industriali ai suoi stati membri", ci dice il presidente della Fondazione Symbola. La transizione ecologica la guidano le imprese

Il catastrofismo che ha accompagnato la Cop 28 di Dubai potrebbe essere fortemente esagerato. Una prima prova è l'accordo raggiunto, nonostante la turbolenta trattativa sul futuro dei combustibili fossili. L'altra è l'effettiva capacità che il vertice ha di incidere sull'economia. “Questi appuntamenti sono importanti per indicare la direzione, ma la partita vera si gioca nel campo dell’economia e della società: la transizione ecologica si muove su una traiettoria ormai segnata”. L’ottimismo è di Ermete Realacci, ambientalista di lunga data che con la Fondazione Symbola monitora numeri e storie della green economy italiana. Il senso del ragionamento è semplice: “L’Onu non riesce a fermare le guerre, figurarsi se riesce a imporre le politiche economiche o industriali dei suoi stati membri”. Ne è prova l’ambizioso ma disapplicato accordo di Parigi. Ergo: il passaggio verso modelli produttivi più sostenibili lo fanno le imprese, che non smetteranno di muoversi in questa direzione per un accordo che verrà rinegoziato nel giro di un anno. “Penso a quello che ha fatto Donald Trump: ha portato gli Stati Uniti fuori dall’accordo di Parigi e ha vinto una campagna elettorale con lo slogan Trump digs coal. Però il carbone si è inchiodato e le rinnovabili sono cresciute lo stesso. Ci sono dinamiche di mercato e nella società che sono più avanti della politica”.

Questo non vuol dire che i vertici internazionali siano inutili, sottolinea Realacci. “Che le Cop sono un fallimento lo diciamo ogni anno ma dimentichiamo che si collocano dentro un percorso. Anche i paesi arabi sono i primi a investire in rinnovabili e non hanno alcun interesse a frenare questo sviluppo”. Prendiamo l’esempio italiano. “Negli ultimi cinque anni un terzo delle imprese ha fatto investimenti che hanno a che fare con l’ambiente: non è solo sensibilità ambientale ma un fatto di innovare, esportare e produrre lavoro”. Altro esempio. “Siamo leader europei nel recupero dei rifiuti, soprattutto dei cicli produttivi, e lo siamo diventati senza leggi o incentivi. I rottami di Brescia, gli stracci di Prato le cartine della Lucchesia non sono figli di un decreto”. Può bastare, mentre continuiamo a usare carbone, gas e petrolio? “La partita non è persa. Ma dire stringiamo la cinghia perché il mondo sta morendo non è sufficiente per muovere gli essere umani. C’è bisogno di una sfida in positivo, di usare la legittima preoccupazione per dare forza alla speranza e all’azione”.

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  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.