Moratoria sarda

La dissonanza cognitiva della sinistra ecologista. Il caso Todde

Luciano Capone e Carlo Stagnaro

Autonomia differenziata e blocco delle rinnovabili. Il paradosso sardo della sinistra ambientalista

La dissonanza cognitiva è quel processo mentale per cui il nostro cervello tende a rimuovere le informazioni sgradite o incoerenti con le sue stesse reazioni emotive. Deve dunque essere per dissonanza cognitiva se, nei giorni scorsi, il leader dei Verdi Angelo Bonelli manifestava a Genova per le dimissioni di Giovanni Toti, la segretaria del Pd Elly Schlein promuoveva una raccolta di firme contro l’autonomia differenziata e Ultima generazione irrompeva nel consiglio comunale di Firenze contro il turismo di massa (e gli Airbnb). Ciò che stupisce non è quello che le organizzazioni facevano, ma ciò che non facevano. Non il luogo dove si trovavano, ma quello dove evitavano di andare. Perché Bonelli, Schlein e i giovani di Ug, che lamentano la disattenzione verso la  crisi climatica, avrebbero dovuto radunarsi a Cagliari per protestare contro la giunta progressista  Todde.

  
La presidente della regione Sardegna, Alessandra Todde (M5s), ha infatti disposto una moratoria sulle fonti di energia rinnovabile. Come ha spiegato ieri sul Foglio Jacopo Giliberto, la legge regionale sarda stabilisce una moratoria di 18 mesi per tutti i grandi impianti rinnovabili, facendo salvi soltanto i piccoli impianti agrivoltaici, quelli per l’autoconsumo e gli interventi di manutenzione o di revamping di impianti rinnovabili già esistenti

   
Con questo divieto, la giunta ambientalista renderà praticamente impossibile per la Sardegna garantire il suo contributo al raggiungimento degli obiettivi nazionali, e quindi potrebbe far fallire il target complessivo che spetta all’Italia in attuazione degli accordi di Parigi. Secondo il burden sharing definito dal decreto ministeriale sulle aree idonee dello scorso 2 luglio, la Sardegna deve installare circa 8,9 GW di rinnovabili, cioè 6,1 GW in più dei 2,8 GW esistenti al 31 dicembre 2022. In pratica l’isola deve più che triplicare la sua potenza installata.

  
Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin,  ha detto che “se ci sono elementi di incostituzionalità lo impugneremo alla Consulta”. Ma non vi è dubbio su questo aspetto. Intanto, è la stessa legge sulle aree idonee a prescrivere che “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione” (articolo 20, comma 6 del decreto legislativo 199/2021). Inoltre, c’è una giurisprudenza costituzionale univoca sul punto: basta guardare come si è pronunciata la Corte sulle moratorie del Lazio e della Basilicata nel 2022, della Sicilia nel 2018, della Puglia nel 2006. 
Il governo, quindi, ha in teoria gioco facile nell’evidenziare le contraddizioni del centrosinistra.  Giorgia Meloni potrebbe far notare a Schlein & Co. che il primo atto del neo premier britannico, il laburista Keir Starmer, è stato la soppressione del bando sull’eolico a terra: tutta la politica energetica del Labour è anti Nimby, dalle rinnovabili al nucleare. 

 
Perché allora la premier non si fionda a presentare un ricorso dall’esito scontato? La realtà è che pure la maggioranza ha qualche scheletro nell’armadio. Due in particolare: il dl Agricoltura, che limita ulteriormente il grande fotovoltaico in campo, e il citato decreto aree idonee. Quest’ultimo introduce le linee guida che le regioni dovranno seguire per individuare delle zone in cui le rinnovabili saranno soggette a procedure autorizzative semplificate. Si tratta di un provvedimento attuativo di una norma voluta dal governo Draghi che, nell’attesa che le regioni legiferassero, individuava delle aree ex lege. Tutti si aspettavano che queste sarebbero state fatte salve: invece il decreto di luglio le accantona, lasciando alle regioni la massima discrezionalità. Non solo: secondo una simulazione di Elemens, l’applicazione più rigida dei criteri potrebbe escludere oltre il 96 per cento del territorio nazionale dalle aree idonee. Quindi, una norma pensata per sveltire le procedure finirebbe non solo per rivelarsi ininfluente, ma addirittura per rallentare tutto.

 
Paradossalmente, proprio perché le ultime scelte del governo non sono certo favorevoli alle rinnovabili, l’esecutivo dovrebbe attaccare con durezza la moratoria sarda: oltre che incostituzionale, è sproporzionata e dannosa. Ma soprattutto racchiude tutte le incoerenze della sinistra che protesta contro l’autonomia differenziata e la crisi climatica, partecipando alla giunta di una regione a statuto speciale che approva una legge incostituzionale per bloccare la transizione energetica.
 

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