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L'analisi

Oltre a quello bancario, l'Europa ha bisogno del consolidamento dell'industria della Difesa

Mariarosaria Marchesano

Il rapporto di Mediobanca sull'industria mondiale della guerra dà alcuni suggerimenti al Vecchio continente per superare la sua condizione di inferiorità rispetto ad altri paesi e aree del mondo: la Difesa deve concentrarsi intorno a pochi, grandi, attori

Per uscire dalla condizione di inferiorità rispetto ad altri paesi e altre aree del mondo, l’industria della difesa europea ha due opzioni che non si escludono tra di loro. La prima è il consolidamento, vale a dire la concentrazione di mercato intorno a pochi grandi attori. La seconda passa attraverso lo sviluppo di progetti congiunti in cui il committente non è un singolo stato ma un insieme di stati. Nell’ampio rapporto di Mediobanca che ha acceso un focus sull’industria bellica mondiale si trovano alcuni suggerimenti sulle strategie da adottare e una è senza dubbio la creazione di “campioni” del settore. “Quello che gli stati europei dovrebbero fare è mettere la propria autonomia in secondo piano e impegnarsi in modo più cooperativo per colmare i gap esistenti”, dice l’area studi di Piazzetta Cuccia.
 

Insomma, oltre che del consolidamento bancario, l’Europa ha bisogno del consolidamento militare, tema di cui c’è ancora scarsissima consapevolezza. E la ragione nasce da un equivoco di fondo. Negli ultimi tempi, infatti, si è sentito molto parlare delle stupefacenti performance di Borsa dei gruppi tecnologici e bellici europei. E anche nel primo trimestre 2024 i rendimenti azionari dell’industria bellica hanno superato quelli della moda e del settore media&entertainment. Inoltre, le prime tre società europee, la britannica Bae System, l’italiana Leonardo e la francese Thales, che sono anche tra le più avanzate e competitive al mondo, sebbene dietro le americane, hanno visto il loro valore di mercato esplodere da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Però, il fatto che queste aziende godano di ottima salute non va confuso con lo stato in cui versa il sistema della difesa europeo che, dice Mediobanca, è di sostanziale subalternità nei confronti degli Stati Uniti. E questo per tre ragioni: la frammentazione istituzionale delle politiche di difesa (il baricentro del potere rimane all’interno degli stati membri); la spesa militare è limitata (la media europea resta intorno all’1,5 per cento, ben al di sotto dell’obiettivo del 2 per cento che i paesi Nato si sono impegnati a raggiungere entro il 2028); la scarsa propensione dei paesi a cooperare in iniziative comuni. A pensarci, infatti, Leonardo ha avviato un programma strategico e super avanzato tecnologicamente come il Gcap in collaborazione con il Regno Unito e il Giappone e non con Francia e Germania, i quali sarebbero potuti essere partner naturali se non avessero già promosso un progetto analogo per conto loro.
 

Quest’approccio di scarsa cooperazione, qualsiasi siano le ragioni storiche, andrebbe superato con l’obiettivo di affrontare insieme “sfide sistemiche”, che poi vuol dire garantire la sicurezza degli abitanti dell’Europa. “Se sarò di nuovo presidente della Commissione europea, istituirò un commissario per la Difesa. Penso sia ragionevole”, ha detto di recente Ursula von der Leyen. Un impegno ricordato nel rapporto Mediobanca insieme con l’esortazione del ministro della Difesa, Guido Crosetto, “a mettere insieme le tecnologie europee migliori per diventare più forti”. Del resto, l’Italia avrebbe tutto da guadagnare da una maggiore coesione visto che, al contrario di quanto si possa pensare, la spesa pubblica nazionale per armamenti, sebbene in crescita, è inferiore alla media europea e lo stesso Crosetto ha fatto capire che l’obiettivo del 2 per cento del pil potrebbe slittare oltre il 2028. Nella classifica globale, l’Italia è settantacinquesima con l’1,6 per cento del pil (era l’1,4 per cento nel 2013 e pari al 2,8 per cento nel 1963). E negli ultimi dieci anni la spesa pubblica militare è aumentata in termini percentuali molto meno rispetto all’Unione europea (più 20 per cento vs più 43 per cento).
 

Questo gap rende ancor più sorprendente lo sviluppo che hanno avuto imprese come Leonardo ma anche Fincantieri, che sta intensificando l’attività nel settore della difesa navale. Leonardo è il secondo produttore europeo per fatturato, anche se, a ben guardare, vive soprattutto di commesse estere poiché realizza solo il 18 per cento dei ricavi in Italia (il restante 82 per cento è suddiviso tra Europa, Stati Uniti e resto del mondo). Fincantieri, invece, fa il suo ingresso nella classifica dei primi dieci gruppi europei piazzandosi al nono posto per fatturato e al sesto per performance di Borsa.

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