Dopo 400mila firme
Lavoro è partecipazione. La proposta della Cisl verso l'approvazione bipartisan
L'iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili dell’impresa potrebbe presto diventare legge. La maggioranza ha fatto proprio il progetto. Pareri favorevoli anche da Pd, Azione e Iv. Ma ci sono due oppositori: Cgil e Confindustria
Se tutto andrà liscio – e al momento non si vedono ragioni perché non sia cosi – tra breve la proposta di legge della Cisl sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili dell’impresa diventerà legge dello stato. Già questo è un traguardo non da poco, considerando che negli ultimi quarant’anni si contano sulle dita di una mano le leggi di iniziativa popolare approvate dal Parlamento: sette in tutto, circa l’1 per cento, secondo i dati Openpolis. L’altro più importante traguardo è che da settant’anni si parla di dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione, senza esito. Ma questa volta, a quanto pare, si farà: entro l’estate l’approvazione alla Camera, in autunno, salvo sorprese, quella definitiva al Senato.
A favore della proposta della Cisl – 22 articoli che prevedono, tra l’altro, forme di cogestione e di partecipazione finanziaria, organizzativa e consultiva – gioca il fatto che la maggioranza di governo l’ha fatta propria, e non è un modo di dire: l’adozione è stata ufficializzata a Montecitorio in conferenza stampa, assieme al segretario generale della confederazione sindacale Luigi Sbarra, da tutti i rappresentanti dei partiti di governo. Fratelli d’Italia schierava Walter Rizzetto, presidente della commissione Lavoro, e il capogruppo Tommaso Foti, Forza Italia il capogruppo Paolo Barelli, la Lega il capogruppo in commissione Lavoro Andrea Giaccone, Noi Moderati il presidente Maurizio Lupi. Tutti concordi nel sostenere che “la partecipazione è da sempre una proposta della destra”, affermando nel contempo di “riconoscersi perfettamente” nel testo su cui la Cisl ha raccolto 400 mila firme.
La sponsorizzazione è totale e senza incertezze. Paolo Barelli ricorda che Forza Italia ha “fin dall’inizio condiviso i principi e i contenuti del testo Cisl”, scegliendo quindi di ritirare il proprio. Stesso ragionamento dalla Lega, che afferma di “aver sempre avuto al centro delle proprie politiche la partecipazione dei lavoratori”, come prova il ddl a firma Molinari, anche questo accantonato per convergere sul testo Cisl. D’altra parte, sarebbe singolare che non fosse così: considerando che la partecipazione è il cavallo di battaglia della confederazione cattolica fin dai tempi di Giulio Pastore, e dunque, per quanto la destra di governo se ne entusiasmi, sempre una battaglia caratterizzante della Cisl rimane. L’unica battaglia, oltretutto, legata a un intervento legislativo, essendo come è noto la confederazione allergica a qualunque intervento “esterno” sulle materie di competenza delle parti sociali. Ma non c’è contraddizione, giura Luigi Sbarra: la legge non è prescrittiva, nessun obbligo per le aziende, tutto solo per via negoziale, con incentivi per gli accordi di partecipazione. L’obiettivo è favorire “un diverso rapporto tra capitale e lavoro”, dove la “cultura partecipativa” si lascerebbe finalmente alle spalle “la cultura novecentesca del conflitto”.
Sbarra è ovviamente soddisfatto dell’imprimatur ottenuto dalla maggioranza, che dimostra, tra l’altro, come il pragmatismo che ha caratterizzato la strategia di Via Po (pochi attacchi pubblici al governo, molta moral suasion dietro le quinte) abbia portato a casa il risultato, ottenendo quello che non si era mai ottenuto. Una notevole “medaglia” che caratterizzerebbe il suo mandato, ormai vicino alla scadenza di febbraio 2025. Tuttavia, il segretario auspica un’approvazione bipartisan: anche nel centrosinistra la legge ha avuto consenso, tanto che in commissione nessuno ha votato contro, e tra le firme raccolte ce ne sono state molte di esponenti del Pd, di Italia Viva, di Azione.
Due soltanto, al momento, gli oppositori. Il primo, storico, è la Cgil. Ancora recentemente il segretario generale Maurizio Landini ha rimarcato che non è infilando i lavoratori nei cda che si aumentano le buste paga. L’altra, più recente, arriva da Confindustria: il neo eletto presidente Emanuele Orsini, alla prima uscita pubblica, ha dichiarato che la partecipazione modello Cisl “non ci vede d’accordo”. Dimenticando, forse, che è uno dei capitoli, sia pure inattuato, del Patto della Fabbrica: firmato da Confindustria nel 2018, e tutt’ora in vigore.
tra debito e crescita