(foto Ansa)

una ricognizione

Si è aperta una stagione di trattative e recupero salariale. Panoramica sui nuovi contratti

Nunzia Penelope

Le categorie di settore procedono ai rinnovi contrattuali un po’ a tentoni, ciascuna per suo conto, sperando di portare a casa il risultato. Ecco cosa si sta muovendo

Malgrado l’inflazione, nei primi tre mesi del 2024 le retribuzioni hanno guadagnato terreno. Con alcune differenze: stando all’ultimo bollettino Istat “Contratti collettivi e Retribuzioni contrattuali” di aprile, va molto bene l’industria, con un incremento del 4,7 per cento rispetto al primo trimestre dello scorso anno, meno i servizi dove l’aumento è stato solo del 2,3 per cento, fino a scendere all’1,6 per cento del settore pubblico. Le differenze di performance sono dovute ai contratti: dove sono stati rinnovati, i salari tengono testa all’inflazione e talvolta la superano, dove non è avvenuto restano al palo. Sembra lapalissiano, ma il succo sta proprio qui: rinnovi, o non rinnovi.  Sempre stando ai dati Istat, i contratti che a fine marzo erano scaduti e in attesa di rinnovo sono 36 per 4,6 milioni di lavoratori, ovvero circa il 35 per cento del totale, quota che scende al 16 per cento considerando solo il settore privato.

A differenza dello stato, i cui contratti sono tutti scaduti, le aziende private sembrano dunque disposte ad aprire la borsa. Da un lato i margini di profitto lo consentono, dall’altro la merce davvero rara sta diventando la forza lavoro ed è quindi sulla (disperata) ricerca di personale che si scaricano le tensioni. I contratti, invece, si rinnovano senza eccessivi drammi e con aumenti che quasi mai sono sotto i 200 euro mensili. Una stagione brillante inaugurata dal settore Chimici-Energia (21 contratti di settore, con aumenti medi attorno ai 209 euro), e che ha raggiunto l’apice con il jackpot dei Bancari (435 euro di aumento). Tra i più recenti rinnovi ci sono il contratto della grande distribuzione moderna (Ikea, Zara, Rinascente o le catene di supermercati), concluso con 240 euro di aumento, quello della distribuzione cooperativa, alle medesime condizioni, o, ancora, la cooperazione alimentare con 280 euro.

 

Ma la disponibilità delle imprese vale anche per i piccoli contratti. Per esempio, quello della “Acconciatura ed Estetica, Tatuaggio, Piercing”, 140 mila dipendenti in 60 mila aziende, scaduto a dicembre 2022 e fresco di rinnovo con un aumento di 183 euro. O i Giocattoli, scaduto sei mesi fa e subito rinnovato con 193 euro. A rimpinguare le buste paga contribuiscono anche premi di risultato piuttosto ricchi. I 5 mila dipendenti di Banca Sella a giugno avranno una erogazione cash che va da 1.983 a 4.819 euro, oltre a servizi welfare da 2.182 a 5.119 euro. Intesa Sanpaolo ha messo in tasca ai suoi 70 mila dipendenti tra  1.150 euro e 2.950 euro. Air Liquide 1.350, più 570 di welfare aziendale. Essilor Luxottica ha stanziato 36 milioni, il 15 per cento in più dell’anno scorso, per premi di risultato superiori ai 4 mila euro a testa. Nestlé eroga 2.900 euro, Pirelli 3.000. E ancora, ci sono accordi come quello di A2A, che prevede un “sostegno alla genitorialità” per i dipendenti con figli tra 0 e 8 anni: un mese di congedo retribuito o, in alternativa, la monetizzazione di una mensilità lorda.

In corso ci sono poi due rinnovi importanti: il settore tessile, 372.600 addetti, contratto scaduto il 31 marzo, con richiesta salariale di 270 euro. Ma soprattutto il contratto dei metalmeccanici. La trattativa è appena iniziata e Fiom, Fim e Uilm puntano a rinnovare il contratto, in scadenza proprio in questi giorni, con 280 euro di aumento. Richiesta contestata dalla controparte Federmeccanica, che ritiene sia fuori dai dettami del Patto per la fabbrica, cioè il testo firmato nel 2018 da sindacati e Confindustria con le regole base appunto per i contratti. Il problema è che dal 2018 è cambiato il mondo, tra pandemia, inflazione e guerre; e il Patto non è più all’altezza. Andrebbe adeguato, ma per farlo occorre una nuova trattativa, che però né Cgil Cisl e Uil né Confindustria hanno mai messo in cantiere.  Dunque le categorie di settore procedono ai rinnovi contrattuali un po’ a tentoni, ciascuna per suo conto, sperando di portare a casa il risultato. E fin qui si direbbe ci riescano: forti anche di una unità che le “case madri” non hanno più da tempo.

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