La Borsa di Parigi apre in rialzo. Mercati lepenisti? No, realisti
I signori del denaro reagiscono bene ai risultati delle elezioni francesi. Ecco perché la stabilità economica prevale
Sarà perché andare contro corrente fa parte del gioco degli scambi, ma le borse hanno reagito in modo positivo ai risultati delle elezioni francesi. Sorpresa forse no, ma certo non era scontato. I mercati virano all’estrema destra? No, sono realisti e non la pensano come Alexis Brézet l’autorevole editorialista del Figaro, intellettuale di destra: “Una tragedia francese – ha scritto – La Francia si ritrova davanti alla doppia prospettiva o dell’avventura politica o del blocco istituzionale, le due facce di una crisi di regime”. Se fosse così la reazione naturale sarebbe di vendere titoli francesi, compresi quelli delle grandi banche. Invece la borsa di Parigi ha aperto al rialzo del 2,5 per cento e lo spread con i titoli di stato decennali tedeschi è sceso da 79 a 73 punti base (quello italiano passa da 157 a 150). Sull’onda parigina anche Milano è partita forte (+2 per cento), seguono Madrid (+1,7 per cento) e Francoforte (+1,2 per cento). Come hanno ragionato i signori del denaro?.
Prima i risultati. Quelli definitivi gettano un po’ d’acqua sugli entusiasmi. Il Rassemblement National ha preso il 29,25 per cento e non il 33 per cento come sembrava. Il Nuovo fronte popolare non è molto lontano con il 27,99 per cento. Il vero sconfitto è il presidente Emmanuel Macron che si ferma al 20 per cento. Solo domenica con i ballottaggi si avrà il conto dei seggi e si saprà se il partito di Marine Le Pen otterrà la maggioranza assoluta. Intanto Jordan Bardella ha detto che è pronto a governare in ogni caso, cercando gli alleati. Guarda in primo luogo a quel che resta del partito del generale de Gaulle, mentre anche tra i macroniani non tutti sono disposti a desistere a favore di Jean-Luc Mélenchon. Una vittoria chiara, non travolgente, allontana la prospettiva di una radicalizzazione. Nel caso in cui la maggioranza parlamentare resti in bilico, Macron potrebbe far ricorso a un governo tecnico, soluzione debole, ma anch’essa lontana dalle roboanti promesse elettorali. La più sulfurea è la proposta di riportare l’età pensionabile a 60 anni, come promesso da Bardella. Oggi è a 62 anni, Macron l’aveva aumentata a 64 per i nati dopo il 1968 ed era scoppiata una rivolta peggiore anche di quella dei gilets jaunes perché sul fuoco soffiavano insieme le due estreme, la destra e la sinistra.
Per la Francia come per l’Italia è scattata la procedura d’infrazione per deficit pubblico eccessivo. Il negoziato con la Ue deve ancora cominciare, ci vorranno mesi per capire tempi e modi del rientro dal 5,2 per cento attuale entro il 3 per cento. Il nuovo patto di stabilità concede più flessibilità, ma nemmeno il bilancio francese ha margini per nuove e costose manovre distributive. Per la Francia una riduzione annua del disavanzo pari allo 0,5 per cento del pil corrisponde a un taglio di circa 15 miliardi di euro l’anno. Bardella ha messo le mani avanti parlando a più riprese di responsabilità. Dunque, i mercati tirano un respiro di sollievo, anche se restano guardinghi. Del resto, in giornata gli scambi si sono stabilizzati.
L’altra considerazione tranquillizzante riguarda l’euro. Oggi la moneta europea si è rafforzata rispetto al dollaro perché gli operatori non vedono all’orizzonte nessuna minaccia. Non siamo al 2010-2011. Il lepenismo non mette più in campo nessuna euro-exit; certo, una volta al governo sarà una spina nel fianco di una commissione frutto del patto a tre popolari, socialisti, liberali, ma si vedrà fino a che punto vorrà tirare la corda. Intanto, l’euro è più forte anche perché ha al suo interno meccanismi in grado di stabilizzarlo, innanzitutto il Tpi (Transmission protection instrument) detto anche scudo anti spread introdotto nel 2022, in base al quale la Bce si impegna a intervenire acquistando titoli se lo spread non è giustificato dai fondamentali, cioè se il paese è sotto attacco speculativo. Non è un pasto gratis: per usufruirne i paesi non debbono essere sottoposti a procedura d’infrazione, quindi la Francia e l’Italia sarebbero esclusi. Ma si fa fatica a pensare che in un modo o nell’altro (per esempio usando il Pepp introdotto durante la pandemia) la Bce non alzi una diga monetaria di fronte ad attacchi alla Francia o anche all’Italia. Va bene l’indipendenza, però Christine Lagarde potrebbe assistere senza muovere un dito al naufragio della patria? Il consiglio è come al solito diviso tra falchi e colombe, tuttavia oggi è più difficile che l’instabilità politica in un paese diventi automaticamente instabilità economica e crisi finanziaria, in particolare se si tratta della seconda economia dell’Eurolandia. Così ragionano le borse e sono aspettative razionali.