L'analisi
Tassi in discesa e Borse in crescita: ragioni d'ottimismo economico
Smentiti tutti i corvi del malaugurio: i tassi d’interesse sono in calo e Piazza Affari in rialzo. E gli italiani non sono stati cicale ma formiche, anche se l’inflazione si è mangiata parte del risparmio
L’inflazione si sta spegnendo, senza morti e con qualche ferito. Le stime ufficiali a cominciare da quelle della Bce prevedono un carovita che cresce del 2,5 per cento di qui alla fine dell’anno. Gli analisti di Citi Group sono più ottimisti: sotto il 2 per cento entro l’estate per arrivare a più 1,7 con il 2025. Salvo brutte sorprese che non mancano mai, la Banca centrale europea non ha alcun motivo per mantenere a lungo un costo del denaro al 4,5 per cento, a meno di non perseguire il perverso obiettivo di stroncare l’economia. E, al contrario di quel che pensano i sovranisti, Christine Lagarde sarà pure altezzosa, ma non ha nulla di perverso.
Proprio l’attesa di una riduzione dei tassi continua a spingere in alto le Borse che sono arrivate alla notte di san Silvestro con quotazioni record; tutte anche Milano il cui indice è stato superiore a quelli europei, recuperando le perdite del passato. Il 2023 era cominciato con fosche previsioni: dopo un decennio di prezzi bassi e interessi minimi, la falce dell’inflazione era tornata a far strage dei risparmiatori, impoverire i già poveri, abbattere l’economia. Ebbene, non è successo nulla di tutto questo. Certo, lo scenario è cambiato, la stretta della banca centrale ha imposto una frenata alla produzione e alla domanda, l’era degli interessi zero non tornerà, almeno non a breve, e tutto ciò cambia i comportamenti delle famiglie e delle imprese. Ma i risparmiatori italiani se la sono cavata.
Il 2023 (dati di metà novembre), presenta un rendimento medio del risparmio del 6,1 per cento, in linea con la variazione attesa dei prezzi dei beni di consumo nell’anno (6,2 per cento), stabilizzando quindi il valore reale della ricchezza investita in forme finanziarie. Altro che cicale, gli italiani hanno fatto le formiche, o meglio le tartarughe, si sono chiusi nel loro guscio a mala pena scalfito dalle guerre, dalle fiammate del gas, dalla interruzione della catena produttiva. E’ la conclusione alla quale arriva l’indagine condotta dal Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo, a cura di Giuseppe Russo, direttore del Centro e Pier Marco Ferraresi: “Il ritorno dell’inflazione è stato, tutto sommato, ben tollerato, fino ad ora, dalle famiglie che in gran parte sono riuscite a mantenere i livelli di consumo. Le più colpite hanno attinto ai risparmi o risparmiato di meno, ma non si sono indebitate per consumare”, scrive l’indagine condotta su un campione di 1.300 capifamiglia. Sia chiaro, il rialzo dei prezzi ha eroso il potere d’acquisto, scrive Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo: “Dopo il meno 1,5 per cento del 2022, la dinamica del reddito reale disponibile è vista ancora lievemente negativa nel 2023 (–0,5 per cento), per recuperare solo nel 2024. Benché la flessione dei redditi reali sia stata in parte ammortizzata dalle azioni di sostegno messe in campo dal governo, in particolare a favore delle fasce più deboli, l’Indagine 2023 rileva una flessione di circa 8 punti percentuali dell’indice di sufficienza del reddito” (calcolato come differenza tra chi ritiene le proprie entrate sufficienti o insufficienti per le necessità della vita quotidiana). Colpisce inoltre il modestissimo livello di educazione finanziaria, anche tra chi ha un titolo di studio medio-alto: solo il 40 per cento risponde in modo corretto alla domanda cos’è l’inflazione e il 27 per cento confonde tra livello e variazione dei prezzi. Dunque la reazione è stata molto spesso istintiva, con comportamenti contraddittori come tenere il denaro liquido anziché investirlo per proteggerlo.
Gli italiani nel complesso (imprenditori compresi) restano lontani dalla borsa, i buoni risultati di piazza degli Affari sono dovuti alle prestazioni di una manciata di grandi imprese (le banche e quelle energetiche innanzitutto, seguite da Stellantis), che ha allargato il divario con la platea di aziende minori: anche se il loro ingresso in borsa è aumentato in questi anni, c’è molta strada da percorrere per attirare il flusso di risparmio del quale c’è bisogno. Le famiglie continuano a privilegiare la casa, la rendita sicura prevale sugli incerti investimenti produttivi. E’ come se l’arrivo dell’inflazione e il rialzo dei tassi di interesse fossero percepiti come un fenomeno temporaneo, così transitorio da non meritare alcuna metamorfosi. Con un basso livello di alfabetizzazione economica, ma una sorta di accortezza istintiva, si sono protetti sotto l’ombrello del risparmio personale e hanno aspettato che passasse la tempesta, intensa, ma breve. Dura minga e non è durata stando alle ultime stime. Ma non tutto è tutt’oro quel che luce.
“Da quando l’inflazione è tornata, e con essa si è rifatta viva una politica monetaria, se non severa, almeno neutrale, i mercati non permettono più di salvare il potere d’acquisto semplicemente seppellendo il denaro in giardino, invitano all’azione, altrimenti il risultato è che chi si ferma perde potere d’acquisto”, scrive l’indagine Intesa-Centro Einaudi. Chi ha lasciato fermi i soldi in conto corrente li ha visti ridursi nettamente: i depositi bancari di famiglie e imprese sono scesi da mille 452 mille 300 miliardi di euro, 152 miliardi in meno tra ottobre 2022 e lo stesso mese del 2023, secondo le stime di Unimprese. I risparmiatori e investitori intervistati, spiegano Russo e Ferraresi, si sono mossi senza panico, ma con tanta prudenza da sembrare paralizzati per timore del rischio. “Sono diventati rispettosi della Borsa, ma alla fine, se non cambiano il comportamento, difficilmente centreranno i loro obiettivi. Sanno di dover risparmiare di più, però sottovalutano la differenza tra investimenti prudenti e investimenti efficienti. In larghissima parte, non la conoscono. Il loro futuro si presenta come un ritorno al passato”. La quota di coloro che hanno operato in azioni negli ultimi 5 anni resta limitata anche se in risalita rispetto al minimo del 5,3 per cento registrato nel 2016. La traiettoria ha seguito una parabola: si è drasticamente ridotta negli anni dal 31,8 per cento raggiunto nel 2003, ha toccato un minimo di disaffezione per poi riprendersi. Le azioni stanno riconquistando un pubblico, per quanto diverso da quello del 2003. Allora era la generalità dei risparmiatori a essere attratta da guadagni tanto facili quanto poco persistenti. Oggi la Borsa interessa un tipo diverso, un capitalismo meno popolare o di massa. E tuttavia la diffidenza verso le azioni, che ormai interessano non più un gregge, come veniva chiamato in gergo borsistico, ma uno sparuto club (nel 2023 chi ha operato in Borsa non supera il 6 per cento e chi ha comprato il 4 per cento del campione), non è stata molto intelligente. Lanciati anche dalla liquidità e dai tassi di interesse in calo, i titoli azionari hanno fatto meglio di qualsiasi altro investimento, recuperando tutte le crisi in cui sono incorse. Se non si impiegano denari in Borsa, del resto, non si finanzia l’attività produttiva che investe a rischio e questo è il problema numero uno dell’economia italiana.
“Al momento in cui scriviamo – stima il Centro Einaudi – il recupero più marcato è stato realizzato dalle azioni europee (+14,9 per cento) e globali (+8,6 per cento)”. L’Ufficio studi di Intesa calcola che il valore del rapporto tra prezzo e utili nell’indice Ftse-Mib è pari a 7,9 molto inferiore al 12,6 nell’Euronext e alla media storica. I titoli governativi a lungo termine segnano un +5,6 per cento (avevano perso il 22,7 per cento nel 2022). Gli aumenti dei tassi di interesse colpiscono le obbligazioni emergenti (–19,8 per cento nel 2022), mentre l’incertezza mantiene sostenute le quotazioni dell’oro, che in euro registra tre anni consecutivi positivi (+3,8 per cento nel 2021, +7 per cento nel 2022 e +6,1 per cento Ytd nel 2023). La lunga stagione dei Bot, dei Cct si era chiusa con lo spostamento delle preferenze di investimento verso i titoli a lungo termine. Con il ritorno dell’inflazione e i tassi in rialzo, gli investimenti tornano ad avere due funzioni: proteggere il capitale e aggiornare le cedole incassate in un contesto di volatilità e incertezza. I rendimenti lordi proposti dai Btp sono fissati al 4,36 per cento, con l’inflazione tendenziale che si è smorzata all’1,7 per cento nel mese di ottobre 2023. Il rendimento offerto è quindi positivo, sia in termini nominali che reali. La merchant bank di palazzo Sella, il fortino del Tesoro, potrà contare su un buon flusso potenziale di denaro (oggi i titoli di stato rappresentano circa un terzo del portafoglio dei risparmiatori) grazie al quale il debito italiano resta sostenibile anche se la crescita del pil rallenta. Ma a condizione che il rendimento del Btp rimanga elevato, con il rischio di spiazzare anche nel 2024 gli investimenti produttivi.
Dove metteranno i propri soldi gli italiani in questo anno di inflazione calante? Bisogna guardarsi dai consigli per gli acquisti, tuttavia alcune tendenze già emergono. Il boom delle banche a cominciare dalle quattro grandi (Intesa, Unicredit, Bpm e Bper) si ridimensionerà con la discesa dei tassi, a favore delle assicurazioni che vedranno rivalutarsi il loro massiccio portafoglio di obbligazioni. Chi vuole comprare azioni, guarda alle utility che, altamente indebitate, beneficiano di un costo del denaro decrescente. Tiene sempre l’energia: anche se non potrà più contare sugli introiti dovuti agli alti prezzi, resta un comparto più che strategico. Il comitato globale per gli investimenti della Morgan Stanley lo mette insieme al comparto tecnologico che continuerà ad essere spinto dall’intelligenza artificiale, con una crescita del 20 per cento l’anno nonostante comincino a sorgere i primi dubbi sul suo impatto benefico sulla produttività. Molti consigliano di rimpolpare i piani di risparmio (i Pir) destinati ad alimentare le piccole e medie imprese. I magnifici sette (Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet, Nvidia, Tesla e Meta) hanno fatto man bassa e resteranno al top, ma con tassi più bassi arriva il momento delle seconde file. Tornano all’attacco anche i fan di Bitcoin e criptovalute. Bruno Rovelli, chief strategist di Black Rock è molto più cauto: gli interessi resteranno comunque elevati anche per compensare l’effetto delle “mega forze” tutte ad alto costo (IA, riduzione della forza lavoro nei paesi avanzati, frammentazione geopolitica, catene di approvvigionamento, transizione energetica, evoluzione del sistema finanziario). E’ sempre bene stare con i piedi per terra ed evitare ogni ottimismo facilone, ma in questo Capodanno i corvi volano bassi e Mister Doom non s’è fatto ancora sentire.