Sì ai micro-appartamenti

Cosa torna e cosa non nel decreto casa di Salvini, compresa Milano

Mariarosaria Marchesano

Spesso si scherza sui “loculi” londinesi o parigini, abitazioni tanto piccole che bisogna aprire a turni alterni tavolo e letto, ma è esattamente quello che potrebbe accadere anche in Italia se venisse approvato il decreto casa

I micro appartamenti sì e i grattacieli no. Si potrebbe sintetizzare così la politica del governo Meloni in campo abitativo dopo che martedì la Camera ha dato il primo via libera al Decreto Casa fortemente voluto dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Decreto che non comprende il cosiddetto Salva Milano, l’atteso emendamento che dovrebbe sbloccare centinaia di cantieri nel capoluogo lombardo entrati nel mirino della Procura. Quest’ultima contesta maglie troppo larghe nel rilascio delle autorizzazioni ai costruttori da parte dell’amministrazione guidata da Beppe Sala che, però, ha sempre affermato la piena legittimità del suo operato. Salva Casa e Salva Milano sono due partite parallele – la seconda si gioca sul filo di uno scontro sotto cenere tra potere amministrativo e giudiziario – ma che si incrociano in Parlamento.

 

Il Salva Casa, presentato come una sanatoria che accoglie soglie più basse di abitabilità per unità già esistenti, è in realtà una vera rivoluzione perché questi limiti – vale a dire 20 metri quadrati contro gli attuali 28 per una persona e 28 metri quadrati contro 38 per due persone, con una riduzione dell’altezza a 2,40 metri – valgono anche per le case di nuova costruzione. La bozza di Decreto approvata dalla Commissione Ambiente della Camera, infatti, modifica l’articolo 24 del testo unico edilizia che regola condizioni di agibilità degli edifici in genere. E questo, assicurano gli esperti, consentirà di edificare migliaia di micro appartamenti soprattutto in città, come Milano e Roma, dove la tensione abitativa è elevata.

 

Spesso si scherza sui “loculi” londinesi o parigini, abitazioni tanto piccole che bisogna aprire a turni alterni tavolo e letto, ma è esattamente quello che potrebbe accadere anche in Italia. Si vedrà quanto la formula può funzionare qui da noi, considerati i diversi stili di vita, ma potrebbe essere un modo per andare incontro alla crescente domanda di alloggi a prezzi contenuti. Facendo, però, due conti, a guadagnarci di più saranno i proprietari immobiliari per un banale meccanismo di mercato: affittando quattro appartamenti di 25 metri quadrati ciascuno si incassa di più che affittandone uno di 100 metri quadrati. Per contro, i prezzi delle locazioni, soprattutto nei centri storici, non scendono mai sotto una certa soglia. Ma tant’è e su questa impostazione la maggioranza ha fatto quadrato.

 

Dove, invece, il governo non trova una sintesi è sul problema che si è creato a Milano non fosse altro perché equivale a lanciare un “salvagente” ad un avversario politico come Sala. Sul perché l’emendamento è saltato, Salvini ha detto che “c’era gente che non era d’accordo” e che “troverà spazio in altre norme se saranno tutti d’accordo”. Il sottosegretario Alessandro Morelli ha spiegato che sarà il decreto Infrastrutture ad accogliere la norma ma non è neanche certo. Qui la questione è molto delicata e sottile, ma alla fine si può riassumere così: la politica ha deciso che l’unico modo per risolvere il pasticcio milanese non è andare allo scontro con la magistratura ma chiedere al Parlamento di intervenire.

 

Vero è che a Milano in ben 150 progetti immobiliari sono stati superati limiti di altezza e cubature in deroga alla legge nazionale del 1942, ma questo è consentito da diverse norme che negli ultimi 50-60 anni hanno reso più flessibile il concetto di rigenerazione urbana e di ristrutturazione edilizia. Più di tutti lo ha fatto la legge 76 approvata dal governo Conte nel 2020, che consente di superare i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi di intensità senza i piani attuativi. Dunque, solo il legislatore può sciogliere la matassa, ma mentre il governo era pronto a farlo attraverso un emendamento (proposto dalla Lega) che in sostanza proponeva una sanatoria del pregresso, il comune di Milano, ma anche tutto il mondo degli operatori immobiliari, compresa l’Ance Assimpredil, non ci sta a passare per chi ha commesso degli abusi edilizi e invoca una norma che chiarisca il quadro normativo urbanistico generale. E su questa distanza si è arenato il Salva Milano e un modello che ha attratto decine di miliardi di investimenti anche dall’estero. Ma ci sono sempre le mini case da poter costruire.
 

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