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centrali eoliche

Pale al vento marino per non indispettire i nimby

Jacopo Giliberto

L’investimento di Edison nel mare di Sicilia e le potenzialità dell’eolico offshore in Italia. Il progetto aspetta il via libera definitivo e la costruzione potrebbe impiegare tre anni 
 

Ieri l’Edison ha annunciato un grande investimento per posare una centrale eolica galleggiante nel mare siciliano, nel Canale di Malta al largo di Ragusa. L’energia eolica comincia a indispettire i comitati nimby, disturbati dall’infittirsi dei colossali “ventilatori” sui crinali dell’impagabile paesaggio italiano, ricco di storia dell’uomo. Ed ecco la soluzione: posarli in mezzo al mare, dove il vento è meglio industrializzabile – teso, costante, prevedibile – e dove gli abitanti sono sgombri e sardine, specie viventi meno riottose all’eolico di noi esseri umani. Non può essere un caso se – ha appena rilevato una ricerca della società elettrica svedese Vattenfall insieme con l’università danese di Aarhus – sotto i piedi delle turbine eoliche la vita marina si moltiplica indisturbata alla pari di quanto avviene fra le zampe delle piattaforme petrolifere, popolatissime di animali al riparo dalle reti a strascico.
Ma ecco, fresco di cronaca, il caso dell’Edison. Il gruppo milanese, controllato dai francesi dell’EdF, ha firmato con la Blunova (del gruppo pescarese Carlo Maresca spa) un accordo per entrare al 50 per cento nella Wind Energy Pozzallo, società di scopo che detiene un progetto di sviluppo di eolico in mare da 975 megawatt al largo della costa siciliana. Il dettaglio tecnico del progetto.

Si tratta di posare 65 torri eoliche galleggianti da 15 megawatt l’una; dovrebbero essere ancorate dove l’acqua è profonda fra i 100 e i 150 metri alla distanza di 25-38 chilometri dalla costa, ad alcuni chilometri a levante rispetto alla piattaforma petrolifera Vega, la più grande del Mediterraneo, piattaforma che l’Energean sta cedendo alla multinazionale Carlyle. Il basamento di ciascuna torre ancorata al fondale sarà formato da tre cilindri colossali galleggianti, collegati fra loro, in modo che spostando all’interno le acque di zavorra sarà possibile tenere verticale in faccia al vento la torre eolica, il cui mozzo sarà alto 180 metri sulle onde. Le pale di ogni “mulino a vento” avranno uno sbraccio complessivo di 236 metri di diametro. Dalla centrale eolica, un elettrodotto sottomarino di alta tensione porterà l’elettricità delle 65 ventole fino a Pozzallo (Ragusa), e prenderà terrà a fianco della diga del porto vicino alla spiaggia Raganzino. 
Il progetto è in attesa di via libera definitivo al ministero dell’Ambiente e la costruzione potrebbe impiegare tre anni. “L’accordo permetterà a Edison di accelerare il piano di crescita nelle energie rinnovabili, che prevede di portare la capacità green del gruppo dagli attuali 2 gigawatt a 5 gigawatt al 2030”, commenta Marco Stangalino, vicepresidente e direttore power asset dell’Edison. In vista di una possibile acquisizione dell’intera società di scopo, i 975 megawatt (quasi un gigawatt) del progetto eolico nel mare siciliano consentiranno alla società di Foro Buonaparte di raggiungere l’obiettivo per quanto riguarda il segmento eolico; la produzione idroelettrica dovrebbe rimanere in sostanza costante e per arrivare ai 5 gigawatt complessivi bisognerà sviluppare il segmento tecnologico del fotovoltaico.
Un cenno di scenario. L’Italia sull’eolico in mare ha un primato, la centrale tarantina Beleolico della Renexia (del gruppo abruzzese Toto), l’unica nel Mediterraneo; l’iter per poterla costruire è durato l’eternità di 14 anni. Quella di Taranto non è galleggiante e infigge le torri eoliche nel fondale a brevissima distanza dalla spiaggia. Difficile prevedere per l’Italia un grande sviluppo di altri impianti con fondazioni fisse come quello di Taranto, caratteristica invece del Mare del Nord e della Cina; gli altri progetti italiani allo studio, come quello della Edison, riguardano invece impianti d’altura, galleggianti. Pochi mesi fa The European House Ambrosetti aveva presentato uno studio, promosso dalla società energetica Renantis, secondo cui l’Italia potrebbe meritare il terzo mercato mondiale per lo sviluppo dell’eolico galleggiante, con un potenziale di 207,3 gigawatt, rappresentando più del 60 per cento del potenziale complessivo di energia rinnovabile, con Sardegna, Sicilia e Puglia tra le aree di maggiore potenzialità. 

Ci sono però alcune difficoltà da superare. Il no della Sardegna (la presidente Alessandra Todde ne sta discutendo con il governo) e le altre opposizioni delle comunità rivierasche indicano che il mare non è sgombro dal fenomeno nimby. Ci sono regole del gioco ancora poco chiare, e ciò può tenere lontani molti investitori. C’è inoltre il tema dei sussidi per questa tecnologia ancora assai costosa.

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