Basta ipocrisie. La destra non deve aver paura del redditometro
Il futuro dei rapporti tra contribuenti e fisco non può che essere organizzato sulla base di una maggiore trasparenza e di un maggiore scambio di informazioni. La giusta agenda Leo
Accertare i redditi senza disturbare e senza impicciarsi un po’ della vita dei contribuenti è compito difficile. Paragonabile a quello di chi deve ridurre l’evasione fiscale e mantenere il consenso politico. I controlli sulla capacità di spesa hanno una storia lunga, nascono con il passaggio al fisco moderno in Italia con la riforma del 1973, e attraversano varie stagioni, tra molti insuccessi, molta impopolarità, qualche distorsione a uso propagandistico, un bel po’ di sensazionalismo puramente giornalistico (con il classico evasore totale che gira con auto sportive di lusso). Mentre non hanno mai funzionato come base per aumentare il consenso elettorale. Lo scontro politico breve ma intensissimo consumato attorno al ritorno del redditometro ha sintetizzato in poche ore la storia e la ricezione popolare di questo strumento.
Con Maurizio Leo nel ruolo del tecnico, conoscitore della materia e il resto di governo e maggioranza su posizioni più superficiali, istintive, o chiaramente ispirate dalla campagna elettorale. Leo con il provvedimento di qualche giorno fa ha cercato semplicemente di dare un assetto definito, con un set di regole e di limiti, all’azione di accertamento dei redditi, che è già tra gli strumenti usati dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di Finanza. Il nodo non è nella possibilità di cercare chi ha un tenore di vita molto superiore a quello ragionevole in base al suo reddito, ma è nell’automatismo dell’applicazione sanzionatoria in base a ciò che viene determinato da quella minuziosa griglia di possibili spese. Con il livello di conoscibilità delle transazioni e delle operazioni finanziarie dei contribuenti raggiunto dalle tecnologie già a disposizione dell’agenzia il redditometro vecchio stile non è di grande utilità, se non per una specifica (e importante) categoria di evasori e cioè quelli totali. Chi si sottrae interamente agli obblighi fiscali può essere individuato e fatto venire alla luce dell’erario solo con metodi di accertamento sui consumi, sulle spese, fatti a partire dalla disponibilità di beni. Non sono pochi e sono spesso persone legate ad altre catene del crimine finanziario.
Applicare il redditometro come strumento per controlli di massa avrebbe poco senso e pochissimo consenso. Per il presidente dell’Associazione nazionale commercialisti, Marco Cuchel, l’applicazione diffusa del vecchio strumento di lettura dei consumi individuali dimostrerebbe la mancanza di visione nella lotta all’evasione, con il carico negativo ulteriore di una norma che, dovendo riproporre l’uso del redditometro sospeso nel 2018, finirebbe per funzionare anche in modo retroattivo, violando lo statuto del contribuente.
Sono osservazioni e critiche sensate, alle quali Leo ha già cercato di dare le prime risposte e delle quali si terrà conto nell’applicazione pratica del nuovo redditometro da parte degli uffici tributari. Ma il futuro dei rapporti tra contribuenti e fisco non può che essere organizzato sulla base di una maggiore trasparenza e di un maggiore scambio di informazioni. Molti filtri e paletti limitano la disponibilità di dati, con la massa di rilevazioni sulle transazioni commerciali e i pagamenti elettronici ancora usata in misura molto minore del suo potenziale. Con qualche passo avanti nella possibilità di utilizzare i dati già ora disponibili gli strumenti come il redditometro finirebbero in soffitta per gran parte dei contribuenti e si creerebbero anche le condizioni per poter cercare con più precisione gli evasori totali.
Ora a essere chiamato a dare informazioni è Leo davanti al Consiglio dei ministri, schierato come una giuria già orientata alla condanna. Vedremo con quali argomenti il viceministro dell’Economia spiegherà la sua scelta tecnica. La vicenda potrebbe anche sgonfiarsi, perché con l’attuazione della delega fiscale stanno arrivando altri strumenti di accertamento, più efficaci e più rapidi, ma privi di quel sospetto di invasività del redditometro, e si sta puntando sulla fiducia reciproca, come nel caso delle partite Iva, per recuperare gettito contro la garanzia di un rapporto senza sorprese con il fisco.