elezioni in borsa
Cosa ha rassicurato i mercati dopo il voto nel Regno Unito e in Francia
La Borsa di Parigi ha chiuso di poco in negativo dopo una seduta altalenante e ora c'è attesa per l'accordo di governo. A Londra è stato determinante il ruolo della cancelliera dello Scacchiere. "In Francia ci vorrebbe un discorso simile a quello fatto Reeves", dice al Foglio Riccardo Trezzi
Un Parlamento “sospeso”, come a volte si usa per il caffè, è sempre meglio di una vittoria dell’estrema destra. E pazienza se questo comporta frammentazione politica e il fatto che la Francia rischia di ripiombare nell’ingovernabilità del Dopoguerra, come sostengono alcuni osservatori. Sarebbe comunque lo scenario “più vicino alla situazione attuale”. Superata la sorpresa per la svolta a sinistra uscita dalle urne di domenica, il ragionamento dei mercati finanziari è molto pragmatico nella prima giornata post elettorale francese vissuta senza scossoni come era accaduto dopo il voto europeo. La Borsa di Parigi ha chiuso di poco in negativo dopo una seduta altalenante, ma nel complesso la reazione è stata molto composta con effetti benefici sui btp italiani ora che il pericolo del “contagio” lepeniano è scongiurato.
L’auspicio degli investitori è che tutto il caos francese si ricomponga intorno a un “premier centrista/tecnocratico” che sarà in grado di affrontare e gestire la delicata partita del progetto di bilancio pubblico per il 2025, come sostiene un’analisi della banca d’affari Nomura. Per quest’ultima, l’importante è che il nuovo esecutivo non sia guidato dal leader della sinistra radicale Mélénchon perché “sarebbe il risultato più sfavorevole per i mercati finanziari”.
Fin dal principio, nella vicenda politica francese, la reazione dei mercati, sulla quale il presidente Macron ha contato quando ha sciolto l’assemblea nazionale convocando elezioni anticipate, ha svolto un ruolo centrale e questo non perché ci siano poteri forti in agguato pronti a ribaltare la volontà espressa dai cittadini nelle urne ma perché la sensibilità nei confronti delle politiche fiscali dei paesi dai quali gli investitori internazionali comprano titoli di debito pubblico è molto aumentata negli ultimi anni. È un nervo scoperto negli Stati Uniti ed è dirimente in Europa come sa bene l’Italia e come ha sperimentato anche il Regno Unito con il breve governo di Liz Truss. Se, dopo quell’esperienza, la schiacciante vittoria dei laburisti è stata bene accolta dalla City è perché la cancelliera dello Scacchiere, la moderata Rachel Reeves, ha dato ampie rassicurazioni di saper tenere stretti i cordoni della borsa. E anche se non tutti ci credono – per esempio Goldman Sachs prevede che con il governo del primo ministro Keir Starmer ci sarà un aumento del budget di 24 miliardi di sterline rispetto a quella attuale – l’aplomb ostentato dai labour in tema di politiche fiscali è risultato tutto sommato persuasivo. Dall’altro lato della Manica, gli operatori finanziari vorrebbero che Parigi fosse un po’ come Londra in questo momento, che la sinistra riuscisse a rassicurare.
“Quello che ci vorrebbe in Francia”, dice al Foglio Riccardo Trezzi, economista e consulente di fondi d’investimento internazionali, “è un discorso simile a quello fatto Reeves nel Regno Unito, dicendo che non c’è tempo da perdere per la crescita economica ma senza nascondere che saranno prese decisioni difficili per tenere sotto controllo la spesa pubblica”. In mancanza di questa chiarezza, il sollievo dei mercati per avere visto bloccata l’ascesa al potere dell’estrema destra lascerà presto il posto alle preoccupazioni per come il nuovo esecutivo francese gestirà il progetto di bilancio, partita che si deve chiudere entro il 20 settembre e che si presenta come un affare complesso perché le nuove regole europee prevedono una programmazione di tipo pluriennale. “La Francia, come del resto l’Italia, ha bisogno di un aggiustamento di bilancio che corrisponde a un aumento dell’avanzo primario dell’1-1,5 per cento nel periodo”, prosegue Trezzi, “e per il nostro paese direi che l’aggiustamento dovrebbe essere anche di due punti se vogliamo vedere una sostanziale riduzione dei rendimenti dei Btp, che vuol dire debito pubblico più sostenibile”.
In Francia anche l’attività parlamentare rischia di impantanarsi. Frederic Leroux è membro del comitato strategico di Carmignac, una delle grandi società d’investimento francese, con una spiccata identità nazionale e per di più con la caratteristica unica di essere posseduta completamente dai suoi dipendenti. Ebbene, Leroux, preso atto che la nuova assemblea nazionale non ha una maggioranza, né di centrodestra né di centrosinistra, osserva che le maggioranze si formeranno quindi in base ai provvedimenti da votare, in un contesto in cui i temi che aggregano consenso saranno particolarmente rari. “Lo scenario più probabile”, dice, “è quello di uno stallo che impedisca qualsiasi iniziativa legislativa di rilievo. La Francia gestirà quindi i propri affari quotidiani, fino al prossimo scioglimento (tra più di un anno) o alle dimissioni del presidente della Repubblica, in un contesto di deterioramento dei conti pubblici”. Così, conclude Leroux, il credito sovrano francese finirà con il discostarsi da quello tedesco, in altre parole lo spread tra gli oat e bund è destinato a salire aumentando il costo del debito pubblico francese e contribuendo all’indebolimento dell’economia nazionale. La posizione di Carmignac è particolarmente prudente poiché a oggi lo spread oat-bund è sceso a 62-63 punti base dopo essere salito a 85 poco prima del primo turno dal livello dei 50-55 che era prima delle elezioni europee. Ma la dice lunga sul clima generale, che è di un sospiro di sollievo ma di consapevolezza che l’incertezza francese è solo all’inizio.
tra debito e crescita