l'editoriale del direttore
I Berlusconi e il modello anti “Succession”
Da Elkann a Caprotti e poi Del Vecchio. La famiglia del Cav. indica una strada: sapere stare a tavola nella stagione delle eredità complicate
Si fa presto a dire “Succession”. C’è stato un tempo in cui, con quel cognome, si chiudevano le porte dei famosi salotti buoni e, con quella fama, gli si negava spesso di avvicinarsi ai più importanti luoghi del potere. Erano i tempi in cui, con quel cognome, non ci si poteva avvicinare a Mediobanca, non ci si poteva avventurare facilmente nella finanza, non ci si poteva muovere senza essere osservati con lo sguardo sospettoso. E’ arrivato invece il tempo, ora, in cui i famosi salotti buoni, osservando il mondo attorno a loro, evocano quel cognome famoso con un atteggiamento evidentemente diverso, decisamente opposto rispetto al passato, con lo sguardo cioè di chi, di fronte a quel cognome, prova lo stesso sentimento evocato da Pietrangelo Buttafuoco nel suo ultimo panegirico letterario dedicato proprio al capostipite della famiglia. Buttafuoco scrive “Beato lui”. Gli altri oggi dicono “beati loro”.
La famiglia in questione, naturalmente, è quella che di cognome fa Berlusconi e il contesto all’interno del quale vale la pena osservarla con attenzione in questi giorni lo si ricava facilmente evocando il titolo di una formidabile serie tv, prodotta Sky e Freemantle, dedicata alla complicata eredità della famiglia Murdoch: “Succession”. La storia di “Succession” è una storia in cui gli eredi di una famiglia importante si scannano tra loro per una successione che il capostipite di un colosso televisivo, Logan Roy, non riesce a definire. Si litiga, ci si minaccia, ci si manda a quel paese e non si trova una soluzione per immaginare il dopo. Chi ha visto “Succession” negli ultimi mesi non ha potuto non pensare ad alcune eredità complicate, si fa per dire, che hanno dominato le cronache finanziare italiane. Chi ha visto “Succession” non ha potuto non pensare alla storia della famiglia Caprotti, il fondatore di Esselunga, che ha condotto anni di battaglie legali con i figli della prima moglie, Giuseppe e Violetta, esclusi dall’eredità aziendale. Chi ha visto “Succession” non ha potuto non pensare alla storia della famiglia Agnelli, naturalmente, dove è in corso una battaglia senza esclusione di colpi tra Margherita Agnelli, figlia di Gianni Agnelli, e i tre figli avuti con Alain Elkann (John, Lapo, Ginevra), a cui Gianni Agnelli ha affidato il controllo dell’impero di famiglia attraverso la Exor (holding azionista di maggioranza di Ferrari, Stellantis, Juventus e Gedi). Chi ha visto “Succession” non ha potuto non pensare alla storia della famiglia Del Vecchio, ovviamente, i cui figli (sei) non hanno ancora trovato un accordo sull’eredità del padre con il manager a cui il capostipite della famiglia, Leonardo Del Vecchio, ha scelto di lasciare in mano le redini di Delfin, la società che controlla Luxottica. Chi ha visto “Succession” non ha infine potuto non pensare in questi giorni anche alla storia della famiglia Arnault il cui capostipite, Bernard, che ha 74 anni, non ha ancora scelto chi sarà un domani il suo successore, “non è né un obbligo né una necessità avere una successione familiare” ha detto qualche settimana fa, e anche per questo ha deciso che fino al compimento dei suoi 95 anni, nel 2052, nessuno della famiglia potrà vendere azioni. Di fronte a questo panorama la successione modello Berlusconi è almeno per il momento quanto di più lontano vi possa essere dal modello “Succession”: ruoli definiti, conflitti governati, eredità senza litigi e persino una capacità di gestione della signora Fascina, ultima fidanzata del Cav., senza clamori eccessivi.
Gli spunti di riflessione per ragionare sul caso speciale dell’eredità non conflittuale della famiglia Berlusconi sarebbero molti e si potrebbe ragionare a lungo su quanti casi vi sono di capifamiglia che spesso scelgono di separare il destino della propria azienda dal destino della propria famiglia (gli ultimi sono stati i Moratti, che hanno appena ceduto la quota di maggioranza della Saras a una società olandese). Ma forse vale la pena isolarne uno che riguarda un tema famoso: il conflitto di interessi. Gli avversari del Cav. hanno sostenuto per molti anni che la discesa in campo di Berlusconi in politica costituiva un grave vulnus per la nostra democrazia perché l’idea che Berlusconi fosse contemporaneamente alla guida di un partito e alla guida di alcune aziende importanti rappresentava per il nostro paese un’anomalia pericolosa. Berlusconi, in passato, ha spesso sostenuto, con qualche sorriso, che in verità nelle sue aziende lui non faceva più nulla, si occupavano di tutto i figli. Il Cav. lo diceva con gli occhi birichini ma una verità oggi forse inizia a emergere: la sua discesa in campo ha accelerato il processo di successione nelle aziende di famiglia e arrivato al termine dei suoi giorni il Cav. politico si è ritrovato di fronte ai figli che erano riusciti a fare quello che in molti oggi faticano a fare: mettere le aziende al sicuro, diversificando le attività, evitando di trasformare l’eredità in un’occasione utile a far emergere i conflitti e ponendosi di fronte agli occhi dei molti salotti che un tempo li odiavano con una postura diversa di chi, a differenza di altri, ha trovato una chiave giusta non solo per farsi voler bene nei salotti un tempo respingenti ma anche per dimostrare, nella stagione delle Succession complicate, di sapere stare a tavola. Beati loro!