Pensioni e immigrazione, Panetta e i tabù della destra

Luciano Capone

Nel 2040 l'Italia perderà 5,4 milioni di lavoratori e 13 punti di pil, dice il governatore di Bankitalia. Per controbilanciare il declino demografico Meloni deve abbattere due totem sovranisti: anticipi pensionistici e stretta sui migranti

La politica è concentrata sulle elezioni europee, ma i problemi dell’Italia si proiettano su un orizzonte molto più ampio della campagna elettorale. Nelle sue prime Considerazioni finali il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, indica il rischio – ancora più forte per un paese indebitato come il nostro – di finire stritolato in una morsa di bassa produttività e calo demografico.

“Nell’area dell’euro – ha detto Panetta – l’economia italiana è quella con la minore crescita del prodotto per abitante nell’ultimo quarto di secolo. La produttività del lavoro è rimasta ferma”. In termini pratici, questa stagnazione si riflette in redditi dei lavoratori “inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania” e in un reddito disponibile delle famiglie che “è fermo al 2000, mentre in Francia e Germania è aumentato di oltre un quinto”.

A questo si aggiunge una demografia molto sfavorevole: “Da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170 mila persone all’anno”, ha detto Panetta. Questa contrazione della forza lavoro, secondo le proiezioni della Banca d’Italia, a produttività invariata, si tradurrebbe in “un calo del pil del 13%, del 9% in termini pro capite”.

Questo fenomeno di invecchiamento, anche se non ancora di riduzione della forza lavoro, non è uno scenario futuribile ma un fenomeno in corso. Già visibile nei positivi dati dell’Istat sull’occupazione dell’ultimo anno .Ad aprile, su 84 mila occupati in più 49 mila sono over 50. In un anno, come ha segnalato la fondazione Adapt, su mezzo milione di nuovi occupati “2 su 3 sono tra i 50 e i 64 anni e solo 1 su 5 sotto i 35 anni”. Su 24 milioni complessivi di occupati, quelli nella fascia d’età sopra ai 50 anni sono ormai 9,7 milioni: il 40% del totale.

Il mercato del lavoro sta rapidamente invecchiando. In questa fase si vedono gli effetti positivi della riforma Fornero, che non sono solo quelli immediati sulla finanza pubblica per aver frenato le uscite verso la pensione, ma quelli per la crescita economica visto che altrimenti ora nel mercato del lavoro mancherebbero centinaia di migliaia di lavoratori e l’Italia avrebbe un pil potenziale più basso.

Ma la riforma delle pensioni del governo Monti è servita solo a rendere momentaneamente sostenibile la spesa pensionistica. Non a cambiare una dinamica demografica inesorabile. Nei prossimi anni gli italiani saranno sempre di meno, più vecchi e più poveri, costretti a sorreggere un debito pubblico pesantissimo, destinato entro quattro anni a diventare il più alto d’Europa togliendo il primato alla Grecia. Come se ne esce?

Ci sono, secondo il governatore, dei margini per compensare il declino demografico. L’Italia ha un basso tasso di partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto tra i giovani tra 20 e 34 anni e tra le donne (13 punti in meno rispetto all’area euro). Servirebbero quindi misure per incentivare l’occupazione femminile come ad esempio le politiche per l’infanzia legate al Pnrr, un’organizzazione più flessibile del lavoro a distanza, una riforma del sistema fiscale e di tax-benefit che elimini le distorsioni che disincentivano il lavoro del secondo percettore di reddito in famiglia (tipicamente le donne). Insomma, bisogna “premiare il lavoro” come recitava il titolo di un saggio del premio Nobel per l'Economia Edmund Phelps.

Un forte aumento del tasso di occupazione che, nel giro di 15 anni, faccia convergere i numeri italiani al livello dell’Eurozona può “controbilanciare gli effetti del calo demografico e mantenere invariato il numero degli occupati”, dice Panetta. Inoltre, dice il governatore della Banca d’Italia, “è possibile che un sostegno all’occupazione derivi da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat”. Ovvero un saldo migratorio netto superiore a 170 mila persone, che vuol dire un flusso annuo di immigrazione straniera di oltre 300 mila persone (perché bisogna considerare gli espatri di italiani e stranieri).

Il quadro delineato da Panetta è in evidente contrasto con due pilastri del programma del centrodestra: revisione della riforma Fornero per favorire gli anticipi pensionistici e stretta sull’immigrazione per ridurre i flussi in ingresso. La realtà dei numeri e delle cose è più forte della propaganda e dei programmi elettorali, ma per agire in maniera incisiva in questa corsa contro il tempo è necessaria una piena consapevolezza politica nel governo Meloni e nei partiti di maggioranza.

Anche perché l’aumento dell’occupazione e dei flussi migratori è una condizione minima, indispensabile, per non vedere crollare il pil. Ma, ricorda sempre Panetta, questo apporto da solo sarà “modesto”: “Solo la produttività potrà assicurare sviluppo, lavoro e redditi più elevati”.

Servono più occupati per fermare il declino demografico e più produttività per imboccare la strada della crescita. Ma è necessario che la destra abbatta i suoi totem su pensioni e immigrazione. La premier Giorgia Meloni e il ministro Giancarlo Giorgetti nella pratica di governo hanno fatto scelte realistiche, sia stringendo gli anticipi pensionistici sia allargando i flussi migratori. Ma per una sfida così profonda serve qualcosa di più della prassi di governo: un cambiamento della cultura politica della destra, dove alcune pessime idee hanno radici profonde.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali