Da Assonime
Sul sostegno agli investimenti regna ancora molta incertezza
A oggi il sistema fiscale delineato dai primi provvedimenti della nuova riformanon presenta novità sotto il profilo della premialità per chi investe. Così lo stato attuale di incertezza induce le imprese a posporre ogni investimento
Sugli incentivi agli investimenti delle imprese sembra essere calata la nebbia più fitta. Come risaputo il provvedimento attuativo della delega fiscale sulla riforma dell’Ires sembra essere venuto meno ai propositi – espressamente contenuti nei criteri di delega – di una forte riduzione dell’aliquota a fronte di investimenti produttivi. A oggi il sistema fiscale delineato dai primi provvedimenti della riforma non presenta alcuna novità sotto il profilo della premialità fiscale per chi investe. Anzi per certi versi, con la soppressione dell’Ace, la situazione è peggiore rispetto a prima per le imprese che, proprio per investire, incrementano la patrimonializzazione. Anche il decreto di riforma degli incentivi fiscali sulla Zes unica ha fortemente deluso rispetto alle iniziali aspettative.
L’incentivo agli investimenti produttivi nelle regioni del Mezzogiorno poteva essere un volano di grande portata ma alla fine è stato strutturato attraverso un sistema di erogazione a rubinetto – ovvero basato su meccanismi prenotativi – che rischia di creare una disordinata e frettolosa corsa all’incentivo facendo perdere ogni connotato di politica industriale come originariamente inteso dal disegno sulle 8 Zes regionali. In più mancano ancora alcuni provvedimenti attuativi e nella sostanza lo strumento, nonostante si applichi a investimenti fatti entro il 15 novembre 2024, ovvero da avviare nell’arco dei prossimi 8 mesi non è ancora operativo. Così i quasi 2 miliardi di dotazione finanziaria rischiano di supportare investimenti che si sarebbero fatti comunque senza alcun effetto addizionale. A queste delusioni se ne sta aggiungendo un’altra ancora più preoccupante che riguarda i tanto attesi incentivi sulla Transizione 5.0. Nella recente rinegoziazione di diversi progetti del Pnrr si era riusciti infatti a rifinanziare, con il beneplacito della Commissione europea, una nuova edizione del piano Industria 4.0 per oltre 6 miliardi di euro. Il nuovo meccanismo, denominato Transizione 5.0, riproponeva e rilanciava il credito di imposta Industria 4.0, rafforzando le intensità di aiuto e allargando un po’ la platea dei beni strumentali e dei software agevolabili. Veniva anche introdotta una nuova condizione di accesso al credito d’imposta connessa alla riduzione dei consumi energetici, in modo da legare virtuosamente la transizione digitale con obiettivi di sostenibilità ambientale dei processi industriali secondo le linee di intervento promosse da RePowerUE.
Tuttavia nel processo di negoziazione con la Commissione su questo importante – e ormai unico – strumento di incentivazione agli investimenti delle imprese qualcosa deve essere andato storto. Nessuno al tavolo di negoziazione con la Commissione si è accorto che un credito di imposta per gli investimenti effettuati nel 2024 e 2025 comporta importanti disallineamenti fra cassa e competenza e produce effetti anche nel 2026, quando i denari europei non possono essere utilizzati a copertura. Per questa ragione la norma su Transizione 5.0, che dovrebbe entrare nel decreto Pnrr più volte annunciato, sta facendo ritardare la sua approvazione in Consiglio dei ministri proprio per problemi di copertura sollevati dalla Ragioneria dello stato bloccando nei fatti molti altri aggiustamenti normativi resi necessari dopo la rimodulazione del Pnrr pattuita con la Commissione.
Il governo sta cercando di correre ai ripari con soluzioni che rischiano tuttavia di indebolire l’attrattività della misura, ad esempio allungando i tempi in cui poter portare il credito di imposta in compensazione. Pare ci sia stato persino un tentativo di rinegoziare nuovamente con la Commissione le modalità di erogazione dell’incentivo trasformandolo da credito di imposta a contributo a fondo perduto. Cosa che non solo avrebbe riaperto un difficile e lungo negoziato con la Commissione ma che, soprattutto, rischia di far perdere alla misura il suo fondamentale automatismo di erogazione in compensazione. Il contributo infatti può essere assegnato solo attraverso un complesso meccanismo prenotativo e valutativo che farebbe perdere ogni certezza in merito alla sua automatica fruibilità.
Insomma sul sostegno agli investimenti regna ancora molta incertezza, e l’incertezza induce le imprese a posporre ogni decisione di investimento, che infatti sono in calo. Si spera che almeno su Transizione 5.0 si esca da uno stallo paradossale: avere le risorse per rilanciare gli investimenti e non riuscire ad attivarle in tempi e con modalità utili al rilancio della crescita.
Stefano Firpo è direttore di Assonime