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L'analisi

Gli italiani continuano a non sognare auto elettriche

Antonio Sileo

Le vetture elettriche rappresentano appena il 5 per mille del circolante in Italia. Con i nuovi incentivi si tenta una rimonta. Ma nonostante le maggiorazioni per i redditi bassi, i consumatori preferiscono l’endotermico

In Italia, si sa, gli incentivi piacciono più che altrove. Non deve quindi stupire il giubilo con cui è stato accolto l’attesissimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri sulla “Rimodulazione degli incentivi per l'acquisto di veicoli a basse emissioni inquinanti”, firmato dai ministri delle Imprese e made in Italy, Economia e finanze, Infrastrutture e trasporti, Ambiente e sicurezza energetica.

Tanto più che il settore dell’auto è storicamente avvezzo a periodi più o meno lunghi di incentivazione, termine che dà più il senso della spinta che quello dell’esborso. Quest’ultimo, giusto ricordarlo, è anche legato a un fine di utilità sociale: il rinnovo del parco circolante. Parco che se da un lato è più attempato di quello di Francia e Germania – le cui vetture hanno rispettivamente un’età media di quasi 11 e 10 anni, contro i 12 anni e 6 mesi di quelle italiane – è di soli due mesi più vecchio della media di tutti i paesi dell’Unione europea.

Naturalmente, più automobili nuove vuol dire più sicurezza (è il progresso) e minori emissioni. Su queste ultime, tuttavia, bisogna capirsi: le auto nuove hanno senz’altro minori emissioni di agenti inquinanti (particolati, ossidi di azoto, idrocarburi incombusti), per via degli standard Euro, ma non scontatamente meno emissioni di anidride carbonica (CO2₂) e nulla diciamo sugli ingombri (ma le vetture sono più grandi anche perché così più sicure). Le emissioni di CO2₂ sono quelle climalteranti, ma senza dilungarci facciamo un esempio chiarificatore: una vecchia Panda 750, con il mitico motore Fire, ancorché Euro 0, a parità di uso emetterà meno anidride carbonica di una Ferrari Euro 6, fosse anche ibrida plug-in. Semplicemente perché la Panda, con i suoi piccoli quattro cilindri e 34 affannati cavalli, consuma meno di una Ferrari che di cilindri ne ha minimo 8, con l’eccezione dei 6 della recentissima 298, che però di cavalli, senza contare quelli elettrici, ne ha 663, che nitriscono fino a 8 mila giri. E siccome gli italiani, benché sognino (ancora) le Ferrari, e anche le Lamborghini, vanno più in giro con macchine piccoline – ricordate con che auto Sergio Mattarella salì al Colle per il primo mandato? Una Panda grigia – questo si nota anche nelle emissioni climalteranti.

Facciamo un esempio grande, per un problema enorme: il parco circolante italiano è più numeroso di quello francese – quasi 41 milioni contro meno di 39 milioni, ma con una popolazione meno numerosa di oltre 10 milioni, quindi con molte più vetture pro capite – e con una diffusione di auto elettriche di un quarto di quella d’Oltralpe, ma globalmente consuma meno carburanti fossili e dunque emette meno CO2₂. E in Francia le cose vanno anche meglio del resto dell’Unione europea dove, benché il numero di auto elettriche sia aumentato – spinto dagli stessi regolamenti Ue e dalle norme nazionali e locali – non si sono avuti apprezzabili effetti sul parco circolante. La diffusione delle vetture elettriche è rimasta significativamente al di sotto dell’incremento di quelle endotermiche: più 3 milioni per le prime, più 27 milioni per le seconde (dati Acea 2022, ultimi disponibili).

Il ritmo di crescita delle auto in circolazione, dunque, eccede abbondantemente gli ingressi di auto elettriche, che tra l’altro parrebbero restare sulle strade (ben) meno delle endotermiche. Analizzando in profondità il contesto e i dati italiani, nell’ambito di un più ampio lavoro di ricerca condotto presso la Fondazione Eni Enrico Mattei, sintetizzato in un brief letterariamente titolato:  “Gli Italiani non sognano auto elettriche: la difficile decarbonizzazione del parco circolante” – oltre al poco entusiasmo dei consumatori per le auto elettriche, tra i dettagli emersi vi è anche un recente incremento esponenziale delle radiazioni. Il numero di elettriche radiate nel biennio 2021-2022 equivale al numero di quelle immatricolate nell’intero periodo 2006-2018 (circa 14 mila).

Un aumento non riscontrabile nelle altre alimentazioni e che non trova facile spiegazione nell’età delle vetture. L’età media dell’attuale stock di auto elettriche è decisamente inferiore all’età media del parco. Poco probabile, e invero per nulla auspicabile, che la vita utile delle vetture elettriche differisca così tanto da quella delle endotermiche tradizionali. Più plausibilmente, una parte delle auto-immatricolazioni di elettriche – non incontrando il gusto dei consumatori finali italiani – sono rivendute all’estero. A queste  potrebbero essersi aggiunte le radiazioni di vetture elettriche provenienti da flotte aziendali che, sempre in mancanza di acquirenti italiani, ne hanno trovati oltre i confini nazionali. Difficile, invece, che l’uscita anticipata sia attribuibile a una missione d’uso particolarmente intensa; ci riferiamo in particolare ai taxi, dove molto modeste è la diffusione di vetture totalmente elettriche.

L’uscita anticipata è stata appurata in Germania, dove più del 10 per cento delle auto elettriche immatricolate a prezzi agevolati (grazie agli incentivi governativi pagati dai contribuenti tedeschi) sono state subitaneamente rivendute all’estero. In questo contesto indubbiamente difficile riusciranno i nuovi incentivi a spingere significativamente la diffusione di vetture elettriche, oggi appena il 5 per mille del circolante in Italia o, addirittura, come succede ormai ogni anno il grosso dei fondi rimarrà inutilizzato? Le cose sicuramente andranno un po’ meglio; quantomeno perché con la rimodulazione si è estesa la platea dei beneficiari facendovi rientrare, come ai tempi del governo giallo-verde, anche le persone giuridiche. Difficile però attendersi miracoli, nonostante l’incentivo maggiorato per i redditi bassi

Citiamo un motivo strutturale: il mercato italiano è il quinto al mondo e di gran lunga il primo in Europa, per le superutilitarie; le vetture di segmento A, quello della Panda appunto. Con cui – per arrivare al punto – anche dopo più di 10 anni di anni di utilizzo si può andare ovunque, al peggio un po’ più lentamente e con un po’ meno confort. Con una vettura elettrica di pari segmento, un viaggio anche non lungo diventa un’impresa. E il consumatore lo sa.

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