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La sveglia per l'Ue sul mercato dei capitali. Parla il capo economista di S&P Global Ratings
L'unione dei mercati dei capitali offre una chiara roadmap per il progresso, volto a sbloccare il potenziale del risparmio europeo per gli investimenti nazionali. L'obiettivo è aprire la strada a un’economia più dinamica e resiliente
“E’ fondamentale riconoscere l’importanza cruciale delle prossime elezioni europee. L’economia europea sta vivendo un momento sfidante e sta perdendo terreno rispetto a concorrenti globali come Stati Uniti e Cina. Nonostante abbia evitato la recessione e si sia avvicinata a un livello di piena occupazione, il declino della produttività, particolarmente evidente in Paesi Bassi, Francia, Germania e Italia, evidenzia la necessità di intervenire collettivamente. L’esortazione di Enrico Letta a ridefinire il mercato unico evidenzia la necessità di uno sforzo congiunto per affrontare queste sfide”. Sylvain Broyer, capo economista Emea (Europa, più medio oriente e Africa) di S&P Global ratings ricorda al mondo politico, assorbito da una campagna elettorale quasi tutta incentrata su tensioni belliche e questioni interne ai vari paesi, che si sta andando alle urne per rinnovare istituzioni che dovranno occuparsi di questioni fondamentali come evitare che l’Eurozona perda terreno nel confronto con Cina e Stati Uniti. E nel farlo Broyer cita il rapporto presentato dall’ex presidente del Consiglio italiano a Bruxelles un mese fa (“Much more than a market”) che, tra le varie cose, ha messo a fuoco un fenomeno paradossale.
Nell’Unione europea ci sono 33 mila miliardi di risparmi privati, di cui il 34 per cento è detenuto sui conti correnti. “Questa ricchezza – ragiona Letta nel rapporto – tuttavia non viene sfruttata appieno per soddisfare le esigenze strategiche dell’Ue, una tendenza preoccupante è la diversione annuale delle risorse europee verso l’economia americana e i gestori patrimoniali statunitensi”. Al danno si aggiunge la beffa: i 300 miliardi che ogni anno defluiscono dall’Europa verso gli Stati Uniti fanno poi ritorno sotto forma di investimenti in società europee realizzati dagli asset manager americani. Un girotondo diseconomico per l’Europa. Il tema del mercato unico dei capitali è ampiamente sottovalutato nel dibattito pubblico. Per la sua complessità, non si adatta ai talk-show televisivi, anche se forse basterebbe spiegare, come fa Broyer, che l’Europa possiede le risorse necessarie, sia finanziarie che istituzionali, per rafforzare la propria economia e che se questo non avviene è perché qui ci sono tanti piccoli mercati rispetto agli Stati Uniti che ne hanno uno più armonizzato. Praticamente, tanti topolini contro un elefante. La strada suggerita dall’ex presidente del Consiglio è sviluppare un mercato finanziario attraente ed efficiente all’interno dell’Europa attraverso cui attivare almeno una parte degli investimenti che serviranno a sostegno della doppia transizione energetica e digitale. “Un’Unione del risparmio e degli investimenti ben funzionante non solo manterrebbe questi vasti bacini di risparmio privato in Europa, ma renderebbe anche gli investimenti nel continente più attraenti sia per i residenti dell’Ue che per gli investitori stranieri”. Insomma, se da un lato, la ricchezza privata può contribuire a finanziare la crescita dell’economia europea, dall’altro i cittadini potrebbero guadagnarci come di solito accade nei paesi anglosassoni. Del mercato unico dei capitali si discute da anni, ma il merito di Letta è sollecitare uno sforzo comune dei paesi alla vigilia di un importante appuntamento elettorale.
Sforzo colto dall’analisi dell’economista di S&P: “Come riconosciuto da Letta – osserva Broyer – l’unione dei mercati dei capitali offre una chiara roadmap per il progresso. Il raggiungimento dei suoi obiettivi rappresenterebbe un significativo passo in avanti, sbloccando il potenziale del risparmio europeo per gli investimenti nazionali. Le misure chiave, tra cui l’integrazione dei mercati azionari, le riforme fiscali e il perfezionamento delle leggi fallimentari, possono aprire la strada a un’economia europea più dinamica e resiliente”. Ovviamente, ricorda Broyer, il progetto è “nelle mani dei responsabili politici” e richiede un Parlamento europeo “agile” e una Commissione “altamente impegnata”.