Il nuovo Patto di Stabilità alla prova della Francia

Luciano Capone

Il convitato di pietra dell'Eurogruppo e dell'Ecofin è il ministro francese dell’Economia del governo che ancora non c’è. I conti pubblici di Parigi sono preoccupanti e chi ha vinto le elezioni vuole spendere di più. Il primo test per le nuove regole fiscali

L’Eurogruppo è a Bruxelles, ma gli occhi sono tutti puntati a Parigi. I ministri delle Finanze dell’Eurozona hanno discusso dell’applicazione del nuovo Patto di stabilità, ma il convitato di pietra della riunione era certamente il ministro dell’Economia francese del governo che ancora non c’è, colui cioè che dovrà applicare le nuove regole e attuare l’aggiustamento fiscale richiesto.

Il comunicato dell’Eurogruppo parla in generale della politica fiscale dell’area, che dopo la fase espansiva del 2020-22 per rispondere prima al Covid e poi alla crisi energetica, e quella neutrale del 2023, è prevista essere “restrittiva” a nel 2024. È questa la strada su cui si deve proseguire: “Per il futuro è necessario un consolidamento fiscale graduale e duraturo, data la necessità di ridurre gli elevati livelli di disavanzo e debito. Allo stesso tempo, ciò dovrebbe essere effettuato in modo da ridurre al minimo l’impatto sulla crescita”.

Se questa traiettoria fiscale leggermente restrittiva è complicata per qualsiasi governo, lo è di più per la Francia che ha conti pubblici in deterioramento ed è uscita dalle elezioni con una maggioranza relativa – quella della sinistra del Nuovo fronte popolare – che vuole andare in direzione opposta, con un programma di spesa da circa 150 miliardi. “Sappiamo tutti che le cose sono difficili in Francia – ha detto al Foglio una fonte dell’Eurogruppo prima del meeting – ma qualsiasi governo ci sarà, sarà di fronte alla stessa realtà e alle stesse necessità di aggiustamento”.

Parole analoghe, seppure più concilianti, le ha pronunciate il Commissario per gli Affari economici, Paolo Gentiloni: “Il consolidamento fiscale non è facile per nessun paese – ha detto rispondendo a una domanda sulla Francia – ma è una necessità per i paesi sotto procedura per deficit eccessivo” come la Francia. “La traiettoria che abbiamo indicato – ha proseguito Gentiloni – non è una cosa impossibile, è realistica: è necessaria e possibile”.

Ma la situazione a Parigi è molto più complicata. Il Nuovo fronte popolare, l’alleanza che ha conquistato la maggioranza relativa, è tutt’altro che unito: la France Insoumise, il partito di sinistra radicale più grande della coalizione, ha sospeso qualsiasi trattativa sulla difficile scelta del primo ministro, e quindi del governo: il suo leader, Jean-Luc Mélenchon, non vuole discuterne se prima non viene definita una candidatura unitaria per la presidenza dell’Assemblea nazionale.

La frammentazione politica si innesta, però, su una situazione di bilancio davvero complicata. Sempre ieri, la Corte dei conti francese ha lanciato un allarme nella sua relazione annuale sulla finanza pubblica: “La Francia si trova oggi in una situazione preoccupante”. “Il debito pubblico ha un costo sempre più elevato che vincola tutte le altre spese – dice la Cour des Comptes – ed espone il paese a un nuovo choc macroeconomico”. Il suo presidente, l’ex ministro socialista delle Finanze ed ex Commissario europeo all’Economia, Pierre Moscovici, è più esplicito: “Ridurre il debito non è né di sinistra né di destra: è di interesse generale”.

Lo stato dei conti mostra il fallimento di Emmanuel Macron, e del ministro delle Finanze Bruno Le Maire, nel tenere il bilancio in ordine. Nel 2023 il deficit ha raggiunto i 154 miliardi di euro, pari al 5,5% del pil: non solo in aumento di 0,7 punti rispetto al 2022, ma 0,6 punti oltre le previsioni del governo (4,9%). Un buco di circa 16 miliardi che sta ingrossando ulteriormente il debito pubblico francese, ormai arrivato al 110% del pil e previsto dalla Commissione Ue in crescita al 114% nel 2025.

L’Italia nel 2023 ha registrato un buco di bilancio ben superiore, di oltre 2 punti di pil, a causa del Superbonus. Ma dopo la chiusura della falla del bonus edilizio, la finanza pubblica è su una traiettoria in linea con il nuovo Patto di Stabilità, sempre a patto che Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti riusciranno a trovare le risorse per rispettare gli impegni presi nel Def. Se il deficit dell’Italia è previsto scendere al 3,7% nel 2025, quello della Francia resterà attorno al 5% rendendo poco credibile il rientro sotto del 3%.

Per Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi, la Francia ha bisogno di un aggiustamento fiscale di 4 punti. Il problema, però, è che chi ha vinto le elezioni ha un programma che va in direzione opposta, aumentando ulteriormente la spesa che già la più alta al mondo: il 58% del pil. È un problema per la Francia, ma anche per l’Europa che dovrà dimostrare se sulle nuove regole fiscali fa sul serio, partendo dalla seconda economia più grande dell’Unione.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali