mercato elettrico
Smentito l'asse Pichetto-Schlein: le bollette scendono di 130 euro
Concluse le aste dell'energia elettrica si scoprono le bugie dei partiti e i meriti della liberalizzazione. A pagare di più restano i “vulnerabili”
Da luglio, quando verranno presi in carico dai nuovi fornitori usciti dalle aste dello scorso 10 gennaio, circa 4,5 milioni di consumatori non vulnerabili risparmieranno sulla bolletta dell’elettricità circa 130 euro all’anno per almeno un triennio. Lo stesso non può dirsi dei consumatori considerati “vulnerabili”, i quali continueranno a pagare di più in cambio del privilegio di essere mantenuti in “maggior tutela”. Tanto che a questi ultimi converrebbe, se possibile, intestare il contratto a un familiare che non ricada in questa categoria, in modo da trarre vantaggio dalla fine delle “tutele”.
La fine della regolamentazione dei prezzi dell’energia elettrica per i piccoli consumatori sarebbe dovuta arrivare nel 2019, ma è stata più volte rimandata da maggioranze bipartisan. Anche questa volta abbiamo corso questo rischio visto il conflitto politico che si è scatenato, il quale ha comunque prodotto due risultati: rinviare di qualche mese l’avvio delle nuove forniture ed escludere le famiglie ritenute più deboli dal beneficio. Che i prezzi sarebbero calati era prevedibile. Non solo perché è abbastanza normale che la concorrenza generi riduzioni dei prezzi (e innovazione commerciale), ma anche perché il meccanismo applicato ai clienti domestici ricalca quello delle aste già svolte nel 2021 per le pmi e nel 2022 (nel mezzo della crisi energetica) per le microimprese, con ottima soddisfazione certificata nelle relazioni conclusive dell’ Arera. Ma uno sconto tanto significativo va al di là di ogni previsione. I sette operatori che si sono aggiudicati i lotti hanno presentato, per ciascuno di essi, un’offerta. La media pesata delle offerte (che sarà applicata a tutti i clienti sull’intero territorio nazionale, senza differenze geografiche) è pari a -73 euro. Poiché oggi i clienti tutelati pagano circa 58 euro all’anno, se ne deduce che il risparmio complessivo è stimabile in circa 130 euro, e contemporaneamente si sono rafforzati molti operatori alternativi, riequilibrando le quote di mercato. Verrebbe da dire che tutto è bene quel che finisce bene se non fosse che questa partita si è svolta nel peggiore dei modi, travolta come è stata da un’ondata di disinformazione e populismo con pochi precedenti.
Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha parlato di “esito positivo” e ha espresso l’auspicio che “anche la gara per i clienti vulnerabili potrà avere un esito altrettanto positivo”.
E’ positivo che il ministro Pichetto se ne sia persuaso. Sarebbe stato ancora meglio se se ne fosse reso conto mesi fa, anziché scegliere lui (e non altri) di tenerne fuori i vulnerabili: dopo aver firmato a maggio il decreto che avviava il processo per incassare i denari del Pnrr, da settembre in poi ha ripetutamente annunciato uno slittamento di sei mesi o un anno, in quanto “il quadro internazionale del prezzo del gas non ci tranquillizza rispetto a quello che potrebbe essere il beneficio di questa liberalizzazione” (21 settembre, parole poi riprese più volte nelle settimane successive).
I tentennamenti del ministro furono all’origine di un doppio corto circuito. Da un lato, accesero un forte conflitto con la Commissione europea, perché la liberalizzazione faceva parte degli obiettivi già raggiunti nell’ambito del Pnrr e metterla in discussione significava creare un pericoloso precedente. Dall’altro, Pichetto innescò una corsa tra i politici di entrambi gli schieramenti a prendere le distanze da una riforma che tutti, in precedenza, avevano approvato. Breve carrellata.
Elly Schlein: “Ci saranno aumenti medi del 34 per cento”. Antonio Misiani: “5 milioni di famiglie verranno esposte a una stangata”. Matteo Salvini: “Un errore che ci siamo trovati sul tavolo”. Pier Luigi Bersani: “Vincono le lobby”. Queste persone dovrebbero scusarsi col paese e con gli operatori, perché l’unica lobby che ha vinto è quella dei consumatori. Invece, proprio l’impossibilità di comprendere cosa sarebbe successo e i messaggi catastrofici che venivano continuamente rimbalzati dai media hanno creato timori immotivati in molte persone, probabilmente alimentando molte truffe telefoniche che nella disinformazione trovano la loro linfa. Tra l’altro, il teleselling selvaggio è davvero un problema che rischia di minare la fiducia dei consumatori e che andrebbe pertanto affrontato seriamente. Anche questo è passato completamente in secondo piano a causa di una discussione basata (come oggi è evidente) sul nulla.
Il paradosso è che neppure Giorgia Meloni può intestarsi quello che altrimenti sarebbe indubitabilmente un successo, avendo lei stessa difeso la riforma unicamente sulla base del senso di responsabilità che la portava a mantenere gli impegni assunti da altri. Infatti, l’unico che veramente può rivendicare il risultato è il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, assieme ai pochi parlamentari di maggioranza (Luca Squeri di FI) e di opposizione (Enzo Amendola del Pd e Luigi Marattin di Iv) che non si sono lasciati accecare dall’ideologia e hanno guardato alla sostanza della riforma.
Eppure, Pichetto aveva colto un problema reale: l’esigenza di una campagna di informazione per spiegare ai “tutelati” come sarebbe cambiata la loro fornitura e a tutti gli altri come trarre beneficio dalla concorrenza. La campagna, incomprensibilmente affidata ad Acquirente Unico anziché all’Arera che in teoria avrebbe dovuto esserne responsabile, è in grave ritardo. Peccato che, anziché mettere l’informazione al centro, questa sia stata utilizzata per affossare la liberalizzazione. E oggi è doppiamente necessaria proprio per l’entropia generata dall’asse Pichetto-Schlein.