contraddizioni

L'asse Antitrust-Urso contro le compagnie aeree: tante indagini, zero prove

Luciano Capone

Perché “sgominare l’algoritmo” è il trionfo dell’arbitrio della politica sul ruolo da arbitro che ci si attende da un’Authority

È una regola generale: le inchieste fanno molto rumore quando vengono aperte, mentre non si sente nulla quando vengono archiviate. Non fanno eccezione quelle dell’Antitrust. Poco prima di Natale, mentre imperversava il Pandorogate di Chiara Ferragni, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) si è infatti riunita per chiudere l’istruttoria sul “caro voli” che ha dominato il dibattito pubblico per tutto il 2023, aprendo all’attacco del ministro delle Imprese Adolfo Urso contro le compagnie aeree e in particolare Ryanair. “Si ritiene che non sussistano sufficienti elementi per accertare la violazione dell’articolo 101 Tfue ipotizzata nella delibera di avvio istruttoria”, è la conclusione della delibera del presidente Roberto Rustichelli che l’Antitrust pubblicherà a gennaio.

 

L’indagine era partita il 20 dicembre 2022, su segnalazione del Codacons e della regione Sicilia che denunciavano un aumento generalizzato del prezzo dei biglietti per i voli verso la Sicilia durante le festività di Natale. Il compito dell’Antitrust era, quindi, quello di accertare l’esistenza di una “intesa restrittiva della concorrenza con riguardo alle condizioni economiche del servizio del trasporto aereo di passeggeri di linea in classe economy” verso la Sicilia da parte delle compagnie aere Ryanair, Wizz air, EasyJet e Ita. In un anno di inchiesta, l’Authority ha archiviato l’istruttoria senza formulare alcun addebito alle compagnie aeree per l’assenza di prove che dimostrassero una collusione attraverso l’“algoritmo”, ovvero i sistemi di revenue management.

 

In audizione alla Commissione parlamentare insularità, l’Antitrust ha fornito le principali risultanze dell’indagine: non sono state trovate prove di contatti tra vettori per coordinare le politiche di prezzo; “sussiste un elevato grado di trasparenza dei prezzi”; i dati mostrano che il numero di biglietti venduti nelle tratte in esame durante i picchi di prezzo sono stati “una percentuale relativamente contenuta” rispetto al totale delle vendite; la domanda è fortemente stagionale; c’è una tendenza dei consumatori all’acquisto dei biglietti aerei a ridosso della partenza, cosa “che non consente loro di beneficiare appieno di eventuali opportunità di prezzo più contenuto”. Sembra la descrizione di un mercato concorrenziale che, attraverso l’interazione di domanda e offerta, funziona esattamente come ci si aspetta.

 

Il problema è che, per tutto il 2023, dopo notizie analoghe sul “caro biglietti” in estate, il ministro Urso si è lanciato una violenta campagna contro le compagnie aeree in particolare per i collegamenti con le isole. Inizialmente Urso aveva previsto un tetto al prezzo dei voli, spalleggiato in audizione dal presidente dell’Antitrust Rustichelli secondo cui le proteste delle compagnie aeree per l’incompatibilità con il diritto europeo erano infondate dato che il decreto non limitava “la facoltà di determinare indipendentemente le proprie politiche di prezzo”. Si sbagliava, come ha poi ammesso la stessa Antitrust in un’altra audizione, dato che la Commissione europea ha chiesto l’eliminazione di quel tetto al prezzo perché in contrasto le norme comunitarie che prescrivono la libertà di fissazione dei prezzi.

 

E così, il punto di caduta del decreto Asset è stato un aumento dei poteri dell’Antitrsut con l’obiettivo, secondo le parole di Urso, di “sgominare l’algoritmo”. La cosa un po’ paradossale è che il 16 novembre, proprio mentre comunicava alle compagnie aeree che tutto era in regola, l’Antitrust annunciava l’apertura di una “indagine conoscitiva sugli algoritmi di prezzo” per voli da e per le isole. Ovvero, esattamente lo stesso oggetto dell'istruttoria archiviata. Qual è la novità? Ovviamente non una nuova ipotesi di cartello, dato che gli algoritmi che non colludevano a Natale difficilmente hanno iniziato a farlo a Pasqua o Ferragosto, anche per il semplice fatto che le compagnie sapevano di essere sotto inchiesta.

 

La novità è, appunto, il decreto Asset di Urso che, con un esplicito riferimento all’algoritmo da sgominare, dà all’Antitrust la facoltà attraverso un’indagine conoscitiva di imporre alle imprese “ogni misura strutturale o comportamentale” contro ipotetiche distorsioni della concorrenza, senza però la necessità di dover dimostrare condotte illecite. Insomma, siccome le compagnie aeree rispettano la legge, il governo la cambia per consentire all’Antitrust di punirle lo stesso dopo l’archiviazione, con meno prove e senza doverne dimostrare la colpevolezza. “Sgominare l’algoritmo” è il trionfo dell’arbitrio della politica sul ruolo da arbitro che ci si attende da un’Authority.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali