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Cosa si gioca oggi Tim con l'assemblea sul rinnovo del cda (Labriola a parte)

Stefano Cingolani

Oggi sarà una giornata cruciale con tre liste a confronto: quella dell'amministratore delegato, quella del fondo Merlyn e quella del fondo BlueBell. In mezzo c'è il gruppo francese Vivendi. Contano più i manager o gli azionisti? 

Un’assemblea che farà storia: nel giorno che può diventare decisivo per la sorte di Tim, enfasi e superlativi si sprecano. Anche se di assemblee storiche la Telecom Italia non è stata certo parca nell’ultimo quarto di secolo, cioè dalla privatizzazione in poi, oggi sarà una giornata cruciale. Si confrontano tre liste: quella guidata da Pietro Labriola, l’amministratore delegato, espressione del consiglio di amministrazione uscente, che naturalmente propone la continuità; quella del fondo Merlyn che candida l’ex manager Stefano Siragusa e quella del fondo BlueBell di Giuseppe Bivona. C’è poi il convitato di pietra, il gruppo francese Vivendi che fa capo a Vincent Bolloré, primo azionista con il 23,7 per cento, contrario alla cessione della rete fissa al prezzo attuale (circa 20 miliardi di euro), che s’è messo di traverso rispetto a Labriola e all’intero consiglio.

Tre azionisti sia pure con peso ben diverso: due fondi d’investimento e un grande gruppo internazionale di proprietà francese, radicato anche negli Stati Uniti. Dall’altra parte della barricata, un vertice espressione di se stesso anche se ha dalla sua alleati importanti: la Cassa depositi e prestiti che possiede il 10 per cento del capitale, BlackRock, Norges Bank, Vanguard, Amundi, ciascuno con quote inferiori al 2 per cento (accusati da BlueBell di un patto occulto con il cda). Proprietà e gestione a confronto, patron e manager l’un contro l’altro armati, il governo italiano che non fa l’arbitro, ma gioca contro l’azionista francese. L’Assonime avrà da lavorare con le sue analisi sulla governance, il Parlamento stesso avrà di che riflettere nel momento di mettere ordine e riformare le norme sulla finanza e la gestione delle imprese. Vivendi fino all’ultimo non ha rinunciato a dar battaglia, chiamando in aiuto anche la Consob francese perché Labriola non avrebbe fornito in tempo le vere cifre del debito. Schermaglie della vigilia o tamburi di guerra? Prevale l’ipotesi che Vivendi si astenga, ma tutto dipende da che cosa Bolloré ha detto domenica al suo plenipotenziario Arnaud de Puyfontaine.

Le tre liste presentano anche tre strategie diverse. Quella di Labriola fa perno sullo scorporo della rete fissa venduta al fondo americano KKR (mentre Sparkle verrà acquistata dal Tesoro), per concentrare nei servizi una Tim più magra, snella, con meno debiti e meno dipendenti. Una scelta per molti versi obbligata se non si vuole arrivare di qui a poco a un salvataggio (alla fine di stato) per evitare il fallimento della compagnia. Al fondo Merlyn Partners non basta: con la sua lista chiamata TValue, vuole vendere sia la rete sia la gallina d’oro Tim Brasil (che tra l’altro è stata guidata a lungo proprio da Labriola) più qualche altro spezzatino. Ma la differenza di fondo è che la rete, sia pur ceduta, dovrebbe restare in mani italiane, sotto la guida della Cassa depositi e prestiti. 

Merlyn (che richiama il mitico mago alla corte di Artù) è stato fondato nel 2018 da un gruppo di manager e finanzieri italiani, tra i quali Alessandro Barnaba, romano, che ha lavorato per 24 anni in JP Morgan. E’ entrato anche nello sport acquistando in Francia la squadra di calcio del Lille, aiutando Dan Friedkin a comprare la Roma e manifestando un forte interesse per la Sampdoria che non è andato a buon fine.

Anche BlueBell è un fondo italiano seppur domiciliato a Londra. Lo guida Giuseppe Bivona (ex Morgan Stanley) insieme al suo socio Marco Taricco (già in JP Morgan). Fa parte della categoria dei fondi attivisti che intervengono nella vita delle società. Nemico giurato di Mediobanca o meglio del suo amministratore delegato Alberto Nagel, è sceso in campo anche durante la crisi del Monte dei Paschi di Siena attaccando a testa bassa Alessandro Profumo, con lettere di fuoco a Mario Draghi allora presidente della Bce e a Matteo Renzi capo del governo. Alla fine, Mps è stata costretta a rivedere i bilanci. BlueBell si paragona al fondo Amber Capital che con piccole quote diventa protagonista in battaglie assembleari come quelle in Parmalat contro Lactalis e in Impregilo contro Gavio e a favore di Salini; ora appoggia Pier Silvio Berlusconi contro il vertice di Prosiebensat, anche se il co-fondatore, il francese Joseph Oughourlian, nel 2017 durante la scalata di Vivendi, aveva attaccato la gestione di Mediaset. BlueBell ha una posizione simile a quella francese contraria alla vendita della rete.

Oggi dovrebbe essere rappresentato il 60 per cento del capitale, i voti si conteranno uno ad uno, secondo una impostazione di democrazia economica che non segue le direttive del disegno di legge capitali da poco approvato. L’esito sarà decisivo per il futuro del maggior gruppo italiano di telecomunicazioni insidiato da concorrenti agguerriti: Swisscom con Fastweb e Vodafone Italia, Windtre, Iliad, mentre arriva Elon Musk con Starlink. La concorrenza c’è, sarà sempre più forte e, con buona pace dei nazionalizzatori, nemmeno la rete diventerà unica.

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