Prendere alla lettera le parole di Giorgetti sul bilancio. E spaventarsi

Luciano Capone

Il ministro enfatizza l'obiettivo del "bilancio in pareggio” lasciando scivolare la locuzione “al netto del servizio del debito”: in mezzo ci sono dai 90 ai 100 miliardi di interessi passivi. Così promette molto meno del Def

Il tono stentoreo era quello dell’erede politico e morale di Quintino Sella: la “missione” del governo è “portare il bilancio in pareggio”. È il ritorno all’equilibrio dei conti pubblici della tradizione della Destra storica: un ribaltamento notevole per il vicesegretario della destra salviniana che voleva uscire dall’euro.

È stato dato ampio risalto a questo passaggio del discorso del ministro dell’Economia all’assemblea dell’Abi: si tratterebbe d’altronde di un evento storico, mai accaduto nella storia della Repubblica, tanto da far meritare a Giancarlo Giorgetti una statua, come quella in piazza San Pantaleo a Roma in onore di Marco Minghetti, il primo ministro dell’Economia italiano a raggiungere il pareggio di bilancio.

Eppure le parole di Giorgetti promettono molto meno sia rispetto all’esperienza della Destra storica sia rispetto a quella della Destra contemporanea post 1994. E troppo poco rispetto a ciò che serve. “La nostra missione è portare il bilancio in pareggio al netto del servizio del debito pregresso – ha detto il titolare del Mef –. Lo sento non come un obiettivo politico ma come un dovere morale verso le future generazioni”. Non è però un patto così impegnativo nei confronti delle future generazioni.

Il trucco sta nell’enfatizzare la formula “portare il bilancio in pareggio”, lasciando scivolare la locuzione “al netto del servizio del debito”: in mezzo ci sono dai 90 ai 100 miliardi di interessi passivi (il 4% del pil nel 2025 e il 4,4% nel 2027, secondo le previsioni del governo). Vorrebbe dire, cioè, che l’“obiettivo politico” del governo Meloni sarebbe un indebitamento netto (deficit) del 4% per il prossimo anno, che salirebbe poi al 4,4% nel 2027. Molto meno degli impegni contenuti nel Def: una politica di bilancio più à la Giuseppe Conte che à la conte di Cavour.

L’affermazione solenne del discorso di Giorgetti, peraltro, è in contraddizione matematica con quella appena precedente: “Il Piano strutturale di bilancio che approveremo entro l’estate – ha detto all’Abi il ministro – punterà all’osservanza delle nuove regole fiscali concordate a livello europeo e a conseguire, su un orizzonte quinquennale, una significativa riduzione del rapporto debito/pil negli anni seguenti”.

Se l’obiettivo del governo è quello del pareggio del bilancio primario, vuol dire che non si intende rispettare le nuove regole fiscali europee che invece impongono un robusto avanzo primario e un rapido rientro sotto il 3% del deficit. Ma, soprattutto, con un saldo primario a zero non si otterrebbe affatto una “significativa riduzione” del debito, bensì un suo aumento: questo lo mostrano proprio le proiezioni del governo, che infatti nel Def prevede correzioni del saldo primario da oltre un punto di pil annuo fino ad arrivare, nel 2027, a un avanzo primario del 2,2%. E tutto questo solo per arrivare a stabilizzare il debito pubblico, che nel frattempo continuerà a crescere fino a quasi al 140%, strappando presto il primato europeo alla Grecia che invece ha un debito in caduta.

Senza un consistente avanzo primario, il debito pubblico andrà fuori controllo. E questo per il semplice motivo che l’Italia, a causa del suo stock enorme di debito pubblico e dei tassi alti, ha un costo del debito pari al 4% del pil, che è oltre il doppio della media dell’Eurozona (1,9%).

D’altronde, dal 2005 al 2019, prima del Covid e della crisi energetica, l’Italia ha sempre avuto un avanzo primario attorno all’1,5% che serviva – in una fase di tassi più bassi – a tenere sotto controllo il debito. Ma quando il paese aveva preso sul serio l’impegno di abbatterlo, come negli anni 90 per entrare nell’euro, lo ha fatto a colpi di avanzi primari di 5-6 punti.

In questo senso, come da anni sottolinea la Banca d’Italia, un consistente avanzo primario è una necessità aritmetica prima che un “dovere morale”. Per abbattere il debito bisognerebbe porsi come obiettivo ambizioso un pareggio di bilancio al lordo degli interessi (vedi il Portogallo), come stabilisce l’art. 81 della Costituzione, sempre disatteso, di cui peraltro fu relatore proprio l’on. Giancarlo Giorgetti.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali