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L'analisi

Il mattone è in bilico in mezzo mondo, ma l'Italia ha imparato la lezione

Mariarosaria Marchesano

Mentre gli Stati Uniti e la Cina affrontano problemi con il mercato immobiliare residenziale e commerciale, il nostro paese sembra essere relativamente immune grazie a una gestione prudente del settore, come certificato anche da Bankitalia

In America una nuova crisi potrebbe arrivare dal mercato immobiliare, i cui prezzi stanno tornando a gonfiare l’inflazione. In Cina il crac di Evergrande e di altri gruppi del settore ha già scosso il sistema economico, pur senza generare contraccolpi a livello globale. In Europa è il settore degli immobili commerciali a destare maggiori preoccupazioni: in Germania e Austria lo scoppio della bolla sta coinvolgendo banche e imprese.
 

In questo scenario di mattone turbolento l’Italia dorme sonni tranquilli. Lo ha certificato anche la Banca d’Italia nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria, in cui ha fatto notare come tra rischi sistemici dell’Eurozona ci sia una potenziale crisi del settore immobiliare che, però, non tange il nostro paese. Il tema è sensibile se il vice presidente della Bce, Luis de Guindos, nel suo intervento del 29 aprile, ha spiegato che in questo momento i mercati immobiliari “sono al centro dell’attenzione”. Quello che sta accadendo è che mentre il settore residenziale ha avuto un andamento più ordinato, quello commerciale e quello degli uffici hanno dovuto fare i conti con gli elevati tassi di interesse della Bce, che hanno fatto lievitare il costo dei finanziamenti degli operatori, e il lavoro da remoto che ha svuotato interi palazzi dove risiedono industrie, banche e assicurazioni.
 

Sicuramente anche in Italia si sentono i contraccolpi di queste dinamiche, ma non al punto da rappresentare un pericolo per il sistema finanziario. Eppure, c’è stato un tempo non lontano in cui il mattone ha fatto tremare le banche italiane. Mentre a livello globale si preparava la grande crisi finanziaria generata dai mutui subprime, il paese viveva la stagione dei “furbetti del quartierino”: Ricucci, Coppola, Zunino, Statuto erano i nomi degli immobiliaristi che, sebbene con sfumature anche molto diverse, hanno dominato la scena nei primi anni Duemila, ampiamente sostenuti da alcuni istituti di credito. Non a caso di quella stagione si ricorda sempre l’ascesa del banchiere Giampiero Fiorani. Oggi la Bce nei suoi report ricorda che “i boom immobiliari alimentati dal credito possono comportare rischi per la stabilità finanziaria a causa degli importanti collegamenti diretti e indiretti tra i mercati immobiliari, l’economia e il sistema finanziario”. Ma all’epoca la vigilanza non era così severa come poi sarebbe diventata in seguito anche ai numerosi crac bancari che nella crisi immobiliare ebbero in alcuni casi origine. Quando si sgonfiarono i prezzi, le banche si trovarono sovraesposte nei confronti delle imprese del settore alle quali avevano alcune volte erogato prestiti con una leva anche dell’80-90 per cento. In pratica, il valore di mercato dei cespiti era diventato inferiore al valore del finanziamento. Che poi è quello che è accaduto con il gruppo austriaco Signa, fondato dal rampante René Benko, imprenditore tirolese di 47 anni, che nel suo recente tracollo ha coinvolto un discreto numero di banche del nord Europa (tra gli istituti esposti, anche Unicredit).
 

Ogni stagione ha avuto i suoi “furbetti” e Benko, dopo essere stato amico di famiglie blasonate come i Peugeot, i Rausing e i Berger, è diventato l’uomo simbolo della crisi del mattone mitteleuropeo. Lo scoppio della bolla immobiliare in Italia ha generato 345 miliardi a fine 2014 (come valore lordo). Un’era glaciale fa, anche se sono passati solo dieci anni. In mezzo c’è stato il grande lavoro di pulizia dei bilanci e la stagione delle crisi bancarie con la cancellazione di realtà come le Venete e Banca Etruria e l’intervento dello stato in Mps. Oggi le sofferenze sono pari a 18 miliardi e il tasso di default nei prestiti immobiliari è considerato non allarmante, grazie a prezzi che non hanno corso troppo negli ultimi anni come nel resto d’Europa e a pratiche di erogazione del credito molto più prudenti. Al posto di singoli rampanti immobiliaristi, almeno nelle operazioni più rilevanti si vedono grandi investitori internazionali come Blackstone, Landlease, Hines o nazionali come Coima e Kryalos. E per adesso la stabilità finanziaria sembra averne guadagnato.

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