Ben venga la concorrenza, ma le norme del settore aereo fanno il gioco dei rivali extra europei
Mme Vestager continua ad alzare ogni volta l’asticella delle nuove richieste di dismissioni di slot e rotte. Ai viaggiatori europei sulle rotte transcontinentali è aperta una vastissima opzione di scelte concorrenti e Ita-Lufthansa non sarebbero oligopoliste neanche per idea
Tra le singolarità sicuramente da rivedere sui princìpi che ispirano regole e vigilanza esercitate dall’Ue balza ormai all’occhio la disciplina della concorrenza. Il dossier Lufthansa-Ita continua a trascinarsi a oltre un anno passato dall’intesa sottoscritta tra le due compagnie, e Mme Vestager continua ad alzare ogni volta l’asticella delle nuove richieste di dismissioni di slot e rotte. Francamente, detto che qui chi scrive è un fanatico dei benefici della concorrenza, finché si tratta di eccessiva concentrazione di slot su Fiumicino e Linate è un conto, se da questo – come nell’ultima fase del lunghissimo esame della Commissione del deal Ita-Lufthansa – si passa alla cessione di rotte internazionali dove si realizzano i maggiori profitti, beh è tutt’altra cosa. Perché di certo ai viaggiatori europei sulle rotte transcontinentali è aperta una vastissima opzione di scelte concorrenti e Ita-Lufthansa non sarebbero oligopoliste neanche per idea. La dottrina e la prassi della concorrenza Ue restano ferme al voler disegnare ex ante, in ogni settore, numero e peso di ciascun operatore di mercato, ma è una concezione pianificatoria ben diversa dal considerare sia gli effetti sui consumatori sia il margine delle imprese.
È seguendo questo arbitrario criterio che l’Ue ha impedito la nascita di superplayer europei in svariati settori, ed è tempo di girar pagina. Il paradosso diventa ancor più surreale quando la singolare visione della concorrenza si intreccia con la pretesa della Commissione uscente di aver voluto disegnare standard di transizione green a cui il resto del mondo resta indifferente. Nel trasporto aereo le due pretese si auto-elidono e provocano scontri accesissimi.
Nelle ultime settimane a incrociare le spade sono state proprio Lufthansa e Ryanair. “Votate per chi volete ma non per i Verdi”, ha tuonato il sempre combattivo ceo di Ryanair, Michael O’Leary, a un evento organizzato dieci giorni fa all’aeroporto Zaventem di Bruxelles per invitare i cittadini al voto per le imminenti elezioni europee. Il perché è presto detto. Le norme e il cronopogramma sulla transizione green decisi da Bruxelles hanno un effetto asimmetrico nel settore aereo, sia tra concorrenti europei sia tra questi e le compagnie non europee. La decisione di applicare anche al trasporto aereo gli Ets – i certificati finanziari relativi alle emissioni per tonnellata di CO2, che pesano ovviamente soprattutto sui settori d’impresa energivori – ne dispone la messa a regime da inizio 2026, ma riguarderà solo i voli a breve raggio e intraeuropei. Non si applicherà ai voli transcontinentali, siano essi operati da compagnie Ue o straniere. “È ridicolo e intollerabile – dice O’Leary –, la Commissione uscente si vanta di regole più favorevoli all’ambiente in tutto il mondo, ma lascia fuori dagli Ets esattamente i voli che consumano più carburante ed emettono più CO2”. I numeri di Eurocontrol, in effetti, stimano che siano i voli a lungo raggio a determinare ben oltre al metà delle emissioni del settore. “Unificare la disciplina per breve e lungo raggio è una priorità che viene addirittura prima di come affrontare gli enormi aggravi fiscali sul settore aereo che sono stato disposti in paesi come la Germania”, ha aggiunto O’Leary. Naturalmente Air France e Lufthansa la pensano in modo opposto. Carsten Spohr, ceo di Lufthansa, ha replicato con durezza. La sua tesi è che O’Leary dimentica deliberatamente di dire che Bruxelles ha deciso che i voli a lungo raggio siano sottoposti allo schema “Corsia” di diminuzione delle emissioni aeree, indicato dalla Nazioni Unite, una decisione assunta non a caso ma perché appunto nel lungo raggio bisogna competere su piede paritario con le compagnie straniere. Ma a sua volta anche Spohr ha sparato contro Bruxelles: il cronoprogramma di crescita delle quote di combustibile avio green offerto dagli hub europei, a cominciare dal 2025 e in crescita scalare negli anni successivi, non si applicherà in tutti gli hub extra Ue. “Vi faccio un esempio concreto – ha detto Spohr – Applicando questo surplus di costo, un volo Lufthansa da Madrid a Shanghai con scalo a Francoforte finisce per costare al passeggero 235 euro in più che se scegliesse una compagnia non europea che opera il transfer su volo intercontinentale in un hub extra Ue, e così la Commissione non aiuta né l’ambiente, né i cittadini europei, né le compagnie europee”. La nuova Commissione europea figlia delle prossime elezioni avrà molte cose da ripensare, se intende guardare in faccia la realtà invece di aspirare a medagliette ideologiche.