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perdite secche

Il Superbuco da 100 miliardi e le altre cifre del disastro Superbonus

Luciano Capone

Uno studio della Banca d'Italia ha analizzato il costo del bonus edilizio, le cui cifre ridimensionano fortemente quell'1 per cento di pil di crescita generato

Dopo tante cifre, spesso sparate a caso, sul Superbonus inizia a esserci qualche numero che dà la misura del disastro. Secondo uno studio della Banca d’Italia, che ha avuto una lunga gestazione, dei 170 miliardi di spesa tra Superbonus e Bonus facciate solo il 73 per cento è “addizionale”. Ciò vuol dire che oltre un quarto è stata una “perdita secca”: Lo stato ha cioè speso 45 miliardi di euro per finanziare investimenti che i privati avrebbero fatto con i denari propri. Ma questa è solo una parte del costo della misura, quella che dà il senso dello sperpero.

Nello studio, i ricercatori Antonio Accetturo, Elisabetta Olivieri e Fabrizio Renzi hanno stimato anche l’impatto sul pil e il costo finale (al netto delle entrate). Ebbene, questa spesa ha avuto un moltiplicatore fiscale tra 0,7 e 0,9. Inferiore all’unità: un divisore, quindi. Secondo le stime dei ricercatori, il Bonus facciate e il Superbonus hanno prodotto nel 2021-23 una crescita tra 2,6 e 3,4 punti  di pil su  13,5 punti totali. Vale a dire tra il 20 e il 25 per cento. Che è sicuramente una spinta forte, ma solo se non si considera il costo: perché vuol dire che dal 2021 al 2023 lo stato ha speso circa 3 punti di pil ogni anno in bonus edilizi per ottenere circa 1 punto di pil di crescita. Non un grande affare, si direbbe. “La misura è lontana dal ripagarsi da sola”, scrive la Banca d’Italia con l’understatement tipico dei ricercatori.

Ma quanto “lontano” questi due bonus siano dal ripagarsi lo specifica meglio un altro dato dello studio di Bankitalia: “Il costo netto del programma (al netto cioè dell’extragettito causato dalla crescita) è di circa 100 miliardi”. Abbastanza lontano da “gratuitamente”. 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali