Dibattito inquinato
Il dramma delle morti sul lavoro non si risolve con i capri espiatori
La parola da cerchiare è subappalti. Ma il sistema economico, dai cantieri edili a ogni altro tipo di azienda, è così complesso e articolato in segmenti specializzati da non consentire a nessuna impresa, per quanto grande, di fare tutto da sola
C’è il sistema Pisicchio sul quale si esercita il Giornale novello campione della “questione morale”. C’è il sistema del Pnrr. C’è il nuovo codice. E c’è l’appalto, un mostro che s’aggira per l’Italia tenendo per mano il suo ancor più mostruoso figliolo, il subappalto. Su Pisicchio & Co. noi che siamo garantisti a tutto campo (largo e stretto, di destra e di sinistra) lasciamo lavorare la magistratura. Sul Pnrr possiamo solo constatare che nonostante tutte le conclamate scorciatoie, siamo di fronte alla richiesta di rinvio; un anno, fino al 2027 almeno. Sul nuovo codice gran pietra dello scandalo, anzi ancor peggio, arma di distruzione di massa che consente la strage degli innocenti lavoratori (l’ultimo dramma si sarebbe consumato nella centrale idroelettrica di Suviana), è difficile districarsi tra i suoi 229 articoli. Si possono legittimamente contestare le varie norme, ma non si può certo parlare di “liberi tutti”, di de-legificazione, privatizzazione, mercato selvaggio con annessi e connessi. A ciascuno il suo, le procure indaghino, i sindacati si battano per difendere i lavoratori, monsignor Zuppi o anche il presidente Mattarella esercitino la loro moral suasion. Ma su una questione tanto seria come le morti sul lavoro regna la confusione. Viene confusa soprattutto l’organizzazione del lavoro e della produzione nelle imprese contemporanee con gli abusi che ne stravolgono sia gli scopi sia le strutture.
Il sistema economico, dai cantieri edili a ogni altro tipo di azienda, è così sofisticato, complesso, articolato in segmenti specializzati da non consentire a nessuna impresa per quanto grande di fare tutto da sola. Non ne ha le risorse finanziarie, tecnologiche, professionali. Quindi si deve affidare a imprese specializzate nei vari segmenti del ciclo produttivo. E’ un sistema mostruoso? O è necessario, anzi, utile per garantire i migliori risultati nel minor tempo possibile e senza sprecare fatica, denari, posti di lavoro?
Il nuovo codice all’articolo 1 recita: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e un miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo nel principio del rispetto della legalità, trasparenza e concorrenza”. E’ orrendo tutto ciò? E che dire del secondo comma: “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare e conseguire i contratti …. Il principio del risultato è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi della Ue”. Inoltre “resta confermata la responsabilità solidale dell’appaltatore e del subappaltatore nei confronti della Stazione Appaltante”. Che cosa c’è di perverso? La polemica si concentra sul subappalto detto a cascata che prima era sempre vietato. Confusion de confusiones perché lo si confonde con la cessione del contratto che resta proibita e non è possibile cedere a terzi né l’integrale né “la prevalente esecuzione delle lavorazioni e dei contratti ad alta intensità di manodopera”. Sull’aggettivo “prevalente” si spacca già il capello in quattro: vuol il dire il 50,1 per cento o che altro? Lasciamo alle inchieste giudiziarie stabilire chi ha sbagliato, chi ha imbrogliato, chi ha malversato. Ma smettiamola di inquinare il dibattito. Si usa dire che la moneta cattiva scaccia quella buona. Vale anche per l’informazione.