Fabio Panetta - foto Ansa

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Non aver paura del futuro. Ecco tutte le chicche dall'agenda di Fabio Panetta

Cosa non fa l’Italia sull’innovazione? Cosa non va nel Pnrr? Cosa manca sui salari? La relazione annuale del 2023 del governatore della Banca d'Italia che ha tenuto ieri a Palazzo Koch a Roma

Pubblichiamo alcuni stralci della relazione tenuta ieri dal governatore di Bankitala Fabio Panetta, nell’ambito delle considerazioni finali della Banca d’Italia.
 



"È prematuro parlare di deglobalizzazione, ma è chiaro che il processo di rapida integrazione dell’economia mondiale si è interrotto. L’incidenza del commercio internazionale sul prodotto è rimasta al 30 per cento negli ultimi quindici anni, dopo essere raddoppiata nei due decenni precedenti".
 

"Le possibili conseguenze della frammentazione economica globale sono particolarmente rilevanti per l’area dell’euro, data la sua ampia apertura internazionale. L’interscambio con paesi esterni all’area nel 2023 superava il 55 per cento del PIL, a fronte del 40 della Cina e del 25 degli Stati Uniti. Le esportazioni contribuiscono alla domanda complessiva molto più che negli Stati Uniti".
 

"La popolazione europea rappresenta oggi solo il 5,7 per cento di quella mondiale. Negli ultimi due decenni il peso dell’Unione europea sul PIL globale è sceso dal 26 al 18 per cento, mentre quello degli Stati Uniti è rimasto pressoché invariato, al 26, e quello della Cina è quadruplicato, al 17. Il calo riflette soprattutto l’insoddisfacente dinamica della produttività, che nel periodo ha accumulato un ritardo di 20 punti percentuali rispetto agli Stati Uniti".
 

"L’intelligenza artificiale determinerà cambiamenti potenzialmente dirompenti nell’economia mondiale. Essa sosterrà la produttività e la crescita, anche se costi e benefici potrebbero distribuirsi in modo disomogeneo tra settori e nella società, soprattutto nel breve termine; comporta inoltre enormi consumi di energia. È auspicabile l’ingresso di aziende europee nello sviluppo di questa tecnologia. Iniziative comuni tra operatori di diversi paesi consentirebbero di reperire più agevolmente le enormi risorse finanziarie necessarie per competere con i produttori esteri e di fare leva sulla ricerca scientifica di eccellenza condotta nell’intera Unione; permetterebbero inoltre di contrastare il potere di mercato dei giganti tecnologici esteri".
 

"Per le sole transizioni climatica e digitale e per aumentare la spesa militare al 2 per cento del PIL, la Commissione europea stima un fabbisogno di investimenti pubblici e privati di oltre 800 miliardi ogni anno fino al 2030".
 

"In Europa vi sono 59 mercati azionari regolamentati, riconducibili a oltre 30 gruppi proprietari5 ; tra le infrastrutture borsistiche si contano 27 depositari centrali e 10 controparti centrali. Negli Stati Uniti operano 24 mercati azionari, in gran parte facenti capo a 4 gruppi, un depositario centrale e una controparte centrale. Credo siano evidenti gli svantaggi che il nostro assetto frammentato genera in termini sia di funzionalità e liquidità, sia di barriere all’ingresso per risparmiatori e imprese".
 

"Nell’area dell’euro, l’economia italiana è quella con la minore crescita del prodotto per abitante nell’ultimo quarto di secolo. La produttività del lavoro è rimasta ferma; solo nel 2023 gli investimenti sono tornati a superare il livello precedente la crisi finanziaria, mentre le ore lavorate totali non lo hanno ancora recuperato. L’evoluzione dei salari ha riflesso il ristagno della produttività: i redditi orari dei lavoratori dipendenti sono oggi inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania. In termini pro capite, il reddito reale disponibile delle famiglie è fermo al 2000, mentre in Francia e in Germania da allora è aumentato di oltre un quinto".
 

"Tra il 2019 e il 2023, in una fase di forti turbolenze, il PIL italiano è cresciuto del 3,5 per cento, contro l’1,5 della Francia e lo 0,7 della Germania; lo scarto è maggiore in termini pro capite. L’occupazione è aumentata del 2,3 per cento – quasi 600.000 persone – trainata dalla componente a tempo indeterminato. Il tasso di disoccupazione è sceso di 2,3 punti percentuali, pur restando alto, al 7,7 per cento".
 

"Il nostro paese è oggi creditore netto nei confronti del resto del mondo per 155 miliardi di euro, il 7,4 per cento del PIL; dieci anni fa la nostra posizione estera netta era debitoria per il 23 per cento del PIL e costituiva un elemento di vulnerabilità".
 

"Escludendo il comparto dei mezzi di trasporto, la nostra manifattura è oggi la più automatizzata tra le principali economie dell’area dell’euro: nel 2021 in Italia vi erano 13,4 robot ogni 1.000 addetti, contro 12,6 in Germania e 9,2 in Francia10. Dal 2019 le imprese industriali hanno raddoppiato, al 17 per cento, la quota degli investimenti in tecnologie digitali".
 

"Secondo l’Istat, da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170.000 persone all’anno. Questa contrazione si tradurrebbe in un calo del PIL del 13 per cento, del 9 per cento in termini pro capite".
 

"L’occupazione giovanile ha risentito della bassa crescita12. Molti hanno cercato migliori prospettive di lavoro all’estero: 525.000 giovani italiani sono emigrati tra il 2008 e il 2022; solo un terzo di essi è tornato in Italia. Hanno lasciato il Paese soprattutto i laureati, attratti da opportunità retributive e di carriera decisamente più favorevoli13. L’esodo indebolisce la dotazione di capitale umano del nostro paese, tradizionalmente afflitto da bassi livelli di istruzione".
 

"Secondo nostre stime, in Italia i mutamenti indotti dall’intelligenza artificiale riguarderebbero due lavoratori su tre. Per la maggioranza di essi la produttività e le opportunità di lavoro aumenterebbero, ma per una significativa minoranza le occasioni di impiego potrebbero ridursi. Nella fase di transizione servirà accompagnare i lavoratori nella riqualificazione professionale o facilitarne il ricollocamento in altre attività, tutelando quanti subiranno i costi di adattamento maggiori".
 

“In Italia l’attività di venture capital è sottodimensionata, con un flusso di investimenti annuo tra 0,5 e 1,5 miliardi nel triennio 2021-23, un valore cinque volte inferiore rispetto a Germania e Francia. Gli operatori nazionali sono anch’essi pochi e di piccola dimensione. Il basso sviluppo del settore riflette in parte il ritardo con cui questa attività si è avviata nel nostro paese. Pesano la contenuta articolazione del mercato borsistico e la limitata dimensione media delle imprese, che rendono difficile quotare le aziende finanziate o cederle ad altre più grandi una volta completata la fase iniziale di crescita”.
 

"Il Pnrr impegna l’Italia ad attuare riforme e fornisce cospicue risorse per l’ammodernamento del sistema produttivo e della Pubblica amministrazione: secondo nostre elaborazioni, 16 miliardi per la digitalizzazione, 19 per la ricerca e l’innovazione, 33 per le infrastrutture di trasporto e 17 per gli investimenti delle imprese. Utilizzare al meglio queste ingenti somme in tempi contenuti è arduo per le Amministrazioni. Ma è cruciale per risollevare la crescita potenziale dell’economia. La piena attuazione degli investimenti e delle riforme previste dal PNRR – oltre a innalzare il prodotto di oltre di 2 punti percentuali nel breve termine – avrebbe effetti duraturi sulla crescita dovuti a incrementi di produttività stimabili tra 3 e 6 punti percentuali in un decennio".
 

"Vanno rimossi gli ostacoli che impediscono di cogliere appieno le potenzialità, in termini di economie di scala e platea di consumatori, di un mercato interno paragonabile a quello degli Stati Uniti, anche al fine di aumentare la concorrenza e la capacità di innovare. E poiché più concorrenza e più innovazione implicano più rischio, vanno in parallelo potenziati i meccanismi di condivisione del rischio stesso. Su questo aspetto tornerò a breve".
 

"Il 2023 è stato un anno molto favorevole per le banche italiane. Il rendimento del capitale ha superato il 12 per cento. La redditività ha beneficiato di un’eccezionale congiuntura di mercato, in cui l’abbondante liquidità in circolazione ha frenato l’aumento del costo della raccolta, mentre il rialzo dei tassi ufficiali si è rapidamente trasmesso a quelli sui prestiti, alimentando il margine di interesse. Il capitale è salito al 15,6 per cento delle attività a rischio. Gli ultimi dati confermano la prosecuzione di questa fase favorevole".
 

"È sul fronte della tecnologia che si giocherà la partita del futuro, per noi come per il resto d’Europa. Servirà valorizzare la ricerca, accompagnare il sistema produttivo nella sua trasformazione proteggendo i più svantaggiati, creare un ambiente normativo, economico e finanziario che favorisca l’assunzione di rischi imprenditoriali nei settori innovativi e che limiti il potere monopolistico di pochi grandi attori".

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