UN CONSIGLIO DI LETTURA DI UN NOSTRO PARTNER: DUFERCO
Perché la crisi del Mar Rosso è un'opportunità per l'Italia
Se un paese come il nostro, grazie alla sua posizione nel Mediterraneo, riuscisse a promuovere una nuova interazione tra oriente e occidente e costruendo una presenza economica e politica forte in Africa, attraverso investimenti per il sostegno di quel continente, aprirebbe una nuova prospettiva geopolitica oltre che favorire l’accesso a nuovi mercati di sbocco alle imprese
La crisi di Suez ha avuto il merito di rilanciare il dibattito sul ruolo dell’Italia nel Mar Mediterraneo. Il tema non è nuovo ma non se ne sentiva parlare da un po’ considerando che la globalizzazione ha favorito un approccio ai mercati senza perimetri geografici. Ma il mondo sta cambiando in fretta e il crescendo di tensioni geopolitiche degli ultimi anni ha evidenziato la nuova centralità che il Mediterraneo, da piccolo e strategico mare – rappresenta solo l’1 per cento delle acque del pianeta, ma vi passa il 20 per cento dei traffici commerciali del mondo – è andata riacquistando grazie alla sua posizione di punto di incontro tra i mercati dell’Atlantico e del nord Europa, da una parte, e quelli dell’Asia e dell’Africa, dall’altra.
È opinione diffusa che l’interruzione di questo interscambio est-ovest, dovuto alla guerra in medio oriente, è solo un aspetto di un processo più ampio di allontanamento politico ed economico tra occidente e mondo asiatico che porta con se il rischio di una frammentazione globale e la nascita di nuove sfere di influenza economica.
È in questa prospettiva che è nato, ad esempio, il concetto di reshoring, vale a dire il ritorno in occidente delle catene globali del valore. Nel Mediterraneo, però, si intrecciano i fili di tante di queste catene, proprio per il fatto di essere sempre stato un centro nevralgico d’interesse mondiale ed è per questo che viene richiesto all’Europa di avere una strategia, che al momento ancora non si vede nonostante sia sotto gli occhi di tutti che le navi cinesi e russe abbiano a un certo punto cominciato a competere in modo sleale con quelle occidentali spingendo queste ultime su rotte commerciali più lunghe e costose.
Qual è la risposta a tutto ciò? Di certo, non l’isolamento. Se un paese come l’Italia, grazie alla sua posizione nel Mediterraneo, riuscisse a promuovere una nuova interazione tra oriente e occidente, coinvolgendo altri paesi asiatici, come l’India, e costruendo una presenza economica e politica forte in Africa, attraverso investimenti per il sostegno di quel continente, aprirebbe una nuova prospettiva geopolitica oltre che favorire l’accesso a nuovi mercati di sbocco alle imprese del paese. C’è chi, come il presidente di Federacciaio e di Duferco, Antonio Gozzi, sostiene che la crisi del Mar Rosso potrebbe accelerare il processo di “reshoring mediterraneo” a vantaggio dell’Italia soprattutto ora che il governo punta a favorire una maggiore cooperazione con il continente africano. Insomma, le sfide attuali si possono trasformare in opportunità strategiche per riportare le aziende in Europa e il piano Mattei può giocare un ruolo cruciale. Attenzione però perché proprio la siderurgia italiana, che ogni anno esporta circa il 50 per cento della propria produzione e vanta un primato nella decarbonizzazione, ha bisogno di porti che funzionino e che siano aperti al commercio internazionale, senza troppi vincoli e barriere geografiche. E lo stesso discorso vale per tutto l’export italiano, che è uno dei pilastri su cui si regge il pil del paese. In sintesi, il Mediterraneo può essere una delle nuove aree di influenza globale, ma non può chiudersi, anzi deve essere capace di spiegare e diffondere i valori occidentali della libertà di pensiero, della libera impresa, delle garanzie costituzionali e di un capitalismo inclusivo. Conquistare questo ruolo passa non solo per una visione strategica chiara ma per la capacità di proporre e realizzare progetti concreti, per esempio nel campo delle energie rinnovabili, dell’agricoltura avanzata e della cybersicurezza, in paesi come Algeria, Libia, Tunisia, Grecia, Macedonia, Albania, Montenegro, i quali rappresentano una nuova frontiera del mondo che cambia.