un nuovo modello?
Perché il contratto degli shopper è una svolta positiva
Tutele, paga oraria, controllo degli algoritmi e un contratto collettivo per gli autonomi che fanno la spesa per conto terzi e gliela portano a casa. Un caso che può far scuola
La vitalità delle relazioni industriali made in Italy riserva sorprese. Mentre sul fronte dei rider ci si divide da anni sulla soluzione “sindacale” da adottare per contemperare lavoro autonomo e tutele un’altra piccola categoria di partite Iva ce l’ha fatta. Sono gli shopper, per ora 2.500 in tutto e si tratta della figura professionale di quelli che fanno la spesa per conto terzi e gliela portano a casa. Una modalità che sta prendendo piede vuoi per l’invecchiamento della popolazione vuoi per la difficoltà, soprattutto nelle grandi città, di conciliare tempi di vita e lavoro. Gli shopper operano su mandato di alcune piattaforme digitali – la più grande si chiama Everly – che a loro volta si riforniscono da supermercati e punti vendita entrati in partnership. Queste piattaforme hanno una loro associazione di rappresentanza, l’Assogrocery, che ha deciso di creare un contratto nazionale di lavoro. Dall’altra parte del tavolo a firmarlo non sono state delle sigle nate per incanto ma addirittura le tre grandi confederazioni sindacali tramite le strutture delegate ad occuparsi del lavoro indipendente: Nidil-Cgil, Felsa-Cisl e Uiltemp-Uil.
Un accordo nazionale in piena regola che in un tempo in cui vengono avanzati corposi dubbi sulla capacità della contrattazione di coprire le esigenze della società oltre le cittadelle del Novecento sindacale, vale oro. Infatti sebbene gli shopper siano una nicchia il loro contratto è un esempio che può essere replicato. Si pensi al lavoro di cura alla persona ingaggiato dalle piattaforme digitali, ai docenti delle ripetizioni scolastiche fino ai più famosi rider che non hanno una loro intesa nazionale ma solo un contratto aziendale di un’unica sigla (Just Eat). Racconta Matteo Parmigiani della Felsa-Cisl, uno dei firmatari dell’intesa: “Si tratta sicuramente di un passo in avanti nella consapevolezza di poter tutelare le nuove figure professionali, di poter fare entrare relazioni industriali moderne in nuove tipologie di lavoro scarsamente regolamentate e dove i rapporti sindacali sono rare o addirittura inesistenti”.
Ma vediamo cosa hanno messo nero su bianco Assogrocery e le confederazioni. Innanzitutto hanno dato corpo a un ossimoro, dare rappresentanza collettiva a un lavoro indipendente. E successivamente sono stati capaci di declinare quest’intuizione lungo tutte le materie (complesse) che rendono concreta la prestazione lavorativa dello shopper. Due appaiono i punti qualificanti e innovativi, a detta di Parmigiani: la trasparenza delle informazioni dell’algoritmo e l’indennità di disponibilità in base alla quale lo shopper è retribuito anche se non gli viene assegnata una corsa. Un unico caveat vale la pena tenerlo a mente: si tratta di una sperimentazione e quindi sarà decisiva ai fini del successo dell’operazione la traduzione dalla carta al campo. Il contratto regola sia il livello delle retribuzioni (12,50 euro all’ora per il 2024 che saliranno fino a 13,50 nel 2026) sia una parte normativa ovvero salute e sicurezza, diritti sindacali, organizzazione del lavoro. La durata media dell’incarico di uno shopper è stata fissata convenzionalmente in un’ora, se dovesse eccedere scatta il pagamento degli straordinari. E’ utile tener presente che per una parte degli shopper le consegne della spesa sono l’unico lavoro, per l’altra invece sono un'occupazione saltuaria e intermittente. La mansione prevede oltre la consegna a domicilio anche la preparazione del carrello degli acquisti.
Lo shopper opera senza vincoli di orario, si avvale di veicoli a quattro ruote ed è libero di dare la propria disponibilità per svolgere il suo lavoro negli slot orari disponibili, nei giorni della settimana prescelti. Il committente – come già detto – è tenuto a informare lo shopper e le organizzazioni sindacali “dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatico deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini del conferimento dell’incarico, della gestione o cessazione del rapporti di collaborazione, dell’assegnazione degli incarichi”. E’ la prima volta che un contratto nazionale (c’era nel protocollo aziendale Just Eat) prevede la trasparenza dl funzionamento dell’algoritmo e per Parmigiani “serve a contrastare le discriminazioni, a evitare una gestione opaca degli incarichi, altrimenti se uno shopper viene tagliato fuori non lavora e non guadagna”. I sindacati saranno capaci di esercitare questi diritti? Per ora non lo sappiamo. Il rappresentante della Felsa-Cisl dice che “è una sfida che va presa sul serio e c’è ampia disponibilità delle controparti a collaborare”. Di sicuro il contratto prevede la nomina di rappresentanti sindacali di base, il diritto di riunirsi in assemblea e l’organizzazione di referendum.
In coerenza con quest’impostazione “socialdemocratica” all’interno di un contratto “liberal” sono previste tutele per la malattia, tutele per la maternità (una buona quota di shopper è donna anche se manca ancora un censimento preciso), norme che regolano la sicurezza sul lavoro e gli infortuni e il diritto di recesso. Delle retribuzioni abbiamo già detto, va aggiunto che è previsto un supplemento per il lavoro domenicale e festivo ed è regolamentata anche la “spesa scomoda” ovvero carico eccessivo di merci e consegna in edifici senza ascensore. Resta da dire dell’indennità di disponibilità (1,30 euro): ha l’obiettivo di pagare il tempo messo a disposizione della piattaforma e ne usufruisce lo shopper che dopo un certo numero di incarichi (50) abbia garantito uno slot orario senza ricevere nessuna proposta di incarico. Infine il bonus 1.000 incarichi che sarà erogato agli shopper che abbiano effettuato quel numero di consegne avendo però anche usufruito di almeno 7 giornate di sospensione continuativa. “Dalla gig economy, dai puri e semplici lavoretti il mercato si sta evolvendo verso la stabilizzazione di alcune specifiche figure professionali, il contratto risponde a questa nuova esigenza e oltre gli shopper ha una platea potenziale di almeno 300 mila persone che lavorano tramite piattaforme digitali”, commenta Parmigiani. Ma la prima volta degli shopper può essere un viatico per riprendere in mano più fattivamente la questione dei rider del food delivery? In via di principio, sicuramente sì.