Verso le europee 2024
L'appello di Confinustria Vicenza a Meloni e Schlein: "Non vi candidate"
In un anno pieno di elezioni e conflitti senza fine, chiedo alle forze politiche italiane di non trattare le imminenti elezioni come un’occasione propagandistica per misurare i rapporti di forza interni, ma di candidare persone con forti competenze tecniche, che propongano soluzioni che aiutino veramente la nostra società a cambiare, senza penalizzare l’economia
Il 2024 sarà un anno ricchissimo di elezioni in tutto il mondo. Una è già avvenuta, a Taiwan, con un risultato che ha effetti non solo sulla vita dei locali ma, lo sappiamo, anche per quanto riguarda la produzione e il commercio globali. Perché Taiwan è una potenza mondiale nell’ambito dei microchip i quali, ormai, sono nella maggior parte degli strumenti che utilizziamo tutti i giorni nella produzione industriale e per questioni personali e lavorative. Per non parlare dei riflessi nel rapporto tra l’isola e la Cina, che ha ripercussioni anche nella disfida tecnologica e commerciale tra la superpotenza asiatica e gli Stati Uniti. Siamo tutti interconnessi. Il risultato elettorale in un paese molto lontano, tutto sommato piccolo, fortunatamente democratico come Taiwan influisce direttamente sui destini delle nostre aziende, del lavoro del nostro Paese e quindi sul nostro benessere. Si voterà ancora moltissimo quest’anno, sia in paesi democraticamente maturi, sia in paesi dove il voto è solo uno specchietto per le allodole. Comunque vada, il 2024, mentre i conflitti non accennano a terminare, sarà un anno decisivo per gli equilibri mondiali nel medio e lungo termine. Per questo, senza alcun giro di parole, chiedo alle forze politiche italiane di non trattare le imminenti elezioni europee come un’occasione propagandistica per misurare i rapporti di forza interni, siano essi da considerarsi tra schieramenti opposti o all’interno delle stesse coalizioni.
In Europa vengono prese decisioni che hanno ripercussioni decisive, a volte purtroppo devastanti, sul lavoro e sulla vita delle persone. Su cosa e come produrre in Italia, ovvero nel Paese in cui la ricchezza e la sua redistribuzione dipendono dal fatto che siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa. L’Italia deve imparare e difendere i propri interessi, tutelare le proprie eccellenze e creare occasioni di crescita per l’Europa portando a Bruxelles e Strasburgo le migliori menti del Paese. Questa tornata elettorale non può essere considerata come l’occasione per offrire un buen retiro a candidati bocciati in elezioni precedenti o ad amministratori a fine carriera. Tantomeno una poltrona a candidati calati dall’alto in virtù di un effimero momento di popolarità arrivato al “momento giusto”. Servono donne e uomini ricchi di cultura, competenze, esperienza. Persone che conoscano in maniera dettagliata, ad esempio, come funzionano le nostre filiere industriali d’eccellenza, le quali fanno sì che l’Italia riesca ad avere una bilancia commerciale positiva senza la quale un Paese super indebitato come il nostro non starebbe più in piedi. Persone che sappiano interfacciarsi con le diverse realtà che compongono il nostro straordinario Paese e che hanno bisogno di misure diversificate per rendere al meglio. Persone che sappiano leggere i numeri e interpretare i dati, che seguano l’evoluzione della tecnologia per quanto riguarda i grandi trend del presente: l’intelligenza artificiale e il digitale, con le loro potenzialità e i loro rischi; la sostenibilità, quella vera, non la propaganda green sotto al quale si nascondono interessi particolari di Paesi extra europei; la questione energetica e l’approvvigionamento delle materie prime in un momento instabile della globalizzazione e del commercio internazionale. In particolare, la transizione verso la decarbonizzazione va gestita con serietà ed è indispensabile che l’Italia sia rappresentata da uomini e donne preparati, che sappiano decidere in base alla scienza e non alle ideologie.
Persone con forti competenze tecniche, che propongano soluzioni che aiutino veramente la nostra società a cambiare, senza penalizzare l’economia. Servono politici che sappiano contornarsi di esperti veri, rappresentanti del mondo civile ed economico e non solo da professori universitari. Qualcuno che conosca il mondo della manifattura italiana affinché sopravviva a questo cambio epocale. Serve qualcuno in grado di chiarire, in Europa, qual è la posizione dell’Italia sui temi della transizione tecnologica che la decarbonizzazione porta con sé, posizione che, peraltro, su questi grandi temi, non si è capito davvero fino in fondo quale sia. Senza contare che in Italia non si parla mai di produttività e si parla di lavoro in termini falsamente trionfalistici quando, invece, siamo un Paese in cui solo il 66,1% della popolazione è occupato (Eurostat, terzo trimestre 2023): molto meno della Germania (81,2%), molto meno della media dell’Area Euro (74,8%), molto meno della Francia (74,3%), ma anche meno della Grecia (67,1%). Ovvero: siamo gli ultimi in Europa. In Italia, poi, si parla di riduzione del debito solo quando i nostri creditori ci richiedono di smetterla di sperperare risorse in buchi neri che non portano alcun ritorno, né in termini economico-finanziari, né in termini di prestazioni sociali in favore dei cittadini. Di questo, con competenza, apertura mentale, spirito di confronto e senza preconcette ideologie, vorremmo che fosse composto il dibattito pubblico. In Italia e, soprattutto, quando si parla di Unione Europea. A tutti i partiti, quindi, ribadisco il mio appello, in attesa di riscontro: per le elezioni europee, candidate i vostri migliori esponenti, che poi, in Europa, siano effettivamente presenti. Ne va del futuro del nostro Paese.
Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza