L'editoriale del direttore
Il governo Meloni non ama le banche, ma le banche amano il governo Meloni
Finora il rapporto tra l'esecutivo e gli istituti bancari è stata una relazione complicata. Per la destra rappresentano il simbolo di un capitalismo selvaggio, ostaggio di un globalismo imperante. Storia di un paradosso, con notevolissimi effetti di mercato
È stata la settimana delle banche, questa, e dal mondo della finanza sono giorni che arrivano buone notizie a raffica. Lunedì, Unicredit ha comunicato risultati da sballo. Martedì, Intesa Sanpaolo ha diffuso numeri da record. Mercoledì, Mps ha registrato un utile inusuale, due miliardi di euro, che ha portato al suo azionista, lo stato, un dividendo inaspettato. E oggi anche Bpm ricorderà per quale ragione la terza banca italiana continua a essere considerata da molti istituti di credito come un buon partito con cui convolare a nozze. La settimana offre dunque buone notizie sul fronte delle banche e costringe inevitabilmente a fare un passo in avanti e a riflettere attorno a un tema di carattere generale che riguarda il rapporto che esiste oggi tra due mondi che spesso si sono mossi come vasi comunicanti: il mondo bancario e quello politico.
Il rapporto tra il governo Meloni e le banche è stato finora, come scrivevano un tempo le coppie in crisi su Facebook, una relazione complicata. Per la destra nazionalista, le banche rappresentano, grosso modo, il simbolo di un capitalismo selvaggio ostaggio di un globalismo imperante che sogna di mettere la democrazia sotto scacco della finanza e ogni volta che la destra di governo ne ha avuto la possibilità ha cercato di mostrare tutto il suo disprezzo per l’universo delle banche. Nel dicembre del 2022, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, attacca Bankitalia che a sua volta aveva espresso rilievi critici sulla prima manovra del governo Meloni. “Banca d’Italia – disse Fazzolari – critica la manovra perché è partecipata da banche private”. Nell’estate del 2023, il ministro Adolfo Urso annuncia un intervento sugli Npl (non performing loan) che prevede la possibilità per un debitore di poter estinguere il proprio debito riacquistandolo a prezzi scontati. Effetto della norma: distruggere il mercato degli Npl, necessario invece per aiutare le banche a ripulire i propri armadi in disordine. La proposta viene stoppata dal Mef ma è solo l’inizio di un lungo percorso. Ad agosto del 2023, il governo approva la norma per tassare gli extra profitti delle banche (la norma viene prima approvata, poi diluita, quindi neutralizzata: al momento la previsione del Mef è di ricavare da questa norma un gettito pari a euro zero). A dicembre del 2023, infine, la maggioranza decide di stoppare la ratifica del trattato di aggiornamento del Mes proprio per evitare di fare, come si è detto, “un regalo alle banche”.
Eppure, nonostante tutto, all’interno del fronte bancario non si registra un sentimento negativo verso il governo Meloni. E non sono pochi i casi in cui i vertici delle banche italiane hanno speso parole positive per il presidente del Consiglio (“Il governo ha mostrato serietà sulla manovra”, ha detto a dicembre il numero uno di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina). Perché, si dira? La risposta è semplice: nonostante l’odio mostrato da Meloni & Co. verso le banche il governo ha scelto di non trasformare le banche nelle pedine di un gioco pericolosamente nelle mani della politica. Non si può dire che il governo Meloni sia un governo che ha a cuore i valori non negoziabili di un’economia di mercato (il percorso di Mps per la privatizzazione è partito, ed è una buona notizia, ma due giorni fa è stato purtroppo innalzato il tetto minimo degli attivi che impone alle banche popolari di trasformarsi in società per azioni: il governo Renzi lo aveva fissato a otto miliardi, il governo Meloni lo ha portato a 16 miliardi, e avere meno banche che diventano spa significa avere più banche soggette ai veti della politica locale).
Ma non si può dire che sulle banche il governo stia facendo qualcosa per replicare alcune sciagure del passato. Epopee come quelle del 1999, quando ai tempi di Massimo D’Alema il governo di centrosinistra spinse Mps a partecipare, insieme con le coop rosse di Unipol, alla scalata di Telecom (a Palazzo Chigi, disse con una storica e velenosa battuta l’avvocato Guido Rossi, vi è l’unica merchant bank dove non si parla inglese). Epopee come quelle del 2005, quando ai tempi del governo Berlusconi il centrosinistra diede tutto il suo appoggio al tentativo delle cooperative rosse (Unipol) di creare una cordata per scalare Bnl (andò male). Epopee come quelle del 2007, quando ai tempi del governo Prodi Mps e Antonveneta scelsero in modo scellerato di unirsi in matrimonio, applauditi dalla politica. Il governo Meloni disprezza le banche, ma le banche non disprezzano il governo Meloni. C’entra la stabilità che tutto sommato ha l’Italia, che allontana dal nostro orizzonte destabilizzazioni pericolose. C’entra l’attenzione sui conti che tutto sommato ha mostrato il governo, che allontana dal nostro orizzonte pulsioni irresponsabili. Ma c’entra soprattutto il fatto che il governo che odia le banche, che non sopporta il mercato, che detesta la finanza non ha nelle sue corde di giocare alcuna partita di sistema, non ha nelle sue corde di ricreare una merchant bank a Palazzo Chigi. E per quanti extraprofitti possano essere un giorno tassati, per le banche sapere di avere un governo che lascia fare alle banche il loro lavoro è tutto sommato una buona notizia. Come dimostrano in fondo il valore delle azioni delle grandi banche italiane negli ultimi mesi (anche, ovviamente, grazie ai tassi alti della Bce, contro cui per fortuna il governo ha smesso di dire sciocchezze, avendo i tassi alti aiutato a combattere l’inflazione). Esempi? Eccoli. Valore di un’azione di Intesa Sanpaolo il 14 ottobre 2022, alla vigilia della nascita del governo: 1 euro e 71. Valore oggi: 2,83 euro. Valore di un’azione di Unicredit il 14 ottobre 2022: 11,5 euro. Valore oggi: 28 euro. Valore di un’azione Bpm il 14 ottobre 2022: 2,79 euro. Valore oggi: 5,03. Valore di un’azione di Mps il 14 ottobre 2022: 2,06 euro. Valore oggi: 3,57 euro. Lasciare le banche al loro destino, provando al massimo a tassarle un po’. Finché dura, non è così male.