La decisione del board
La Bce lascia i tassi invariati
“L’inflazione pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo”. Lagarde ribadisce che saranno i dati di volta in volta a orientare le sue scelte
La decisione era scontata, ma non per questo meno ricca di conseguenze. La Bce nella riunione di oggi, l’ultima di quest’anno e decisiva per comprendere le future mosse di Francoforte, ha lasciato invariati i tassi d’interesse, che rimangono quindi ai massimi fissati lo scorso 14 settembre: i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali restano al 4,50 per cento, quelli sui rifinanziamenti marginali al 4,75 e il tasso di deposito al 4 per cento. Non si fanno attendere le reazioni provenienti dall’Italia: per il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, la presidente Lagarde “meriterebbe di essere rimossa dalla guida della Bce”. “Una persona che sta creando danni gravi all’economia del continente: tassi giù subito, Lagarde via subito”.
Ma sui prossimi passi di politica monetaria, il board dell’Eurotower resta prudente: “L’inflazione – si legge nel comunicato diffuso al termine del vertice – pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo”.
In conferenza stampa, Christine Lagarde rimarca il concetto: con un gesto eloquente della mano, conferma che a dicembre ci si attende un aumento dell’inflazione e che nella riunione di oggi non si è discusso “per nulla” di tagli dei tassi. Le pressioni interne sull’inflazione rimangono infatti “elevate” per effetto della crescita del costo del lavoro. Mentre i mercati scommettano su tagli significativi da parte della Bce nel 2024, la presidente preferisce allora predicare cautela: “Non si passa dallo stato solido a quello gassoso in un colpo solo, ma gradualmente”, spiega con una curiosa metafora. “Dobbiamo abbassare la guardia? Assolutamente no”, aggiunge ancora poco dopo. E ribadisce perciò che saranno i dati di volta in volta – “di riunione in riunione” – a orientare le scelte.
Proprio per questo l’attenzione dei mercati e degli analisti è rivolta alle stime macroeconomiche. Per quanto riguarda l’inflazione, le proiezioni sono state riviste al ribasso per il 2023 e soprattutto per il 2024: “Gli esperti si attendono che l’inflazione complessiva si collochi in media al 5,4 per cento nel 2023, al 2,7 per cento nel 2024, al 2,1 per cento nel 2025 e all’1,9 per cento nel 2026”, si legge sempre nel comunicato. Al netto della componente energetica e alimentare, i numeri passano al 5,0 per cento nel 2023, al 2,7 per cento nel 2024, al 2,3 per cento nel 2025 e al 2,1 per cento nel 2026. Il target del 2 per cento dovrebbe pertanto essere raggiunto nel 2025.
Sul fronte della crescita invece, questa dovrebbe restare “contenuta nel breve periodo”, segnando poi una ripresa “per effetto dell’incremento dei redditi reali e del miglioramento della domanda esterna”. I rischi, in generale, rimangono orientati “al ribasso”, così come il board non vede la possibilità di una recessione nello scenario base. Tradotto in cifre, le proiezioni indicano un aumento della crescita da una media dello 0,6 per cento nel 2023 allo 0,8 per cento nel 2024 e all’1,5 per cento sia nel 2025 sia nel 2026. Le politiche dei singoli paesi, sottolinea Lagarde in conferenza stampa, “dovrebbero essere concepite per rendere l’economia più produttiva e ridimensionare gradualmente il debito pubblico elevato”: una spinta decisiva arriverà comunque, secondo la presidente, dalle riforme e dagli investimenti del Next Generation Eu. A livello comunitario invece, la numero uno di Francoforte vede “un certo livello di procrastinazione sulle riforme”, in riferimento al patto di Stabilità. Come ha sempre fatto nelle ultime riunioni, auspica infine di “accelerare nei progressi verso l’Unione dei mercati dei capitali e il completamento dell’Unione bancaria”.
Un’ultima importante novità riguarda i reinvestimenti dei titoli di stato acquistati dalla Bce nell’ambito del Pepp (Pandemic emergency purchase programme), il piano varato durante la pandemia come sostegno dai paesi dell’Eurozona e di cui l’Italia ha beneficiato in modo consistente (oltre 300 miliardi sui circa 1700 complessivi sono titoli del Tesoro). Negli ultimi mesi si era parlato di una possibile conclusione anticipata che peserebbe soprattutto sull’Italia, esponendo i Btp alla speculazione. I reinvestimenti – si legge nel comunicato – saranno garantiti per tutta la prima parte del 2024, mentre nella seconda parte dell’anno l’Eurotower intende “ridurre il portafoglio del Pepp di 7,5 miliardi di euro al mese”, per poi terminare i reinvestimenti alla fine del 2024. Una decisione, commenta Lagarde, su cui c’è stata l’unanimità, al pari di quella sui tassi.