L'analisi di EY
L'utopia di intervenire sui salari senza parlare di innovazione
Solo valorizzando il nuovo si creeranno le condizioni per incidere efficacemente sulla crescita dei salari, specie per i giovani, anche attraverso una coraggiosa ma necessaria revisione dei livelli di ingresso nel mercato del lavoro
La frenata dell’attività del Venture Capital non è un tema solo italiano: sulla base dei dati dell’EY VC Barometer nel 2023 gli investimenti in Italia, seppure superiori a Euro 1 miliardo per il terzo anno consecutivo, hanno segnato -49 per cento rispetto al 2022, in linea con il dato a livello global. Inoltre, per la prima volta dallo Startup Act del 2013, si è registrato un calo del numero di startup innovative registrate: -3,5 per cento rispetto al 2022 (dati dell’Osservatorio Innovup). Questi due elementi meritano una riflessione. La domanda da porsi, infatti, è se il sistema Italia sia in grado di offrire le condizioni per consentire al venture capital di liberare il proprio potenziale che, ne siamo certi, è alto, per la riconosciuta qualità del capitale umano e per le doti imprenditoriali diffuse che ci caratterizzano. La risposta è perlopiù negativa, in assenza di un rilevante cambio di passo. Non è un tema solo di oggi, le cause sono da cercare in là nel tempo, ma l’Italia rischia di trovarsi in un circolo vizioso che può minare la sostenibilità del sistema economico e sociale nel medio lungo periodo.
Debole propensione all’innovazione e agli investimenti: la spesa in ricerca e sviluppo nel 2024 è stimata da EY poco sopra l’1 per cento del pil contro una media Ue pari al 2,4 per cento. Gli investimenti privati sono cresciuti dal 16 per cento al 19 per cento del pil negli ultimi anni, ma solo per effetto degli investimenti trainati dai bonus edilizi, con un rilevante impatto sul deficit. Bassa innovazione e scarsa adozione di tecnologie sono il risultato. Bassa produttività: aumentata del 2,8 per cento tra il 2000 e il 2022 in Italia, a fronte di una media del 19,5 per cento nell’Eurozona e del 35,6 per cento negli USA. Trend di crescita storicamente debole: Il pil dal 1990 a oggi in Italia è cresciuto di circa 20 per cento, come risultato di limitati investimenti e produttività ferma, a fronte del 110 per cento degli Stati Uniti, del 60 per cento della Francia e del 10 per cento della Spagna. Salari in stagnazione: tra il 2000 e il 2022 in Italia i salari reali sono diminuiti del 2,2 per cento, mentre sono cresciuti del 8,6 per cento nell’Eurozona e del 22 per cento negli Stati Uniti. Istruzione universitaria poco attrattiva: le retribuzioni medie delle persone con titolo di studio universitario in Italia sono superiori del 38 per cento rispetto a chi ha un diploma, contro il 58 per cento di Germania e Francia, 55 per cento della Spagna e 73 per cento degli Stati Uniti. Anche per questo in Italia la forza lavoro è poco qualificata, con il 20 per cento di laureati, contro il 33 per cento della Germania, il 42 per cento della Francia, il 41 per cento della Spagna e il 50 per cento degli Stati Uniti. Talenti in fuga. Il numero di studenti universitari stranieri in Italia nel 2021 è stato pari a 72 mila, -21,7 per cento rispetto al 2016, a fronte di trend di crescita rilevanti specialmente in Germania e Spagna. Parallelamente tra il 2011 e il 2021 secondo i dati Istat 451.585 italiani tra i 18 e 34 anni hanno trasferito la residenza all’estero.
In questo contesto crediamo fermamente che l’attività di Venture Capital sia cruciale per cambiare rotta. Ma serve un approccio diverso, volto a consentire al VC di acquisire rilevanza, facendo sistema, aprendosi alla collaborazione al di fuori dei confini della propria business community e svolgendo un ruolo di sentinella, di agente di cambiamento, anche a supporto dei policy makers. La collaborazione con le università è un primo tema su cui vale la pena soffermarsi. Secondo in dati Netval, nell’ultimo triennio sono stati registrati annualmente circa 700 nuovi brevetti e circa 500 domande di priorità su brevetti già depositati. A questo sforzo di ricerca non si accompagna un adeguato trasferimento tecnologico: il numero di contratti di licenza o di utilizzo è di circa 150 unità per anno. Anche considerando le progettualità innescate dal PNRR che vedono le università fare sistema “dalla ricerca all’impresa”, c’è un rilevante spazio di cooperazione e collaborazione per un efficace trasferimento tecnologico, dove il VC può (deve) apportare il proprio approccio in grado di dare slancio e concretezza. Un secondo aspetto riguarda la razionalizzazione della spesa pubblica per incentivi fiscali a famiglie e imprese. Tra il 2016 e il 2023 il numero di agevolazioni fiscali erariali attive in Italia è salito da 610 a 740, con un mancato gettito di oltre 125 miliardi di euro nel 2023, con un’incidenza sul pil del 6,5 per cento. La legge delega per la riforma fiscale si pone l’obiettivo, molto positivo, del riordino di tali iniziative. È il momento di fare sistema per indirizzare le risorse verso progetti e iniziative legati a obiettivi di innovazione a breve e medio termine. Il 10 per cento di queste risorse valgono circa l’80 per cento del totale degli investimenti privati in ricerca e sviluppo in Italia. Solo valorizzando l’innovazione si creeranno le condizioni per incidere efficacemente sulla crescita dei salari, specie per i giovani, anche attraverso una coraggiosa ma necessaria revisione dei livelli di ingresso nel mercato del lavoro.
Marco Daviddi è Managing Partner Strategy and Transactions di EY in Italia