Prospettive negative
Piano piano i mercati iniziano a fare i conti del disastro Superbonus
Nel paese si sta facendo largo la consapevolezza di come una misura venduta come “popolare” si sia rivelata, invece, una manna per chi possiede immobili e per i costruttori. Una sorta di “patrimoniale al rovescio”, come l’ha definita oggi Monti
Il senatore a vita Mario Monti ha definito il Superbonus “la più grande e perversa redistribuzione del reddito che si potesse immaginare”. Nel senso che la ricchezza di tutti i contribuenti è stata trasferita ai proprietari di case. E ce l’aveva più con le opposizioni che con il governo Meloni, come ha lui stesso precisato. Piano piano nel paese si sta facendo largo la consapevolezza di come una misura venduta come “popolare” si sia rivelata, invece, una manna per chi possiede immobili e per i costruttori. Una sorta di “patrimoniale al rovescio”, come l’ha definita Monti.
Ciò di cui, invece, sembra esserci ancora scarsa coscienza è quanto gli incentivi edilizi degli ultimi tre anni, in particolare quelli al 110 per cento, stiano peggiorando i conti pubblici. E questo anche perché i mercati finanziari non hanno mostrato alcun tipo di reazione di fronte al fatto che il governo Meloni, nel suo ultimo Def, ha aumentato l’impatto previsto sul debito del Superbonus. Lo spread continua a navigare intorno a 130 punti base, livello considerato tollerabile un po’ da tutta la classe politica benché sia almeno il doppio della media dei paesi europei. Come mai tanto aplomb?
Nicola Nobile, economista della società di ricerche e consulenza Oxford Economics spiega al Foglio che esiste un rischio evidente che “i mercati finanziari non abbiano ancora colto l’impatto negativo che tali misure avranno sulle dinamiche future del debito”. Insomma, gli investitori, di solito molto severi nel valutare i conti pubblici dell’Italia, non avrebbero ancora messo bene a fuoco la situazione. Possibile? “Non c’è da sorprendersi, i meccanismi del Superbonus e di come influenzeranno la traiettoria del debito dell’Italia nei prossimi anni sono particolarmente complessi da interpretare – dice Nobile al Foglio – . Basta parlare con alcuni operatori esteri per constatare che fanno fatica a capire come saranno spalmati 160 miliardi di crediti fiscali in quattro anni e quanto sia realistico che vi possa essere un allungamento a dieci. Così per adesso confidano nell’effetto positivo che avrà il taglio dei tassi d’interesse da parte della Bce sui rendimenti dei Btp e nella resilienza dimostrata post pandemia dal paese rispetto all’Eurozona”.
Ma se non c’è allarme sui mercati allora perché preoccuparsi? “Perché il 7,4 per cento potrebbe non essere l’ultimo numero”, replica Nobile riferendosi al disavanzo del 2023, certificato dall’Istat in aumento di oltre due punti percentuali rispetto alle previsioni dello scorso autunno. “Non escludo che a settembre potremo vedere numeri nuovi, ancora più alti, poiché non abbiamo tutte le informazioni necessarie per arrivare alla conclusione che il danno del Superbonus sui conti pubblici si fermi lì”. Quel che è certo, secondo Oxford Economics, è che il debito pubblico dell’Italia sarà gonfiato nei prossimi anni proprio per effetto dell’aumento degli incentivi fiscali al settore edile, che complessivamente sono stati pari a 230 miliardi negli ultimi tre anni. Tali incentivi, che hanno preso la forma di crediti d’imposta, si tradurranno in maggiori esigenze di finanziamento da parte dello stato quando verranno rivendicati. “Secondo i nostri calcoli, ciò ammonterebbe a circa il 2 per cento del pil all’anno nel periodo 2024-2026, il che implica che il debito pubblico come percentuale del pil continuerà ad aumentare”.
Sono diversi gli osservatori internazionali che i conti cominciano a farli. Fitch Ratings, per esempio, ha evidenziato come “la spesa Superbonus dell’Italia ponga il suo rapporto debito/pil su una traiettoria ascendente” e come il conseguente ridotto spazio fiscale “potrebbe complicare la definizione di politiche di spesa e aumentare le tensioni all’interno della coalizione di governo”. Secondo Fitch, il debito rispetto al pil raggiungerà il 142,3 per cento nel 2027, quasi 3 punti sopra le previsioni del Def (139,6 per cento). Quel che si sta rivelando molto complicato per l’esecutivo di Giorgia Meloni è, da un lato, come pagare il conto del presunto “pasto gratis”, come lo definisce l’economista Veronica De Romanis nel suo ultimo libro, offerto agli italiani nell’ultimo triennio e, dall’altro, come aggiustare il bilancio senza penalizzare troppo la crescita. La speranza è sempre che, prima o poi, il Pnrr faccia sentire il suo impatto sul pil, che finora non si è visto. Servirebbe comunque solo a limitare i danni di un debito che, sicuramente, continuerà a crescere.