L'analisi
L'insostenibilità del metodo del "Fondo mance" al tempo del Pnrr
L'approccio frammentato dei micro-finanziamento previsti in legge di Bilancio manca di una visione strategica: c'è bisogno di una pianificazione più ampia, soprattutto nell'ottica di ricevere i finanziamenti europei del Next Generation Eu
Cento milioni nel biennio 2025-2026 per la Ferrovia centrale umbra. Quarantacinque per il campus del Politecnico di Milano a Bovisa. Trentacinque per il progetto integrato del porto di Civitavecchia. Nove per la viabilità delle province di Chieti e Isernia, a patto che si realizzi il viadotto Sente-Longo. Autorizzazioni a finanziarie con le risorse disponibili il supporto tecnico ai commissari del Peschiera, della bretella Cisterna-Valmontone e della Roma-Latina (chissà perché solo loro fra 125 opere commissariate). Diciotto milioni alla società Sport e salute per finanziare la sede dell’Agenzia mondiale antidoping (Wada). Cento milioni al fondo per gli autotrasportatori. Trecentocinquantacinque milioni, ma solo nel 2027-2028, per il fondo delle infrastrutture portuali. Quattro milioni e mezzo per la viabilità di Vibo Valentia.
Sono i micro-finanziamenti introdotti nella legge di Bilancio con gli ultimi emendamenti approvati. Il Parlamento non rinuncia mai a fare della manovra di fine anno il principale veicolo annuale di una miriade di “mance” a questa e quella micro-priorità territoriale e, più spesso, elettorale. Già perché ogni mancia ha uno o più firmatari pronti a sventolare l’emendamento nel proprio collegio elettorale. Tutto rigorosamente minimale, caratterizzato politicamente, blindatissimo con norma di legge, non certo di portata strategica e comunque avulso da una programmazione più generale. Per un totale che, fra disegno di legge originario ed emendamenti, arriva al miliardo di euro. Questo pulviscolo privo di un disegno-paese è la tomba di quel dibattito altissimo che professori, esperti e tecnici dedicano dalle colonne dei giornali e nei convegni al rilancio della programmazione come strumento per dare più efficienza e qualità alla spesa per investimenti pubblici e per garantire certezze a imprese e amministrazioni. Indicare la rotta, insomma.
In una legge di bilancio in cui il Ponte sullo Stretto e il Terzo valico la fanno da padroni e in un paese in cui anche il Pnrr è diventato un tira e molla poco attento a un disegno strategico per il futuro, non può meravigliare che il Parlamento pretenda qualche centinaio di milioni da distribuire con la logica dell’una tantum. Tanto più che a dare il cattivo esempio sul “fondo mance” era stato il governo con l’articolo 57 del disegno di legge originario che valeva in tutto 520 milioni. A beneficiarne fin dall’origine erano stati l’impianto funiviario di Savona che incasserà per legge 200 mila euro, il nuovo Campus dell’Università degli studi di Milano nell’ex sito Expo 2015 (80 milioni in tre anni), il progetto Bandiera sul sito di Genova Erzelli per strutture sanitarie e ricerca traslazionale (120 milioni in sei anni), l’adeguamento e la ristrutturazione della rete di emergenza sanitaria nel Lazio (145 milioni nel triennio), gli interventi per i Giochi del Mediterraneo del 2026 (125 milioni in tre anni).
Alcune di queste poste hanno anche un valore, ma il metodo e il risultato finale restano da politica di basso cabotaggio. Può consolare che, sommerso nelle micro-cifre, si affaccia qualche barlume di pianificazione settoriale più ambiziosa. Qui la mano del ministero delle Infrastrutture si vede. E così – forse per rispondere alle critiche di aver destinato tutte le risorse a Ponte e Terzo valico – si affaccia qualche stanziamento che serve a dare fiato a opere rimaste escluse dal Pnrr perché poco green (come le strade) o a far fronte a temi che vanno diventando prioritari (come il cambiamento climatico). Alla prima tipologia appartengono lo stanziamento di 645 milioni per rifinanziare il contratto di programma dell’Anas, mentre sempre in tema di viabilità altri 75 milioni vanno alle azioni per contrastare i cambiamenti climatici. Collegato ai cambiamenti climatici anche l’intervento sugli invasi idrici, per cui si rispolvera, con 450 milioni di finanziamento, il piano per la riduzione dei consumi idrici agricoli e civili. Le somme andranno a finanziare investimenti realizzati in convenzione con i concessionari delle captazioni o i gestori degli impianti. In materia di pianificazione infrastrutturale anche i 355 milioni di ricarica del fondo per le opere portuali.
Sono stanziamenti “seri” i 300 milioni aggiuntivi per le compensazioni agli extracosti che rischiano di bloccare i cantieri e i 225 milioni aggiuntivi (600 in tutto) per prestare alle imprese appaltatrici le garanzie Sace “a condizioni di mercato”. Infine, cento miliardi vanno al Piano casa di Salvini, ma le risorse al “Fondo per il contrasto al disagio abitativo” saranno disponibili soltanto nel biennio 2027-28.