Il primato

Rischio Italia. Nel 2028 il debito pubblico sarà il più alto d'Europa

Luciano Capone

In quattro anni il debito/pil salirà al 143,7%, superando quello della Grecia che scenderà al 140,1% (dal 161,9%). Per Scope Ratings serve un aggiustamento da 135 miliardi (pari al Superbonus)

È facile individuare le condizioni che possono provocare una crisi finanziaria, ma è molto difficile prevedere quando si scatenerà. Un teorema del compianto Rudi Dornbusch, importante economista del Mit, dice che le crisi finanziarie impiegano molto più tempo ad arrivare di quanto si pensi, ma quando poi arrivano sono molto più veloci di quanto si potesse pensare.

L’Italia è in una condizione del genere: ha un debito pubblico elevato e su una traiettoria ascendente, ma si trova in una situazione di relativa tranquillità sui mercati. Eppure, tutto potrebbe precipitare piuttosto repentinamente. Il trend è chiaro da tempo: l’Italia, nel giro di qualche anno, scipperà alla Grecia il primato del debito pubblico più alto d’Europa.

Lo indicano, chiaramente, le recenti proiezioni della Commissione europea. Nelle previsioni economiche di primavera, Bruxelles indica che il debito pubblico italiano salirà dal 137,3% del 2023 al 141,7% del 2025: +4,4 punti in due anni, quasi il triplo del +1,6 previsto nel Def da Giorgetti e Meloni (debito al 138,9% nel 2025).

Di contro la Grecia, che ora detiene il primato europeo, è il paese che vedrà scendere il debito più rapidamente di tutti: dal 161,9% del 2023 al 149,3% del 2025: -12,6 punti in due anni. La discesa è ancora più impressionante se si parte dal picco del 207% raggiunto dalla Grecia nel 2020: -57,7 punti in cinque anni. Circa 30 punti in meno rispetto al livello pre Covid (180,6% nel 2019), mentre l’Italia nel 2025 avrà ancora un debito superiore di 7 punti rispetto a prima della pandemia (134,1% nel 2019).

Di questa inesorabile tendenza se ne sono resi conto, ovviamente, anche gli osservatori di mercato. Come ha anticipato ieri il Sole 24 Ore, l’agenzia di rating Scope ha allungato la proiezione oltre l’orizzonte del 2025 analizzato dalla Commissione, mostrando come a breve ci sarà il poco invidiabile sorpasso di Roma su Atene. Precisamente nel 2028. Secondo Scope Ratings il debito italiano salirà al 143,7% del pil, mentre quello greco scenderà al 140,1%: così tra quattro anni l’Italia si troverà quasi 10 punti sopra al livello del 2019, mentre la Grecia quasi 40 punti sotto.

È da molto tempo che Atene vede nello specchietto Roma avvicinarsi. Già lo scorso anno, sulla base dei programmi di Stabilità depositati presso la Commissione europea, il quotidiano greco Ekathimerini indicava nel 2026 l’anno della conquista del primato di paese più indebitato da parte dell’Italia. Ma le proiezioni attuali indicano una discesa meno ripida del debito pubblico greco e, pertanto, la data si è spostata in avanti di un paio di anni. Ma, in ogni caso, anno più anno meno, il destino sembra tracciato.

Naturalmente la Grecia è in una situazione particolare, con un debito detenuto in grandissima parte da istituzioni internazionali, quindi meno esposto al mercato. Questo aspetto influisce sicuramente sul fatto che Atene abbia uno spread da tempo più basso rispetto all’Italia. Ma è altrettanto certo che a ridurre il rischio paese sia una gestione ortodossa dei conti pubblici da parte del governo conservatore di Mitsotakis, che riesce a coniugare una buona crescita con un avanzo primario superiore al 2% (l’Italia ha chiuso il 2023 con un disavanzo primario del 3,5%).

La Grecia non è un caso speciale. Il Portogallo, con un governo di colore diverso (socialista), dal picco del 2020 al 134,9%, è riuscito a far scendere il debito sotto il 100% l’anno scorso e, secondo la Commissione, lo porterà al 91,5% nel 2025 (50 punti sotto il livello previsto per l’Italia). Cosa deve fare quindi il nostro paese?

L’Italia, scrive Scope Ratings, “deve contenere il deficit di bilancio e la traiettoria debito/pil per rassicurare gli investitori poiché probabilmente dovrà affrontare una procedura di disavanzo eccessivo entro giugno in base alle nuove regole fiscali europee”. La traiettoria ascendente del debito “riflette in parte il massiccio utilizzo di incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie (leggi Superbonus, ndr) a partire dal 2020, con conseguenti deficit fiscali superiori alle attese”.

Pertanto, secondo Scope, ciò che serve nei prossimi anni per far scendere il debito di un punto all’anno dal 2027 (obiettivo del nuovo Patto di stabilità) è un consolidamento fiscale di 135 miliardi. Un aggiustamento, fa notare l’agenzia di rating, che è analoga al costo del solo Superbonus (a proposito di chi usava lo slogan “gratuitamente” dicendo che “si ripaga da solo”).

Il debito pubblico è un problema enorme. In primo luogo perché ha un costo elevato: l’Italia ha una spesa per interessi pari al 4% del pil (presto sfonderà i 100 miliardi), la più alta dell’Eurozona, oltre al doppio della media (1,9%). Vuol dire che i contribuenti italiani pagano ogni anno 40-50 miliardi in più, rispetto alla media Ue, per alimentare il debito. Inoltre, espone il paese a una crisi finanziaria che, come diceva Dornbusch, è tanto probabile quanto poco prevedibile.

Ma la cosa più allarmante è che, mentre negli anni 90 la riduzione del debito pubblico era un obiettivo condiviso da tutti gli schieramenti politici, ora non sembra interessare a nessuno. Eccetto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che si trova a dover combattere anche contro i suoi colleghi di governo.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali