Il messaggio
Le armi più potenti per combattere i rischi sul lavoro sono la prevenzione e la formazione
Per Confartigianato la cultura della sicurezza sul lavoro dovrebbe essere affrontata in famiglia e a scuola. Gli studenti di oggi saranno i lavoratori e i datori di lavoro del domani. Occorre ripartire da qui
La sicurezza sul lavoro è una conquista di civiltà, un patrimonio prezioso di cui tutti dobbiamo avere cura e che dobbiamo alimentare ogni giorno. Lo sappiamo bene noi imprenditori artigiani che lavoriamo fianco a fianco con i nostri dipendenti. Ogni infortunio, fino alla tragedia avvenuta nei giorni scorsi a Firenze, interroga le nostre coscienze e le nostre responsabilità, ci impone di trovare risposte efficaci per difendere il valore della sicurezza sui luoghi di lavoro. Un argomento che crediamo sia da trattare con ponderazione senza reagire sull’onda dell’emotività. Reprimere non basta. Confartigianato sostiene da sempre che le armi più potenti per combattere i rischi sul lavoro sono la prevenzione e la formazione. Per noi, la cultura della sicurezza sul lavoro deve iniziare addirittura già in famiglia e a scuola, al pari delle altre materie di studio e dei valori verso i quali educare i giovani. Del resto, come non considerare che gli studenti di oggi saranno i lavoratori e i datori di lavoro di domani. Anche in questo si misura il grado di maturità di un Paese. È un punto di partenza sul quale poi si innesta il sistema di norme, di regole e di relazioni tra le parti sociali. Nelle imprese sane e responsabili, la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è obiettivo perseguito da tempo e gestito da una rete di organismi paritetici tra Confartigianato, le altre Confederazioni artigiane e da Cgil, Cisl e Uil, riconosciuta dall’Inail, che prevede concreti strumenti e attività di verifica della conformità delle aziende alle norme sulla sicurezza e condivisione di buone pratiche di prevenzione. In questo panorama risulta un’eccellenza la bilateralità dell’edilizia partecipata da noi e da tutte le parti datoriali maggiormente rappresentative e dalle sigle sindacali di settore prima indicate. Le leggi servono, certo, ma la sicurezza non si può limitare alla sola burocrazia. Anche qui c’è bisogno di razionalità e buon senso. Il nostro sistema normativo su salute e sicurezza è ancora caratterizzato da eccessiva complessità sia nella formulazione che nell’attuazione con interpretazioni a volte discordanti e non univoche delle norme.
Tutto ciò, calato nel settore dell’edilizia, mi porta a evidenziare la necessità di una maggiore attenzione da prestare durante i controlli ai contratti applicati alle maestranze, in relazione alle attività eseguite: le lavorazioni edili devono essere, infatti, eseguite da personale regolato da contratti dell’edilizia di qualità che sono sottoscritti dalle rappresentanze datoriali e sindacali maggiormente rappresentative. Tra questi il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Edilizia Artigianato, da noi sottoscritto, pone particolare attenzione alla salute e sicurezza introducendo figure innovative che identificano imprese virtuose sotto questo fondamentale aspetto. Bene incrementare il numero degli ispettori di Inl e Asl ma contestualmente avviare dei momenti di confronto preventivi con le associazioni di rappresentanza e gli enti bilaterali di settore. Nel tempo, questo, potrebbe diventare una misura efficace soprattutto se le ispezioni diventeranno momenti di prevenzione, non soltanto di repressione. Quanto avvenuto a Firenze ha posto sotto i riflettori anche il tema dei subappalti. Si è detto che vi era un numero molto elevato di imprese, in regime di subappalto. Questa evidenza non è di per sé un aggravante se si seguono le regole previste dal Testo Unico della sicurezza e il corretto utilizzo di lavoratori autonomi per l’esecuzione specializzata di parte di lavori, senza vincoli di subordinazione. In questo caso la cosiddetta “impresa affidataria” risponde in tutto per ciò che riguarda le procedure di sicurezza per i lavoratori autonomi da lei coinvolti. Il problema nasce quando il ricorso al lavoratore autonomo diventa una mera prestazione di manodopera: una pratica che non condividiamo. Può essere, invece, semmai prevista la collaborazione tra lavoratori autonomi se organizzata e disciplinata con specifici contratti di aggregazione seppur temporanea, come ATI, reti di impresa o consorzi. Solo così si può contrastare anche una forma di concorrenza sleale che le imprese sane e corrette subiscono. È bene puntualizzare che nei cantieri, sia pubblici che privati, il primo responsabile è sempre il committente o responsabile dei lavori, da cui discende la filiera delle responsabilità che inizia proprio con la scelta delle imprese coinvolte nei lavori.
Noi crediamo che risposte concrete e davvero efficaci possano arrivare dalla lettura della realtà. A questo proposito, visto che il nostro sistema produttivo è costituito in prevalenza da micro e piccole imprese, i lavori dovrebbero essere organizzati in lotti più piccoli. Qui, il decisore pubblico può fare molto. Se le stazioni appaltanti riuscissero a progettare le opere prevedendo la suddivisione in lotti di importi a misura di micro e piccola impresa, allora ci sarebbe anche un minor ricorso al subappalto, migliori controlli e la possibilità di gestire la anche la filiera delle responsabilità.
Stefano Crestini è presidente di Confartigianato Edilizia