economia in volo
La bella Italia degli aeroporti
Nel 2023 nuovo record storico di passeggeri: 163 milioni. Tutti gli scali registrano grandi tassi di crescita. Un decalogo per migliorare il trasporto aereo e aeroportuale e affrontare le nuove sfide di un settore vitale per l’economia nazionale
Negli ultimi giorni si è discusso molto della nuova denominazione dello scalo di Milano Malpensa, con il nome dell’ex premier italiano Silvio Berlusconi, ma è interessante capire come invece è possibile continuare nella crescita del settore e quali innovazioni possono spingere questo mercato così importante per l’economia. Il trasporto aereo in Italia continua a crescere e gli aeroporti italiani hanno visto il traffico aumentare in maniera notevole negli ultimi decenni. Nel 1997, anno della liberalizzazione del trasporto aereo europeo, il mercato aereo italiano vedeva circa 53 milioni di passeggeri, mentre nel 2023 si è raggiunto il nuovo record storico con 163 milioni di passeggeri, superando di due milioni il precedente record del 2019.
C’è da ricordare che negli ultimi anni c’è stata una carenza dal punto di vista dell’offerta, anche perché i due grandi produttori di aerei globali hanno sicuramente avuto dei problemi nella loro catena produttiva globale. Nonostante questo, la crescita europea è stata importante e il mercato italiano si è contraddistinto per una particolare vivacità.
Se consideriamo i primi mesi del 2024, secondo i dati di Assaeroporti, dall’inizio dell’anno si è consolidata un’ulteriore crescita del 10 per cento con una buona possibilità di superare i 175 milioni di passeggeri entro fine anno.
Tutti gli aeroporti stanno sperimentando grandi tassi di crescita, dai grandi come Roma Fiumicino e Milano Malpensa, a tutti gli altri che un tempo venivano considerati “secondari”. C’è da dire che considerare secondari scali quali Bergamo Orio al Serio, Napoli, Catania o Bologna, solo per fare quattro esempi, è molto riduttivo perché sono tutti scali che ormai superano i 10 milioni di passeggeri. Lo scalo di Bergamo quest’anno dovrebbe superare la barriera dei 17,5 milioni di passeggeri e fa ben comprendere come la crescita sia davvero generalizzata.
Roma Fiumicino è ormai considerato un benchmark internazionale da diversi anni ed ha vinto molti premi come migliore scalo europeo ed è uno dei pochissimi scali europei ad avere ottenuto le cinque stelle. Anche altri aeroporti hanno vinto premi per la qualità dei servizi e c’è da dire che in generale diversi aeroporti italiani sono ai vertici delle classifiche internazionali. Non è un caso che nell’estate del 2022, quando tanti aeroporti del nord Europa, inclusi scali primari, sono andati in difficoltà perché non trovavano le professionalità necessarie, gli aeroporti italiani hanno retto bene all’urto dell’improvviso ritorno della domanda di traffico aereo post Covid.
Gli aeroporti sono davvero essenziali per l’economia di un paese, perché non solo permettono una spinta all’economia locale, ma hanno un ruolo di moltiplicatore di crescita economica grazie alla capacità di connettere le diverse aree del paese al resto del mondo.
Prima di comprendere come sia possibile continuare a crescere per i nostri aeroporti, è bene comprendere la particolarità del trasporto aereo italiano. Il mercato italiano si caratterizza da una forte connettività con i vettori low cost e non è un caso che i primi due vettori in Italia nel 2023 siano stati Ryanair ed Easyjet con rispettivamente oltre 55 e 16 milioni di passeggeri. Il mercato aereo italiano ha superato per numero di passeggeri nel 2023 quello francese. Questo è davvero un dato storico perché nel 1997, anno della liberalizzazione europea, il trasporto aereo francese vedeva il 50 per cento di passeggeri aerei in più dell’Italia.
Ita Airways, appena acquisito al 41 per cento dal gruppo Lufthansa, è stato il terzo operatore con circa 15 milioni di passeggeri e grazie all’entrata dei tedeschi avrà la possibilità di sviluppare il proprio network intercontinentale. Proprio sull’intercontinentale il nostro paese sconta delle debolezze che derivano dalla debolezza storica di Alitalia che nel corso degli anni non è stata in grado di fare investimenti su questo segmento. Ita Airways, con i nuovi aeromobili a lungo raggio, e con il supporto del gruppo Lufthansa, potrà potenziare la connettività diretta intercontinentale, specialmente su Roma Fiumicino.
Questa debolezza di Alitalia ha portato il nostro mercato in una situazione dove c’è una forte competizione tra i diversi operatori. L’indice che misura la concentrazione del mercato (Hefindhal-Hirschmann) evidenzia come sui segmenti internazionali e intercontinentali la concorrenza sia molto elevata. In un mercato monopolistico questo indice raggiunge 10 mila punti e in Italia, in questi due segmenti, abbiamo dei valori di 1200 e 500 punti rispettivamente, che indicano come vi sia un livello davvero ottimo di concorrenza.
Al 2030 circa 230 milioni di passeggeri dovrebbero essere i passeggeri del trasporto aereo italiano e se tali numeri venissero raggiunti nel corso dei prossimi sei anni ci vorranno grandi investimenti aeroportuali per accogliere tale mole di traffico.
Poche persone pensavano che il mercato aereo “rimbalzasse” così velocemente e che gli shock della guerra dell’Ucraina (con prezzi del carburante più elevato e con la chiusura delle rotte Transiberiane che incidono molto per i voli Europa-Nord Asia) avessero un impatto molto più elevato. Per supportare tale aumento bisogna fare attenzione che il settore aereo non subisca limitazioni eccessive e tassazioni esagerate per le politiche del “green deal”. Abbiamo sentito che Lufthansa è pronta ad aumentare i prezzi dei propri biglietti aerei proprio per via di queste politiche europee.
E’ ovvio e importante che il settore aereo s’impegni per arrivare ad avere una sostenibilità sempre più elevata, ma c’è da considerare alcuni dati essenziali. Il settore dei trasporti incide in Europa per circa il 25 per cento delle emissioni clima alteranti; di queste, il trasporto aereo incide per circa il 14 per cento. E’ chiaro che il settore aereo, grazie alla forte crescita, incide sempre di più sul settore dei trasporti in generale, ma è altresì vero che si stanno attuando diverse azioni per cercare di limitare l’inquinamento.
C’è infine da considerare che i voli sopra i 1.500 chilometri, che attualmente non sono sostituibili con altri mezzi di trasporto, incidono per il 75 per cento delle emissioni del trasporto aereo e solamente un 25 per cento dell’inquinamento aereo deriva dai voli a corto-medio raggio. Se facciamo il calcolo, si comprende che i voli a corto-medio raggio incidono per circa lo 0,9 per cento delle emissioni totali in Europa.
Che cosa si può e deve fare? Innanzitutto, c’è la spinta verso i carburanti sostenibili (SAF) che hanno la possibilità di diminuire l’inquinamento degli aerei di un 70/80 per cento. C’è tuttavia un grande problema di questi SAF relativo al costo, dato che hanno dei prezzi 5 o 6 volte superiori ai carburanti tradizionali. Considerando che il 40/45 per cento dei costi di una compagnia aerea sono relativi al costo del carburante, si comprende bene che sostituire i carburanti tradizionali con i SAF porterebbe a un raddoppio o quasi triplicazione dei prezzi dei biglietti aerei.
Al posto di obbligare le compagnie aeree a utilizzare un minimo di SAF dal 2025 e il 2030, come vuole fare la Commissione europea, si potrebbe invece pensare, come prima misura per migliorare il trasporto aereo e aeroportuale, di incentivare la produzione di questi carburanti per portare a un abbassamento dei costi, come stanno facendo ad esempio gli Stati Uniti. C’è poi da considerare che tali misure riguardano soprattutto le compagnie aeree europee (si pensi ai voli intercontinentali tramite un hub europeo) e che si crea anche un problema di perdita di competitività dei nostri vettori a favore dei competitor che hanno hub appena al di fuori dell’Europa.
Una seconda misura che può essere adottata è quella di avere aeroporti a impatto carbonico zero. Diversi aeroporti italiani stanno raggiungendo questi obiettivi, ma è chiaro che si poteva pensare di spingere questa transizione con un’incentivazione agli investimenti ambientali degli scali (che ad esempio non è stata fatta erroneamente con il Pnrr).
Bisogna cambiare dunque la logica delle politiche, dalla restrizione all’incentivazione per avere un settore aereo e aeroportuale meno inquinante. Se la crescita del trasporto aereo raggiungerà i livelli delle previsioni, ci sarà un serio problema a livello di infrastrutture.
Avere 230 milioni di passeggeri significa dover iniziare a fare adesso gli investimenti per gli adeguamenti di terminal e piste. Troppo spesso in Italia questo processo è stato rallentato dalla burocrazia e per questo motivo una terza misura riguarda i processi autorizzativi (si pensi a quelli ambientali) per lo sviluppo di nuove infrastrutture aeroportuali. Le compagnie di gestione aeroportuali sono pronte a investire, ma le certezze delle tempistiche e dei processi autorizzativi sono necessari al fine di poter avere infrastrutture aeroportuali pronte per i decenni a venire.
Una quarta misura riguarda invece il lato politico e della tassazione. Come ricordavamo, l’aviazione è un settore strategico per lo sviluppo della connettività a favore delle destinazioni italiane e ovviamente per lo sviluppo dell’economia turistica, laddove la competitività si gioca ormai su scala europea, se non globale. In questo contesto, l’introduzione di tassazioni aggiuntive è il tipico esempio di una scelta che ha un impatto negativo non solo sul settore aereo, ma anche su tutta l’economia italiana. In Italia, negli ultimi 20 anni, è stata introdotta, e nel corso degli anni aumentata, un’addizionale comunale per i diritti di imbarco dei passeggeri. Inizialmente questa addizionale era pari a un euro per passeggero ma nel corso degli anni è stata incrementata fino ad arrivare in alcuni casi a 9 euro per passeggero. La maggior parte degli introiti della tassazione sono diretti all’Inps, 3,5 euro a passeggero, destinati alla “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali” (Gias), a favore di alcune specifiche gestioni pensionistiche e che nulla hanno a che vedere con i passeggeri aerei. L’Italia, eliminando questa tassazione, vedrebbe un potenziale guadagno del pil pari a 4,2 miliardi di euro, 65 mila posti di lavoro, 9 milioni di turisti rispetto a uno scenario con l’addizionale comunale al 2030.
Lato infrastrutture c’è da considerare la sempre maggiore importanza dell’intermodalità. Diversi nostri aeroporti sono collegati con il treno, ma è chiaro che la situazione non è ottimale per via del fatto che il nostro principale scalo italiano non è posizionato (per ragioni storiche) sulla rete alta velocità, come succede invece per Parigi Charles De Gaulle o Francoforte. Una quinta misura è dunque quella di ripensare l’intermodalità con un servizio ferroviario che sia in grado di connettere i principali scali italiani con dei treni dei territori.
C’è poi l’ottimizzazione del traffico aereo e aeroportuale. Con piste di decollo e atterraggio congestionate e piazzole di sosta degli aeromobili negli aeroporti piene, si deve spingere sempre di più verso un’ottimizzazione degli spazi e dei tempi nel sedime aeroportuale, lato aviation. Qui l’intelligenza artificiale sta facendo dei passi da gigante e ci sono diversi investimenti (anche di aeroporti italiani quale Fiumicino tramite il suo Innovation hub) in start up che permettono un utilizzo efficiente ed efficace degli spazi e dei tempi. Questa sesta misura permetterebbe di incrementare la capacità in diversi casi, ma non risolve i problemi di capacità nel lungo periodo.
Il coordinamento con il traffico aereo è necessario, ma ci vorrebbe anche la forza politica di eliminare i colli di bottiglia esistenti a livello europeo per i controllori di volo. Non è possibile avere dei continui problemi per l’incapacità di creare un vero e proprio cielo unico europeo per via dei blocchi sindacali (francesi).
Una settima misura è quella di migliorare l’esperienza nel trasporto aereo ed evitare problematiche attese negli aeroporti tramite un vero e proprio coordinamento europeo. Non meno importante è chiedersi sempre cosa interessa ai clienti che transitano negli aeroporti. In primo luogo, c’è da dire che un passeggero vorrebbe non perdere troppo tempo per i controlli di sicurezza e spendere al meglio il proprio tempo all’interno dello scalo. Non è un caso che l’offerta commerciale all’interno degli aeroporti sia sempre di più alto livello e che in molti casi ci si trova davanti a delle vere e proprie vie della moda (si pensi a Milano Malpensa o Roma Fiumicino solo per fare due esempi), molto interessanti per i clienti intercontinentali.
Dal punto di vista dei controlli di sicurezza, le nuove tecnologie permettono di non dover estrarre dai propri bagagli a mano computer o liquidi e anche da questo punto di vista diversi nostri scali hanno già implementato (tra i primi) questa tecnologia. Sia Roma Fiumicino che Milano Linate o Milano Malpensa adottano questa tecnologia da diversi anni, in anticipo rispetto a molti scali globali (anche a cinque stelle).
Questa ottava misura è essenziale per migliorare l’esperienza dei passeggeri negli scali e c’è da dire che sempre più aeroporti la stanno adottando, anche se spesso si scontra con la necessità di avere nuovi spazi per rispondere al meglio alle esigenze commerciali e delle tecnologie di sicurezza.
Lato tecnologico, la biometria (nona misura) sta permettendo già in diversi casi (si pensi anche a Milano Linate), di velocizzare sempre maggiormente i processi di controlli di biglietti e dei passeggeri. Un’utilizzazione sempre maggiore della biometria potrebbe diminuire i “tempi morti” in aeroporto e permettere i passeggeri di avere una migliore esperienza di viaggio.
Infine, come decima misura, sempre per migliorare l’esperienza di viaggio si potrebbe imparare da un altro scalo a cinque stelle, quello di Singapore. Spesso, nei nostri aeroporti, le code per i controlli dei passaporti peggiorano l’esperienza di viaggio con lunghe attese. Riuscire a convincere l’amministrazione pubblica che i viaggiatori sono “clienti” potrebbe portare a un’ottimizzazione delle risorse di personale in funzione dei flussi di traffico. Non sono le compagnie di gestione aeroportuale a gestire le “frontiere” e i problemi che si creano spesso dipendono dal fatto che l’offerta di personale (magari non troppo flessibile per via di regolamenti) non coincide con la domanda di viaggiatori alle frontiere.
In conclusione, si può dire che gli aeroporti italiani hanno già adottato molti elementi al fine di andare incontro a dei passeggeri sempre più esigenti, anche se il contesto normativo o regolatorio italiano (e a volte europeo) probabilmente non è dei più semplici.