Trend positivi
Le buone notizie sul pil ci sono, ma l'Italia gioca nel campionato da zero virgola
La rilevazione Istat ha spiazzato gli analisti, che avevano pronosticato una crescita zero e invece è arrivato un +0,2 per cento. Resta da chiedersi perchè non si denuncino a sufficienza i rischi di un regime strutturale di bassa crescita
Premessa: l’economia italiana è tornata a giocare nel girone dello Zero Virgola, come nel lungo e angosciante ciclo 2000-19, e di conseguenza ogni variazione positiva o negativa va calata in quel contesto. Si tratta di spostamenti relativi, per peso e incidenza. Detto questo, e dato a Cesare quel che gli spetta, la rilevazione Istat del Pil del quarto trimestre ha spiazzato il consensus degli analisti. Che avevano pronosticato una crescita zero trimestre su trimestre (qualcuno anche -0,1 per cento) e invece dall’istituto di statistica, seppur come stima preliminare, è arrivato un +0,2 per cento. E così si è potuto, a ragion veduta, parlare di “accelerazione a sorpresa del pil a fine 2023”, come titola la nota di Intesa Sanpaolo. Un’anticipazione che andava nella stessa direzione era venuta solo 24 ore prima dal nuovo indice di rilevazione real time (Rtt), lanciato dal centro studi Confindustria, che aveva segnalato un buon trend di attività nell’ultimo trimestre e in particolare un +0,8 per cento per dicembre.
Ma da quali settori è arrivato il contributo positivo sottovalutato in sede di previsione? La nota dell’Istat parla di un valore aggiunto sia nei servizi sia nell’industria ma quest’ultima categoria va intesa in senso lato. E infatti le valutazioni sia di Intesa Sanpaolo sia di Ref Ricerche si appuntano sulle costruzioni. In sostanza nelle ultime settimane ci sarebbe stato un “rally” per chiudere i lavori incentivati dal Superbonus, anche le opere che non sono state ultimate in tempo utile sono state comunque fatturate prima del 31 dicembre. E troviamo traccia di questi movimenti vuoi nel Rtt che è costruito proprio sulle fatturazioni delle imprese di capitale vuoi nelle notizie che vengono dall’Ance e parlano di un 40 per cento in più di documenti fiscali emessi. Grazie al rally di cui sopra il 2023 si chiude con +0,7 per cento e regala all’anno nuovo una crescita acquisita dello 0,1 per cento.
Ma ovviamente la domanda più intrigante è quella che riguarda l’andamento del 2024: cosa ci dobbiamo aspettare visto che il contributo del settore più “caldo”, le costruzioni scemerà? Intesa sostiene che proprio per questo motivo (niente Superbonus) il Pil potrebbe tornare a rallentare nel primo trimestre e la ripresa potrebbe “acquistare vigore” solo nella seconda parte dell’anno grazie al traino del recupero del potere d’acquisto delle famiglie, della ripartenza del commercio internazionale e dell'accelerazione dei flussi di spesa effettiva finanziati dal Pnrr. In virtù di questi ragionamenti la stima Intesa del Pil 2024 è di +0,7 per cento mentre quella di Ref Ricerche resta ferma (per ora) a +0,5 per cento. Il centro studi Confindustria che aveva fornito una previsione proprio dello 0,5 è orientato a rivedere al rialzo la stima di un paio di decimali. Vale però, proprio per i numeri di cui abbiamo riferito, la considerazione iniziale: siamo nel girone dello Zero Virgola e purtroppo siamo rientrati nel ciclo della bassa crescita, pessima carta d’identità della nostra economia incapace di affrontare i vincoli strutturali che fanno da zavorra.
Commenta Fedele De Novellis, partner di Ref Ricerche: “Nel valutare il 2024 c’è, per l’appunto, l’enigma del Superbonus, una misura che aveva tirato per 20-30 miliardi l’anno, non dimentichiamolo. Per il resto ci sono sicuramente meno inflazione e più soldi in tasca alle famiglie ma i tempi di trasmissione di queste tendenze ai consumi e, soprattutto, alle decisioni di politica monetaria sono ancora indecifrabili”. Il contesto per altro vede un rallentamento del commercio mondiale, difficoltà di Germania e Cina, una zona Ue che non cambia marcia e eventi totalmente imponderabili come la crisi del Mar Rosso. Aggiunge Alessandro Fontana del Cs Confindustria: “Anche per quanto riguarda il contributo al Pil che potrà venire dalla spesa effettiva del Pnrr dovremo aspettare gli ultimi mesi del 2024. Anche per le lungaggini governative. Faccio l’esempio delle misure per l’industria 5.0 che ora sono in bozza e che non vedranno la luce prima di sei mesi bloccando così il flusso degli investimenti legati proprio al Pnrr”. Ma, tornando alla nuova stagione dello Zero Virgola, è legittimo chiedersi perché in ambito politico (non solo in campo governativo ma anche in casa del maggior partito d’opposizione) non si denuncino a sufficienza i rischi legati a un regime strutturale di bassa crescita. La risposta che emerge è che oggi, rispetto al passato, il rallentamento dell’economia non è un’eccezione italiana ma riguarda l’intera Eurozona. Un’alibi da delitto perfetto. L’Italia alla fine “sta”, non cresce.