Lapresse

Il provvedimento

In Sardegna il vento è cambiato. Todde blocca eolico e rinnovabili

Jacopo Giliberto

La giunta di sinistra approva una legge regionale che mette un freno agli investimenti nella transizione energetica. Il governo potrebbe impugnare la moratoria

La Sardegna – l’isola a statuto autonomo la cui presidente grillina, ecologista e di sinistra Alessandra Todde è contraria che altre regioni si dotino di autonomia regionale – si è fatta una legge regionale che mette un freno agli investimenti nella transizione energetica. Dicono: le fonti rinnovabili di energia sono colonialismo del continente, l’eolico ci toglie il vento, il fotovoltaico ci ruba il sole. E intanto all’alba di giovedì 18 luglio per produrre la corrente elettrica le centrali sarde emettevano sei etti di anidride carbonica per ogni chilowattora prodotto bruciando carbone e gas.

Dopo diversi incontri con Todde per vedere se si può ammorbidire un poco l’autonomia sarda contro le fonti rinnovabili, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha detto che il governo potrebbe impugnare la moratoria: “Se ci sono elementi di incostituzionalità lo impugneremo alla Consulta. E’ da valutare”.  La legge sarda approvata dal consiglio regionale ha un titolo neutrale, “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali”, ma non è anodino il contenuto, il quale fissa una moratoria di un anno e mezzo sulla costruzione di impianti fotovoltaici ed eolici. 

Non si possono costruire impianti a energia pulita nelle aree protette; in tutte le aree agricole; nelle aree a rischio idrogeologico; a meno di sette chilometri da beni culturali; a meno di 300 metri dalla battigia; in zone con usi civici; in aree di interesse archeologico; nei terreni prospicienti fiumi, torrenti e corsi d’acqua; in aree montuose sopra i 1.200 metri sul livello del mare; su territori coperti da foreste e boschi. Uniche eccezioni: i piccoli impianti agrivoltaici, quelli per l’autoconsumo e gli interventi di manutenzione o di revamping di impianti rinnovabili già esistenti. Forte dell’appello per il “100 per cento rinnovabili contro il nucleare” lanciato l’altra settimana da Edo Ronchi, cui hanno aderito organizzazioni, associazioni e avversatori dell’energia atomica, la Goletta Verde della Legambiente durante la tappa di Olbia ha contestato il freno isolano contro le fonti rinnovabili d’energia e la Sardegna raggiungerà “i 6,2 GW di potenza installata aggiuntiva al 2030, necessari ad abbandonare le fonti fossili, e attrezzandosi per valutare tra i tanti progetti attualmente presentati quelli coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione e di rafforzamento del capitale naturale, sociale, economico. Occorre fare in fretta, però”. 

Diverse le parole dell’economia. L’economista Alessandro Marangoni, che segue le dinamiche dei mercati ambientali ed energetici, con la società Althesys ha realizzato l’indice Irex per misurare gli andamenti delle società rinnovabili quotate alla Borsa italiana. In giugno, dice Marangoni, l’indice Irex “tocca il minimo degli ultimi tre anni, fotografando la grande difficoltà del comparto delle rinnovabili italiane tra contesto regolatorio incerto e scelte politiche avverse”. L’indice ha segnato un crollo del 10,3 per cento. La Sardegna, afferma l’economista, è uno dei tasselli che rendono istabile il quadro e che fanno fuggire gli investitori: la moratoria “ha sospeso i processi di autorizzazione e fermato la costruzione di impianti già avviati creando un precedente che potrebbe essere seguito anche da altre regioni. La Sardegna è stata una dei destinatari principali degli investimenti nel 2023 con oltre 7,5 GW di potenza installabile”. Continua l’analisi di Marangoni: “Il quadro istituzionale non sembra essere dei migliori per il comparto che, oltre all’attesa per l’attuazione di alcuni provvedimenti (FerX, Macse e altri), si trova ad affrontare delle decisioni che potrebbero limitarne lo sviluppo. Il decreto Aree idonee (già firmato dai ministeri competenti) e il dl Agricoltura (appena convertito in legge) rischiano di porre delle serie limitazioni alla realizzazione di impianti rinnovabili (soprattutto fotovoltaici). Tutto questo ha scatenato le forti proteste di diversi operatori di settore, che hanno sollevato dubbi di legittimità su questi provvedimenti minacciando ricorsi e rendendo ancora più incerto il contesto per gli investitori”. 

 

Parola a Toni Volpe, l’italiano che guida Nadara, la multinazionale delle rinnovabili nata da Renantis che con BlueFloat vuole investire 18 miliardi in sei parchi eolici marini al largo delle coste della Puglia, Calabria e Sardegna, pari a 5.500 megawatt di potenza. “Di fronte a questa situazione – avverte Volpe – se si vuole evitare che gli investitori percepiscano un clima di incertezza e confusione, il rischio che diritti acquisiti vengano compromessi e in generale che quello italiano risulti un mercato poco affidabile, è quanto mai fondamentale e urgente che si faccia tutto il necessario per salvaguardare gli investimenti”. Ieri Terna ha confermato che nella produzione elettrica italiana le fonti rinnovabili sono ormai stabilmente superiori a quelle fossili, grazie anche alle piogge tornate a riempire le dighe dell’Alta Italia.

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