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In Italia si vendono più Tesla che 500 elettriche: gli incentivi non c'entrano
Dopo le polemiche delle scorse settimane Carlos Tavares ha smorzato i toni. Ma l'accusa al governo di non sostenere abbastanza l'auto elettrica non basta a spiegare la cassa integrazione di Mirafiori: a parità di sussidi, la city car prodotta da Stellantis vende meno delle Model Y e Model 3
La richiesta di sussidi è da tempo consuetudine piuttosto diffusa in Italia e non di rado è accompagnata da speranze tendenti al miracolistico. Il settore dell’automobile, in particolare, è piuttosto abituato a stagioni più o meno lunghe di indispensabili incentivi, termine che dà meno il senso dell’esborso e più quello della spinta, sempre abbinati a fini meritori come lo svecchiamento del parco circolante. Anche se quest’ultimo, con i suoi 12 anni e 5 mesi, è in verità di soli due mesi più vecchio dell’età media delle auto che circolano nei paesi europei.
Non c’è quindi da stupirsi troppo delle veementi richieste al governo dell’amministratore delegato di Stellantis, il portoghese, Carlos Tavares. Che dopo lo scontro di inizio febbraio ha peraltro smorzato i toni nella conference call con la stampa italiana che si è tenuta in concomitanza con la presentazione dei risultati del 2023. "Per raggiungere l’obiettivo del milione di auto prodotte annualmente in Italia entro il 2030 ci servono tutti gli impianti italiani, inclusi Mirafiori e Pomigliano D’Arco", ha detto, aggiungendo: "Siamo soddisfatti degli incentivi. È un'ottima decisione, ringraziamo il governo. I consumatori ne trarranno beneficio".
Sullo stabilimento di Pomigliano, Tavares ha detto che è al massimo della capacità produttiva, con un livello di attività molto solido. La Panda va bene, resterà in produzione fino al 2026 e avrà comunque un modello sostituito (anche se non necessariamente una nuova Panda). L'Alfa Romeo Tonale sta andando anche meglio e sarà esportata anche negli Stati Uniti dove già viene inviata la sorella Doge Hornet.
Per quanto riguarda Mirafiori, Tavares si è soffermato sulla 500 elettrica, vittima a suo dire della mancanza di incentivi in Italia e in Germania, da cui la cassa integrazione per domanda insufficiente. Benché non nutriamo dubbi sulle capacità manageriali di Tavares, che è riuscito a far tornare in attivo Peugeot e Citroen, ci permettiamo di dissentire sull'affaire 500 elettrica.
Nel 2023 è stata la terza vettura elettrica venduta in Italia, molto distaccata dalle Tesla Model Y e Model 3. Le quote di mercato elettrico sono state rispettivamente 12,9 e 11,1 per le Tesla e 7,1 per cento per la 500. Il problema è che il mercato italiano è il quinto al mondo, e il primo in Europa, per il segmento delle superutilitalie o city car, quello della 500 appunto, dove spopola la Panda.
Se la 500 elettrica vende meno delle auto di Elon Musk – un SUV e una berlina di segmento D – significa semplicemente che non va incontro ai bisogni della maggior parte dei potenziali acquirenti. Un limite per cui è difficile che si trovi un incentivo che possa fare miracoli. È anche opportuno ricordare l'ammontare nel 2023 dei fondi destinati alle autovetture elettriche e ibride plug-in, quelle a zero e basse emissioni, per usare la terminologia dei regolamenti dell'Unione europea: oltre 94,3 milioni di euro per le elettriche, più di 198,7 le ibride ricaricabili, oltre 293 milioni in tutto. Un valore anche superiore a quanto stanziato l'anno precedente e rimasto inutilizzato (271 milioni). Sia per il 2022 che per il 2023 i fondi stanziati ammontavano a 190 milioni di euro per le elettriche e 235 per le plug-in. Quelli per le vetture endotermiche hanno un importo inferiore, eppure terminano sempre molto prima.
L'arrivo della 600, prodotta a Tychy in Polonia, e della 500 Abarth elettriche non hanno cambiato le cose, anzi. In tutto il 2023, della prima ne sono vendute appena 368 della seconda solo 185, di queste ultime quasi sicuramente tutte auto-immatricolate dalle concessionarie. E basta ascoltare il rombo delle Abarth in circolazione per comprenderne la ragione.