Un presidio di Magneti Marelli davanti al ministero delle Imprese e del Made in Italy - foto LaPresse

La svolta

Lo stabilimento Marelli di Crevalcore sarà venduto a un euro all'azienda piemontese Tecnomeccanica

Oggi il tavolo con Urso al ministero delle Imprese. La cessione prevede garanzie per i lavoratori e investimenti per 22 milioni di euro 

Oggi pomeriggio la crisi della Marelli dovrebbe ufficialmente essere chiusa. Con un tavolo convocato al ministero delle Imprese, si concluderà la cessione dello stabilimento di Crevalcore a un'azienda di componentistica piemontese, la Tecnomeccanica. La notizia, anticipata ieri dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ha provocato una reazione dei sindacati – "siamo sconcertati che il ministero abbia scavalcato Marelli" – ma conferma una svolta per tutti i dipendenti del sito dell'azienda nella provincia di Bologna.

"Si prospetta per il sito di Crevalcore una soluzione positiva e in continuità sostanziale con l’attuale produzione di Marelli, con l’ingresso di Tecnomeccanica che è un’azienda determinata a valorizzare le proprie competenze e quelle dei lavoratori che andrà ad acquisire", ha detto ieri il ministro. L'azienda di componentistica per automotive comprerà lo stabilimento al prezzo simbolico di un euro. Gli impegni prevedono l'assunzione di 152 dipendenti su un totale di 229 entro il 2024 e un investimento di 22 milioni di euro per continuare a produrre componenti per auto, in continuità con la produzione precedente. L'intenzione, secondo quanto annunciato, è aggiungere nel corso degli anni nuove produzioni, come luci e batterie elettriche.

Per i dipendenti che non saranno riassunti è previsto un incentivo al trasferimento, bonus per le uscite e pensionamenti anticipati. Oltre agli investimenti, invece, l'accordo raggiunto con Tecnomeccanica prevede anche l'affiancamento sia della regione Emilia Romagna nel processo di reindustrializzazione, sia quello di Invitalia, azienda partecipata dallo stato, che dovrebbe supportare l’operazione con un intervento stimabile fra i 5 e i 10 milioni di euro.
 

La crisi aziendale di Marelli si è risolta in tempi piuttosto brevi se paragonata ad altre realtà industriali: l'annuncio di chiusura dello stabilimento di Crevalcore è stato fatto a settembre dello scorso anno, poco più di sei mesi fa. Ma le difficoltà sono iniziate prima. 
 

Nel 2023 il fondo Kkr, proprietario dell'azienda dal 2018, ha preso la decisione di chiudere lo stabilimento in provincia di Bologna a causa del calo d'affari registrato negli ultimi anni. La crisi è stata ufficialmente rincondotta alla transizione energetica: Marelli produce componenti per auto a motore a combustione e la mancanza di investimenti e lungimiranza nel riconvertire i settori industriali all'elettrico hanno causato una diminuzione del fatturato, dal 2017 allo scorso anno, del trenta per cento.
 

Dare la responsabilità unicamente alla transizione energetica è però riduttivo. Come abbiamo scritto sul Foglio, la "rassegna delle colpe" è un po' più ampia e fa capo anche a come Marelli fu acquistata da Marchionne nel 2018, cioè attraverso il "leveraged buyout", che in soldoni vuol dire pagare a debito scaricando gli oneri non sull’acquirente, ma sull’acquisito, grazie alla possibilità di offrire in garanzia l’attività della impresa comprata.


Nella complessa storia di Marelli entra in gioco anche Stellantis, in una cornice di generale declino del comparto automobilistico italiano a discapito della crescita di quello di altri paesi europei come la Repubblica ceca o la Spagna. A questi fattori si sono aggiunte le difficoltà produttive legate alla pandemia e il quadro di politica monetaria internazionale, tra inflazione e aumento dei tassi di interesse. Una ricetta perfetta per una chiusura. 

Le trattative che si concluderanno oggi aprono invece un nuovo scenario per il futuro dello stabilimento bolognese e dei suoi lavoratori.

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