l'analisi
Tutti i gravi deficit dell'Italia quando si parla di Intelligenza artificiale
Nel nostro paese non ci sono segni tangibili di alcuna grande svolta sin qui imboccata verso l’applicazione di moduli e modelli di IA al servizio delle imprese, e del loro rapporto con i clienti. Il confronto con gli andamenti di Nvidia negli Usa
Spesso i numeri hanno una forza tale da sopraffare i commenti. Guardiamo i dati degli investimenti ICT in Italia, e poi quanto si legge negli andamenti di Nvidia negli Stati Uniti. La fonte dei dati su investimenti in apparecchiature ICT in Italia è Istat: nel 2021, quando dopo il Covid si registrò un aumento travolgente degli investimenti fissi lordi sull’anno superiore al 20%, quelli in apparecchiature e sistemi ICT crebbero solo dello 0,3%. Nel 2022, l’aumento complessivo degli investimenti frenò a un pur rispettabile +8,6&, ma gli investimenti in ICT salirono dello 0,6%. Nel 2023 l’aumento annuale degli investimenti frenò ulteriormente al +4,7%, e l’aumento degli investimenti in ICT riscese al +0,3%. Sintesi estrema: nei numeri italiani non ci sono segni tangibili di alcuna grande svolta sin qui imboccata verso l’applicazione di moduli e modelli di Intelligenza Artificiale al servizio delle imprese, e del loro rapporto con i clienti.
Ora andiamo ai numeri di Nvidia, la grande compagnia tecnologica statunitense che è un ruggente protagonista della svolta AI. Il suo CEO Jen Hsung Huang ottiene risultati sempre più sorprendenti per aver puntato al massimo su sviluppo e vendita di chips e supporti di software e rete per l’uso dell’Intelligenza Artificiale. Le vendite di Nvidia battono ormai i 28 miliardi di dollari a trimestre, la capitalizzazione di Nvidia supera ormai i 2.300 miliardi di dollari. “La rivoluzione dell’AI non è domani – afferma il capo di Nvidia – è già cominciata ma non con qualche sperimentazione avanzata di cui tanto parlano io media, i dati mostrano che le imprese negli USA la cavalcano con grande forza, hanno capito benissimo che l’AI offre una serie infinita di nuove soluzioni di efficienza e trasparenza in ognuna delle fasi dell’attività d’impresa di ogni dimensione, piccole e grandi”. L’Europa nel suo complesso è indietro rispetto agli USA. Ma Germania e Francia, avendo un maggior numero di imprese grandi e multinazionali, stanno scandagliando con decisione l’ampio spettro dell’utilizzo di AI nei loro gruppi. L’Italia paga ovviamente la classe dimensionale media minore delle sue imprese. Ma non si tratta solo di questo. Il dibattito pubblico e l’attenzione della politica italiana sono magneticamente attirati dai rischi e pericoli dell’Intelligenza Artificiale, non della sua fantastica potenzialità. Si sprecano centinaia di convegni in cui su AI discettano filosofi dell’etica e del linguaggio, esponenti religiosi e pisicologi comportamentali, avvocati del lavoro e capi delle relazioni industriali: perché ovviamente ogni giorno esce una nuova sparata su quante decine di migliaia di posti di lavoro l’AI compromette, e quanto profonde possano essere le alterazioni indotte da AI nelle scelte umane, e quanto spaventosi I processi di disintermediazione del nostri freni etici. L’impressione generale è di vivere in un sistema in cui come in Cina si voglia fare dell’Intelligenza Artificiale un colossale strumento di regime per la classificazione e controllo sociale di massa. E il punto più ridicolo è che a paventare tutti questi rischi sia poi chi magari dice che la Cina non ha poi tutti i torti a volersi difendere dall’imperialismo americano.
Oggi migliaia di piccole imprese in Italia leggono la norma europea e quella partorita dal nostro governo, e capiscono che, se pensano di approfondire che tipo di AI si adatti alla propria azienda, devono preventivamente attrezzarsi per una lunga serie di adempimenti formali e procedurali per evitare di incorrere nella gabbia di divieti posta a doppia griglia dai testi normativi. E’ un errore grave, ma le norme autorizzano anche una via migliore. Procedere nel più rapido lasso di tempo possibile a forme di sandbox, sperimentazione temporanee di Ai in una o più imprese o meglio in filiere, la dimensione più adeguata alle caratteristiche della manifattura italiana. Se fossimo al governo, riuniremmo un tavolo rapido tra imprese e banche per identificare subito sandbox sperimentali di AI, agevolare sul versante della raccolta bancaria l’emissione di bond volti a garantire prestiti per investimenti su AI senza bisogno di intaccare i requisiti patrimoniali bancari. Il tutto per accelerare il più possibile la massima diffusione dell’AI nell’intero corpo delle imprese. Per alzare la produttività bisogna mettersi a correre. Con tutto il rispetto per filosofi e teologi.