Economia e guerra

L'America non basta più. Cosa c'è dietro il boom di assunzioni nell'industria militare europea 

Stefano Cingolani

Leonardo, Thales, BAE Systems, Rheimetall, tutti a caccia del personale adatto per permettere all'Ucraina di non doversi arrendere

Più cannoni, ma anche più burro o per lo meno più salari e più posti di lavoro. E’ proprio così: l’industria europea della difesa sta assumendo a più non posso, il suo problema è trovare personale adatto, come accade un po’ ovunque nell’industria manifatturiera. Tra i gruppi che cercano lavoratori con maggiore intensità al secondo posto c’è Leonardo, al primo il francese Thales, poi tutti gli altri dal britannico BAE Systems al tedesco Rheinmetall. Lo stesso sta accadendo negli Stati Uniti per Lockheed Martin, Northrop Grumman, General Dynamics e L3 Harris, ma sembra più scontato. Il grande cambiamento riguarda il complesso militar-industriale europeo considerato a lungo come una sorta di vagone di scorta lento e arretrato. Il dinamismo produttivo si rispecchia anche nelle borse, i titoli della difesa hanno fatto boom fin dallo scorso anno e tra questi quello di Leonardo è stato tra i più vivaci. A dare la spinta, ovviamente, è la guerra in Ucraina. Vladimir Putin ha sbagliato di nuovo. 


Il Financial Times ieri ha pubblicato un’ampia analisi che riguarda le 20 principali aziende sia europee sia americane sostenute dalle scelte dei governi dopo l’invasione russa. La reazione non è stata così lenta e in ordine sparso, come si dice spesso, al contrario le finanze pubbliche e le imprese si sono mosse all’unisono. Dopo la fine della guerra fredda gli ordinativi si erano ridotti ovunque, era cominciata una fase di tagli, fusioni, acquisizioni, di razionalizzazione produttiva, basata sulla convinzione che i bassi volumi sarebbero durati a lungo e la competizione si sarebbe concentrata sulle tecnologie digitali. Poi si è scoperto che mancano le cartucce, che occorrono i pezzi di ricambio per i carri armati e per gli aerei, insomma che accanto ai droni e a tutte le nuove diavolerie high tech c’è bisogno anche di rifornimenti tradizionali come ben sa la Rheinmetall che non riesce a tener dietro alla domanda.

 

“Questo è il periodo più intenso, quello dei volumi più elevati e in tempi rapidi, da tre decenni a questa parte”, ha detto al Financial Times Jan Pie, segretario generale dell’associazione europea delle imprese aerospaziali e della difesa. Antonio Liotti responsabile per le risorse umane di Leonardo conferma che la ricerca di nuovo personale da assumere è più intensa che durante precedenti conflitti come quello dell’Irak o dell’Afghanistan. Alla Nammo la compagnia controllata da Norvegia e Finlandia specializzata in munizioni, dicono di non aver visto mai niente di simile. Adesso buona parte della pressione ricade sulle imprese europee non più solo ancelle di quelle americane. 

 

L’industria bellica europea produce armi e dispositivi di eccellenza, quelli che ha impiegato in Ucraina. La francese Thales per esempio ha donato i missili Starstreak che viaggiano a tre volte la velocità del suono e si possono anche portare a spalla. Si sono dimostrati estremamente efficaci. E la MBDA joint venture tra BAE, Airbus e Leonardo rifornisce l’Ucraina dei missili Storm Shadow e Scalp che hanno effetti devastanti sulle truppe russe. La BAE lavora a tutto spiano al Global combat air programme e per la Royal Navy. E’ stato stretto ovunque il legame con le università, mentre le stesse imprese hanno aperto i loro centri di ricerca come la Rolls Royce per quello nucleare. Il problema principale riguarda il capitale umano. La tedesca Renk ha deciso di guardare oltre confine, perché ha bisogno di personale specializzato che in Germania non riesce a trovare. I sovranisti si stracceranno le vesti, ma non ci sono alternative. Presto anche Leonardo seguirà lo stesso esempio? Guardando alla situazione italiana sul mercato del lavoro qualificato, la risposta è scontata. C’è da aspettarsi che i pacifisti scendano in piazza contro i “mercanti di morte”, anche se la vecchia con la falce s’è mossa dal Cremlino. Più che di corsa agli armamenti si deve parlare di una rincorsa inevitabile, perché l’Europa è rimasta troppo a lungo indifesa affidandosi ai buoni uffici dello zio Sam e delle sue corporation. 
 

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