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Più gare per tutti

Il capo dell'Anac spiega perché combattere la corruzione con la concorrenza non è un tabù

Giorgio Santilli

Da mesi Busìa denuncia la riduzione del tasso di trasparenza nel nuovo codice degli appalti e nelle tante deroghe: servono più gare. La Relazione annuale alla Camera

Le inchieste della Procura di Genova – e prima ancora la denuncia dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) sull’appalto della diga foranea nel porto ligure – sono la punta dell’iceberg di un sistema degli appalti che sta diventando malato. E’ il pensiero di Giuseppe Busìa, presidente di Anac, che oggi ha tenuto la sua Relazione annuale alla Camera, ricordando che sulla corruzione “nonostante gli sforzi compiuti, l’Italia registra ancora dati poco incoraggianti”. La lezione di Busìa riporta dritta alle tinte fosche dei tempi di Tangentopoli. 

La corruzione – spiega Busìa – “anche quando non uccide, arreca danni inestimabili, affinando le sue armi con mezzi sempre più subdoli: opere non ultimate, o completate con smodati ritardi e sperpero di risorse pubbliche; imprese sane che falliscono a causa di un mercato poco aperto e trasparente; giovani eccellenze costrette a cercare all’estero chances di realizzazione professionale, sottratte in patria da concorsi poco trasparenti”. L‘affondo del presidente Anac mira soprattutto a quelle “disposizioni che, oltre a limitare il grado di controllabilità delle procedure, se non adeguatamente presidiate, rischiano di provocare significativi aumenti dei costi dei contratti”. Da mesi Busìa denuncia la riduzione del tasso di concorrenza e di trasparenza nel nuovo codice degli appalti e nelle tante deroghe, là dove si è privilegiato, per le piccole e medie opere, l’assegnazione dell’appalto senza lo svolgimento di una gara formale, ma con un affidamento fatto direttamente dal committente all’impresa. “Le opere fatte senza gara – dice il presidente di Anac – in accordo diretto con l’impresa, scaricando sullo stato i costi di imprevisti e varianti che già si sa ci saranno, dovendo rimborsare gli esclusi dalla gara, sono l’esempio di come non vadano fatte le grandi opere”. Su questo punto Busìa è in perfetta sintonia con il mondo delle imprese, a partire dai costruttori dell’Ance, che della concorrenza e della trasparenza hanno fatto la loro bandiera, arrivando a denunciare che oltre il 60% del mercato degli appalti è senza concorrenza.

I numeri di Busìa sono ancora più crudi. “Nel 2023 – dice – gli affidamenti diretti hanno rappresentato, per numero, oltre il 90% del totale. La percentuale sale oltre il 95% se si considerano le procedure negoziate”, cioè affidamenti dopo un sondaggio informale presso più imprese. Ormai, per i piccoli servizi di importo inferiore ai 140mila euro non c’è più neanche l’obbligo di chiedere un preventivo. “Avevamo evidenziato – ricorda Busìa – il conseguente rischio di affidamenti agli operatori più vicini e collegati, invece che a quelli più meritevoli, con un prevedibile aumento dei costi”. Parla degli affidamenti ai sodali, agli amici, ai cugini e ai cognati, molto diffusi. “Adesso serve un riconoscimento normativo nel presupposto che, se non vi sono particolari profili di urgenza, sia opportuno verificare cosa propone il mercato, così da offrire ai cittadini le soluzioni migliori e più convenienti”. E’ cambiato il vento proprio sulla concorrenza. La settimana scorsa le categorie professionali degli ingegneri e degli architetti hanno sparato sull’Anac che ha detto, in sostanza, di preferire la concorrenza con gara all’equo compenso che tutela i professionisti con un prezzo fisso. Apriti cielo! “Visione della concorrenza superata dal codice degli appalti”, hanno tuonato esplicitando il pensiero che è anche di gran parte della politica, soprattutto a destra. Ma Busìa ha voluto accendere un faro su un aspetto meno noto (e più inquietante) delle norme recenti: “Le disposizioni che, in caso di annullamento degli affidamenti finanziati dal Pnrr, non prevedono la caducazione del contratto affidato illegittimamente, ma riconoscono il diritto al risarcimento agli operatori pretermessi, col risultato che la stazione appaltante finisce per dover remunerare entrambi”. In sostanza, se un imprenditore prende un appalto illecitamente, dopo che gli è stato tolto l’appalto, viene comunque risarcito. “È quanto rischia di accadere per la diga foranea di Genova, sulla quale l’Autorità è recentemente intervenuta”, è il siluro di Busìa. E non sfugge che qui il presidente dell’Anac mette in conto esiti dirompenti della sua indagine e delle inchieste della Procura su quell’appalto. Ma c’è qualcosa che può aprire questo cielo cupo? Il Pnrr, ovviamente: è ancora “un’opportunità irripetibile per colmare le lacune e i ritardi storici del paese” e Busìa nota maliziosamente che “alla sua attuazione il governo attribuisce ben il 90% (+0,9%) della pur modesta crescita attesa per il 2024 (+1%)”. Ma “non possiamo permetterci insuccessi o battute d’arresto, specie sulle riforme”. Ma lo spiraglio di sole dura meno di due minuti. “La strada è ancora lunga e, con l’avvicinarsi della scadenza del 2026, la salita diverrà sempre più ripida”. Aprire un cantiere “non basta certo ad assicurare il completamento dei lavori in tempo utile e in modo adeguato: lo dimostrano chiaramente i dati preoccupanti sulla spesa effettiva, risultanti dal sistema informativo Regis”.
 

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